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La sete di Giovanni Lucchese

La sete è un thriller caratterizzato da una forte, fortissima, connotazione erotica e da un linguaggio crudo, osceno, violento, sporco, che potrebbe disturbare il lettore più pudico, ma che è assolutamente adeguato alla trama e al tema trattato.

Andiamo con ordine.

Chi sono i protagonisti di questo romanzo?

Sono Lui e Lei. La narrazione in prima persona procede attraverso capitoli in cui la voce di Lui si alterna a quella di Lei. Non sapremo mai qual è il loro nome, come non conosceremo i nomi di nessuno dei personaggi che Lui e Lei incroceranno sulla loro strada. Perchè? Entriamo subito nel vivo della questione: il mondo che Lucchese ci presenta è ammantato da una nebulosa, densa e grigia, che rende sfocato il contorno delle cose e anche delle persone; i sentimenti ne sono attutiti, risultano ovattati fino all’anestesia. Quindi La sete è un romanzo piatto? Proprio l’opposto: l’incapacità di Lui e Lei di provare sentimenti costruttivi – quelli che portano le persone ad agire allo scopo di realizzare un progetto – è il motore del romanzo. Di contro, tutto ciò che di aberrante compiono si percepisce forte e chiaro, risulta talmente reale da bucare la pagina e trascinarti dentro la storia.

Lui e Lei non hanno un nome perché sono dei personaggi, non delle persone: si muovono attraverso il mondo costruito dall’autore come attori sul palcoscenico e anche chi li circonda non ha nome perché non possiede un valore individuale, bensì ne assume uno solo in relazione al compito che Lui e Lei gli attribuisce.

Lui è un uomo di mezza età, single, figlio unico, con una madre in fin di vita e un lavoro ordinario, ripetitivo: registra fatture, le numera, e da capo. Lui è divorato dalla sete: ha una bestia in corpo, sempre affamata, e quando chiama, Lui deve assecondarla.

È lei la bestia, la carestia, il diavolo rosso.

È la sete.

Non puoi saziarla. Al massimo riesci a farla stare zitta quel tanto che basta per mangiare, fingere di lavorare e far credere agli altri di essere come loro.

La sete è il bisogno impellente di soddisfare il desiderio sessuale, ma è esigente: la sete si placa solo con la violenza. Lui è un omosessuale che, nei rapporti con gli amanti, riveste il ruolo di dominatore crudele e perverso. Chi sono i suoi amanti? Sono la Troia, lo Schiavo, lo Zingaro, l’Ebreo: esistono solo in relazione a Lui.

Lei è una donna non più giovane, che vive nel lusso e nel disprezzo degli altri. Moglie di un uomo ricco, il Maialino, la sua ricchezza è direttamente proporzionale alla sua infelicità, che si manifesta da una parte tramite le angherie cui sottopone il prossimo, dall’altra attraverso le umiliazioni che si autoinfligge.

Lui e Lei hanno una mancanza che è più forte di qualsiasi presenza: qui si racchiude il dramma delle loro esistenze.

L’ambientazione è Roma, ma non è la Roma de La dolce vita: è uno scenario grigio, cattivo e incattivito, che assiste e sostiene le brutture di questi giorni che si susseguono, inutili e vuoti.

Lo scenario all’interno del quale ci muoviamo, la denuncia sociale che ci sbatte in faccia la solitudine dell’uomo, la descrizione così chirurgica, precisa, non filtrata nè edulcorata, di episodi di violenza che squarciano il velo che ricopre una realtà di apparenza e falso perbenismo, finto buonismo, collocano La sete all’interno di un nuovo filone neorealista dalle tinte decisamente pulp.

Ma perché Lui e Lei? Chi sono? Si conoscono?

No, le loro vite viaggiano parallele, finché un’assenza le unisce e Lui e Lei, casualmente, si incontrano.

Nello sguardo che si scambiano ciascuno vede l’abisso, il proprio e quello dell’altro.

L’epilogo, tragico e grottesco, regala un colpo di scena magistrale.

Claudia Cocuzza

Sono una farmacista e una scrittrice. La domanda è: con due figlie, un marito, un cane e un lavoro così impegnativo, come fai anche a leggere, studiare e scrivere? Facile: non saprei vivere senza tutto questo.