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Per mia colpa

A volte l’unico modo per voltare pagina è andare via. È quello che si rassegna a fare la vicecommissaria Giulia Riva, decisa a chiudere una storia clandestina con un superiore che le procura soltanto dolore. Ha appena chiesto il trasferimento, che al commissariato di Cagliari si presenta Elisa, nove anni e una richiesta che raggela: ritrovare la mamma scomparsa. Giulia non può tirarsi indietro, anche se Virginia Piras era una moglie e una madre serena, e dunque per sparire così probabilmente è stata uccisa. Ma da chi? E perché? Tutti sembrano essersi dimenticati di lei, compreso l’ispettore Flavio Caruso, il partner e mentore di Giulia, a cui l’indagine è affidata. Caruso però non è più il poliziotto di un tempo, e Giulia capisce che potrebbe aver commesso errori fatali. Così si fa assegnare il caso, nella speranza di risolverlo ed evitare una possibile onta al suo partner. Non immagina che la ricerca la spingerà a interrogarsi anche sui propri errori passati: perché il cuore ha due lati, uno con cui si ama e uno con cui si odia. Piergiorgio Pulixi, vincitore del premio Scerbanenco 2019, debutta nel Giallo Mondadori con un noir sulle maschere a cui ricorriamo per preservare le emozioni che ci fanno sentire vivi – anche quando potrebbero esserci fatali.

Recensione

Questura di Cagliari, epoca contemporanea.

Piergiorgio Pulixi ritorna con una protagonista nuova di zecca e con tutte le carte in regola per la serialità, per cui possiamo immaginare che Per mia colpa sia il primo romanzo di una nuova serie in cui assisteremo alle indagini del vice commissario Giulia Riva.

Giulia ha quasi quarant’anni, un matrimonio fallito alle spalle e una relazione in cui si trova, suo malgrado, a coprire il ruolo dell’amante del capo, il vice questore aggiunto Roberto Petrini.

Dopo aver raccolto la confessione di un avvocato, donna come lei, accusata dell’omicidio dell’amante del marito, Giulia decide che la sua vita merita di cambiare direzione e per questo chiede trasferimento, ma prima deve risolvere il caso di una donna scomparsa un anno prima: una editor e traduttrice quarantottenne, Virginia Piras, dalla vita apparentemente tranquilla, anche troppo.

Ad affiancarla la PM Tiziana D’Ambrosio, una donna dalla bellezza prorompente e dal polso fermo, e il suo collega e mentore Flavio Caruso, che, dopo un brutto incidente sul lavoro, è diventato l’ombra del poliziotto che era.

Giulia è una donna dalla fragilità disarmante: vorrebbe una relazione stabile e adesso, quasi quarantenne, inizia a temere che il suo sia un destino di solitudine; ama andare al cinema ma detesta la folla, perciò frequenta sale piccole, le piacciono i film d’epoca, soprattutto se in bianco e nero, e si siede sempre nelle file centrali, meglio se senza nessuno accanto, così, se qualche scena la commuove, può piangere senza ritegno; legge Dylan Dog e le manca suo padre, morto da qualche anno; con la madre ha un rapporto contrastato che non la fa stare bene.

Giulia è una donna normale e questo la rende speciale e irresistibile.

“Quando affronto un caso, che si tratti di omicidio, rapimento o stupro, divento la persona su cui sto indagando, entro nella sua pelle, nei suoi pensieri, nella sua anima. Solo creando una connessione viscerale posso capire chi ha potuto farle del male. Spesso, soltanto guardando attraverso gli occhi della vittima riesci a farti un’idea del suo aggressore e delle motivazioni che l’hanno mosso.”

Questa è Giulia: si relaziona al caso nell’unico modo in cui non dovrebbe, eliminando il distacco tra sé stessa e la vittima. E questa è anche la sua arma vincente, quella che le permette di vedere ciò che ad altri risulta trasparente.

Inoltre il nostro vice commissario ha promesso a Elisa, figlia della vittima, che avrebbe ritrovato la sua mamma e lei è quel tipo di persona che, se promette qualcosa, poi mantiene.

L’indagine è difficile. È già trascorso un anno e sperare di trovare un elemento che sia sfuggito agli inquirenti è quasi impossibile, inoltre i tempi sono davvero stretti; la Riva ha a disposizione solo una settimana, dopo di che deve prendere servizio presso la Questura di Genova.

Giulia si trova di fronte a un bivio: rinunciare a tenere fede al patto stretto con Elisa o mettere da parte la promessa fatta a sé stessa, quella di cambiare vita allontanandosi dall’uomo che ama ma che non la rispetta. La risposta non è in nessuna delle due alternative: Giulia sceglie di non scegliere perché centrerà entrambi gli obiettivi.

Dal punto di vista concettuale, la prima indagine del vice commissario Riva rappresenta una sorta di manifesto programmatico del suo autore che, come lui stesso ha dichiarato, si cimenta per la prima volta in una mistery novel secondo il modello inglese.

“Non lo scriveranno mai sui manuali di Polizia, ma la maggior parte delle volte è la fortuna ad aiutare l’investigatore a risolvere un caso. Né l’ingegno né la dedizione, ma una serie di circostanze fortunate. Altrimenti non esisterebbero i delitti irrisolti.”

Questo è ciò che ci dice Pulixi per bocca di Giulia: il detective non è un super eroe, è una persona comune che, anche se dotata di intuito e spirito d’osservazione, ha bisogno di un pizzico di fortuna, come tutti gli esseri umani.

L’indagine diventa allora uno spaccato di vita, lo spunto da cui partire per trattare temi dal respiro più ampio, e poco importa se si arriverà o meno alla risoluzione del caso, l’intento dell’autore sarà comunque raggiunto.

Per mia colpa affronta un tema delicato, dalla potente implicazione psicologica: quanto conosciamo davvero le persone con cui condividiamo la vita, quanto a fondo conosciamo addirittura noi stessi? Chi siamo: ciò che ci affanniamo a dimostrarci agli altri? E se scoprissimo che quella che indossiamo è solo una maschera e che, togliendola, non solo respiriamo meglio ma si aprono anche delle opportunità inaspettate? Saremmo disposti a disfarcene o la paura dell’ignoto ci terrebbe àncorati a una vita finta ma rassicurante?

Come in un gioco di specchi, Giulia trova una parte di sé stessa in ognuna delle donne che incontra lungo la sua strada, siano esse vittime o carnefici; a dire la verità, il lettore non è in grado di dire in maniera univoca chi è solo vittima o chi solo carnefice, perché lo sviluppo della trama è così intricato e la costruzione dei personaggi tanto complessa da non permettere l’attribuzione di un’etichetta che apparirebbe soltanto semplicistica e non adeguata.

Claudia Cocuzza

Sono una farmacista e una scrittrice. La domanda è: con due figlie, un marito, un cane e un lavoro così impegnativo, come fai anche a leggere, studiare e scrivere? Facile: non saprei vivere senza tutto questo.