Pillole di cultura bretone.
Cari lettori, ormai avrete capito che i miei libri sono pagine impregnate d’inchiostro e #bretagna. Oggi, riprendiamo il viaggio verso Pont-l’Abbé, nel Finistère, alla scoperta di un simbolo, un oggetto di vanità, una storia antichissima.
Ogni paese ha il suo tradizionale copricapo, ormai portato solo in occasione di eventi culturali e raramente nel quotidiano, ma solo uno è diventato il simbolo della Bretagna.
La bigoudène è un copricapo da cerimonia di pizzo inamidato, alto ben 40 centimetri, tipico delle donne del Pays Bigouden.
La sua storia risale al tempo di Luigi XIV. Nel 1674, la Francia, in guerra con l’Olanda, ha necessità di soldi pertanto il ministro delle finanze, Jean-Baptiste Colbert decide di aumentare le tasse, ma anche di inventarne altre, compresa una tassa sulla carta bollata. Questa misura, decisa senza consultazione e approvazione dei dipartimenti di Bretagna, porta un’ondata di proteste nelle regioni bretoni che, oltretutto, godono un regime di esenzioni.
Dalle città alle campagne. La prima insurrezione si svolge a Rennes il 3 aprile 1675, seguono Saint-Malo, Nantes, Guingamp, Fougères, Dinan, Morlaix…
La rivolta prende il nome di Révolte des Bonnets Rouges “rivolta dei berretti rossi” perché gli insorti indossano il copricapo blu o rosso secondo il dipartimento di provenienza.
Luigi XIV ordina severe repressioni in tutto il Paese.
L’ultima roccaforte che si rifiuta di arrendersi è il Pays Bigouden: nell’agosto del 1675, gli insorti sono impiccati, altri inviati alle galere. Le campane, che avevano dato l’allarme per mobilitare i concittadini e scendere nelle piazze, sono abbattute a colpi di cannone. Le donne, in segno di protesta e sfida, iniziano a indossare un alto copricapo di pizzo, la bigoudène, simbolo dei campanili distrutti e dell’orgoglio che non sarà mai represso.
La cuffia diventa veramente alta nel XX secolo, soprattutto dopo la Prima Guerra mondiale, dove guadagna 1 centimetro all’anno fino a raggiungere l’altezza di 40 centimetri, un arma di seduzione sofisticata, stravagante e decisamente impegnativa.
“Pourquoi les Bigoudènes ont-elles une grande coiffe bigoudène?”
Sembra quasi uno scioglilingua!
Ma ve la immaginate una Bigoudène che sfida il vento bretone, in bicicletta e in testa la bigoudène!?!
Francamente, io non ho mai capito come fa il cappello a non volare via!
Un tempo, le donne non uscivano mai senza; ogni giorno, dopo il caffè del mattino, consacravano una buona mezz’ora ad assemblare i sette elementi che compongono il copricapo.
Negli anni 60, circa 3000 donne lo indossavano regolarmente; negli anni 70, solo il 31% delle donne di età superiore ai 47 anni. Questa cifra diminuisce drasticamente nel 1993, solo 500 donne di tutte le età lo portavano. Nel 2003, circa una venti di donne esce, abitualmente, con la bigoudène.
Nel 2011, Marie Lambour è una delle ultime donne a indossare il copricapo tutti i giorni.
Nel 2014, Marie Pochat, una delle irriducibili che ancora lo indossavano quotidianamente, muore all’età di 103 anni; aveva iniziato a indossare regolarmente il copricapo all’età di 12 anni e non l’aveva mai più tolto.
«Senza questo copricapo, sento che mi manca qualcosa».
Dagli anni 70, il tipico copricapo appare in alcuni spot televisivi come quello della Breizh Cola, la Coca Cola bretone.
Anche il maestro fotografo Robert Doisneau (Francia 1912-1994) ne ha colto l’universo poetico e ha messo in luce il leggendario copricapo in una mostra retrospettiva al Museo di Belle Arti di Quimper (Finistère) intitolata L’occhio malizioso (novembre 2018/aprile 2019). Alcune di queste splendide fotografie in bianco e nero sono in mostra permanente al Museo.
Se passate da Pont-l’Abbé fermatevi a visitare il “Museo bigoudèn” che celebra la storia del leggendario copricapo.
Il viaggio nella cultura bretone prosegue, appuntamento alla prossima puntata, per il momento vi auguro buon vento di lettura con i miei libri.
@susyzappa.fari