La strana morte del signor Benson è il primo dei dodici gialli che hanno come protagonista Philo Vance, il personaggio creato dalla penna di S.S. Van Dine. Van Dine è lo pseudonimo di Willard Huntington Wright, che in questa serie presenta al lettore un nuovo genere di investigatore. Come Sherlock Holmes, Vance, infatti, porta avanti un’indagine di tipo deduttivo ma, a differenza del suo predecessore, predilige l’osservazione del lato psicologico dei possibili colpevoli, più che quella della scena del crimine.
Vance è una sorta di Oscar Wilde del giallo. Raffinato fino all’eccentricità, dotato di una intelligenza brillante, amante della cultura e delle arti in particolare, mordace. Così lo presenta lo stesso Van Dine, che nel romanzo interpreta il ruolo dell’amico di Vance o meglio, come lui stesso si definisce, suo factotum legale privato. Per voler riprendere il paragone con Sherlock Holmes, una sorta di dottor Watson che lo affiancherà anche in tutte le successive avventure. Van Dine personaggio è anche la voce narrante del giallo che comincia con un capitolo introduttivo dove si descrive il protagonista.
L’unica passione di Vance (se un entusiasmo puramente intellettuale può essere chiamato passione) era l’arte, non l’arte nei suoi aspetti ristretti, privati, ma nel suo più ampio, universale significato. E l’arte non era soltanto il suo interesse dominante, ma la sua distrazione suprema. […] Vance aveva mezzi sufficienti per indulgere al suo istinto di collezionista, e possedeva un pregevole assortimento di ritratti e objets d’art. […] Ho sempre pensato che Vance fosse uno di quei rari esseri umani, un collezionista con uno specifico punto di vista filosofico.
La vittima della vicenda è Alvin H. Benson, trovato dalla sua governante nella poltrona del soggiorno della sua lussuosa dimora in una posizione del tutto naturale: gambe accavallate, la testa poggiata contro lo schienale, un libro ancora stretto nella mano destra ma assassinato con un proiettile sparatogli in fronte da distanza ravvicinata. Nella camera viene trovata una borsetta e un paio di guanti da donna, che in seguito si scoprirà appartengono a Muriel St. Clair, una giovane artista volitiva e misteriosa.
Un agente di pattuglia afferma che, effettuando la ronda notturna nel quartiere, verso mezzanotte ha notato una macchina sospetta, una grande Cadillac grigia ferma davanti al portone che poi non ha più visto ritornando dal suo giro di sorveglianza. Nell’appartamento viene ritrovato anche un mozzicone di sigaretta che in un primo momento sembra attirare l’interesse di Vance. Partendo da questi indizi a cui nel proseguo dell’indagine naturalmente se ne aggiungeranno altri, il procuratore distrettuale Markham e la polizia con a capo il sergente Heath, procederanno ad un’indagine che li porterà a indirizzare i loro sospetti sulle persone sbagliate. Philo Vance puntualmente smonterà ogni loro ipotesi e, avvalendosi del suo genio deduttivo, alla fine indicherà il vero colpevole del crimine.
Esattamente come un critico esperto può analizzare un quadro e dire chi lo ha dipinto […]così l’esperto psicologo può analizzare un crimine e dire chi l’ha commesso.[…] E questo. mio caro Markham è il solo metodo sicuro a nostra disposizione per stabilire la colpevolezza di un uomo. Tutti gli altri sono meri indovinelli, poco scientifici, incerti e…pericolosi […]Ed ecco perché tutti i crimini ci riconducono inevitabilmente alla psicologia umana, la sola base, fissa immutabile, della deduzione.
Storia avvincente scritta, com’è ovvio, con magistrale competenza, da un raffinato e abile giallista degli anni ‘20. Seguire l’indagine con tanti possibili indiziati tutti con moventi validi per arrivare ad un solo vero colpevole, è un esercizio stimolante ma anche un po’ faticoso, specie nei momenti in cui il dialogo è condotto da Filo Vance. Il lettore si trova tuttavia coinvolto per l’abbondanza di espedienti narrativi che tengono sempre viva la voglia di arrivare ad una possibile soluzione. Si pensi, ad esempio, alle mappe che inserite in alcune pagine del giallo, presentano nel dettaglio la mappa di alcuni ambienti di fondamentale importanza per la risoluzione finale. Una specie di caccia al ladro, insomma, in cui l’autore propone una nutrita gamma di indizi che vanno però interpretati nel modo corretto se si vuole provare ad individuare il colpevole. Perché, come afferma lo stesso protagonista:
Sospettare un uomo di omicidio perché ha un movente è come sospettarlo di essere scappato con la moglie di un altro solo perché ha due gambe.
Maria Lucia Martinez