Pietro Gerber è uno psicologo specializzato nell’ipnosi di bambini. Bambini speciali per lo più protagonisti di eventi drammatici. Pietro si è fatto un nome nel suo campo dove è conosciuto come l’addormentatore dei bambini. La sua vita viene ad un tratto sconvolta da una telefonata proveniente dall’Australia. Una collega gli raccomanda una paziente, niente di strano sin qui, ma Pietro esita ad accettare il caso perché si tratta di un’adulta. Hanna Hall è il suo nome, il ricordo di un omicidio accaduto nell’infanzia, il suo tormento. Un’infanzia, a parte questo evento drammatico, vissuta felicemente in luoghi e abitazioni sempre diversi ma caratterizzati dallo stesso nome: la «casa delle voci».
Grazie ai miei genitori, la mia infanzia è una specie di avventura. Non mi domando mai se esiste una ragione precisa per cui viviamo così. Per quanto ne so, quando ci stanchiamo di un posto, facciamo i bagagli e ripartiamo.
[…] mamma ci fa eseguire il rito per purificare la nostra nuova dimora. Consiste nel correre per le stanze e urlare i nostri nomi […] lo facciamo con tutto il fiato che abbiamo nei polmoni. Chiamandoci a vicenda da una parte all’altra […] ecco perché ogni nuova casa diventa per me la casa delle voci.
Pietro Gerber dovrà aiutarla a liberarsi da un terribile sospetto: forse è stata lei stessa a compiere quell’omicidio.
La mia amica piega il capo da un lato, mi studia.
- Lo sai il perché…hai ucciso Ado e hai preso il suo posto.
- Io non ho fatto ciò che dici – protesto
- Si, invece– ribatte lei .– e se non muori adesso, un giorno morirete tutti.
Lo psicologo alla fine accetterà di seguire il caso, non immaginando che la storia della donna cambierà per sempre anche la sua.
Scrivi o parla di quello che conosci. Donato Carrisi, specializzato in Criminologia e Scienza del comportamento, lo fa e lo fa bene. In questo thriller, poi, gioca in casa, il lettore, infatti, viene proiettato nel mondo inquietante dell’inconscio, dei messaggi criptici della mente, degli stati d’animo che hanno la capacità di inquietare, perché niente spaventa l’animo umano quanto assistere alle deroghe dalla normalità di una mente disturbata. Se poi tali comportamenti appartengono ad un bambino, le cose si complicano ancora di più.
“Suo figlio la chiama mai nel bel mezzo della notte perché c’è un mostro sotto il suo lettino?” […] Gerber […] Afferrò un lembo del copriletto e lo sollevò di scatto.
I mostri di quando sei bambino sono evanescenti, ricordò Gerber. Però ci sono. E tu li vedi.
E quando non riesci a decodificarli, scoppia l’inquietudine e l’angoscia.
[…] Il treno colorato si stava trasformando in un volto. Occhi affilati ma senza pupille, bocca enorme e denti aguzzi. In quelle vaghe sembianze erano condensate tutte le angosce e le paure dell’infanzia.
[…] Quando ebbe terminato, il bambino gli diede anche un nome.
“Maci” disse sottovoce.
E poi, naturalmente c’è di più: la capacità di raccontare, di tenere avvinto il lettore fino alla fine.
Bellissima prova di un autore che ha dalla sua anche esperienze di regia e prestigiosi premi letterari ottenuti in Italia e all’estero.
“La prof.” Maria lucia Martinez