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Simona Soldano, Il borgo dei segreti intrecciati

Martina non si sente a suo agio in mezzo alla gente. Per molti anni ha provato a socializzare, rimbalzando tra aperitivi e mostre senza alcun apprezzabile miglioramento. Persino dopo essere tornata a Roma in seguito a una disavventura su un’isola quasi deserta, sente il bisogno di un luogo appartato, dove poter stare in pace con i propri pensieri. Per questo ha scelto di ritirarsi a Borgo Grifone, un minuscolo paese in aperta campagna. Immersa nel verde, pensa di poter ritrovare la serenità e l’ispirazione per dipingere che, quando abitava in città, era scomparsa. A dirla tutta, spera anche di incontrare il famoso pittore Fiorenzini, un grande maestro originario di Borgo che spesso tiene corsi nell’antica villa di proprietà della contessa che le affitta la casa. Un luogo ameno, anche se avrebbe bisogno di qualche restauro, al centro di un enorme parco con un labirinto di siepi altissime.

È lì che viene ritrovato il cadavere di Sergio Miniere, un famoso critico d’arte che Martina ha avuto il dispiacere di conoscere. Tutti pensano che si sia trattato di un incidente, ma Martina non ne è certa: qualcosa, l’istinto forse, le suggerisce che non è così. Per questo, con l’aiuto degli amici che fedelmente continuano a leggere il suo blog, comincia a indagare. Quello che non sa è che tutti gli inquilini della villa hanno qualcosa da nascondere. E che la verità è sepolta sotto montagne di bugie.

Recensione

Non sono tanti gli autori che al giorno d’oggi hanno il coraggio di scrivere un giallo “fuori tempo”. Se devo pensarci su due piedi, mi viene in mente solo Simona Soldano.

Perché fuori tempo? Be’, perché è stata la prima cosa che ho pensato iniziando a leggere il suo ultimo romanzo, Il borgo dei segreti intrecciati, uscito ieri per Garzanti e, arrivata alla fine, non ho trovato nulla che mi abbia fatto cambiare idea.

Simona Soldano infatti dalla tradizione del giallo classico un elemento che ormai, nella produzione italiana polarizzata tra thriller da un lato e cosy dall’altro, recupera un elemento chiave: la gestione del tempo del racconto. Un po’ come P.D. James, ci mostra tutti i sospettati che interagiscono nella cornice amena di un borgo umbro. Solo dopo arriva il delitto.

Ma il lettore se lo aspettava, perché Simona è maestra nel disseminare piccoli dettagli inquietanti tra le pagine, che si accumulano facendo presagire che prima o poi, lì, qualcuno ci rimetterà le penne.

Una nota di merito a parte va spesa per Martina, la protagonista, che avevamo già conosciuto nel romanzo d’esordio Mare calmo, isolati misteri: benché si inserisca a pieno titolo nella categoria di detective non professionisti del cosy crime, Martina riesce ad essere dilettante senza essere stucchevole, imbranata senza essere ridicola. Simona Soldano si destreggia con un’ironia che ricorda quella Oscar Wilde, mai esagerata e sempre pungente. E ci riesce benissimo.

Se poi Martina riuscirà a intuire chi ha ucciso il critico Miniere tanto di guadagnato. Ma questo lo lascio scoprire a voi leggendo.

Denise Antonietti