Per tutti i fortunati possessori di Ps5, PC o Mac, è uscito sullo store un nuovo “gioco”, anche se la prima cosa che viene spiegata una volta aperta l’applicazione è esattamente: “questo non è un gioco”.
L’esperimento si chiama “KID A MNESIA: EXHIBITION”, ovvero un museo virtuale nato dalle menti di Stanley Donwood (artista famoso soprattutto per i suoi lavori delle copertine dei dischi dei Radiohead) e Thom Yorke (frontman dei Radiohead).
Catapultati dentro una foresta di carta, nel nulla più totale, spiati da strani esseri dietro agli alberi. Dopo pochi passi però entriamo dentro una struttura con un piccolo avviso prima dell’accesso: stiamo per entrare dentro un museo, non uno di quelli classici bensì un museo dove alcuni luoghi potrebbero non esistere.
Inizia così il nostro viaggio onirico dentro i sogni, o meglio, gli incubi dei Radiohead. Un non-luogo dove le sensazioni che più vengono percepite sono quelle della solitudine e del disagio esistenziale. Se già questi sentimenti erano perno della produzione musicale della suddetta band, l’opera visiva riesce a immergere ancor più lo spettatore in questo turbinio di squarciamento dell’io.
Inoltre il mezzo, ovvero quello videoludico, permette un’immersione maggiore rispetto a un qualsiasi altro filmato o esperienze del genere, perché abbiamo la possibilità di muoverci a nostro piacimento nel museo, scegliendo i nostri tempi e i percorsi a noi più adatti. Anzi, alcune opere hanno bisogno della collaborazione dello spettatore per poter essere vissute al meglio.
Sarebbe impossibile riuscire ad allestire questa mostra in un museo reale (anche se l’intento iniziale era proprio questo, di fare una mostra dal vivo; ma gli eventi hanno portato al museo virtuale, ritenuta ora la scelta migliore dagli stessi organizzatori), perché, come già detto, molti dei luoghi presenti al suo interno sono non-luoghi, impossibili e il mezzo videoludico è l’unica possibilità di farli esistere.
Viaggiare attraverso quadri che si trasformano in neve, per poi essere rinchiusi in una palla di fuoco fluttuante nel vuoto più profondo, per ritrovarsi infine al centro di una danza dionisiaca circondato da animali inesistenti, neri come petrolio, il tutto accompagnato dal grido d’aiuto in musica delle sonorità dei Radiohead.
Un’esperienza irripetibile con qualsiasi altro mezzo.
Viaggiare per il museo non è un “bella” esperienza (se si esce dal museo con il sorriso, vuol dire che la mostra ha fallito nel suo intento). È un’esperienza estetica, nel senso più profondo del termine, che riesce a far immergere quasi tutti i sensi dello spettatore in questo trip senza apparente via d’uscita; ovviamente c’è bisogno da parte di colui che guarda il totale lasciarsi andare agli eventi.
Ogni opera d’arte è fornita di un QR code da poter scannerizzare con il telefono, il quale porterà sul sito di Kid A Mensa: Exhibition, dove saremo forniti della mappa del museo, possibilità di sentire la soundtrack o visitare il gift shop.
Tutta la mappa è collegata, e c’è la possibilità di visitare in loop il museo.
Ci sono alcune stanze che però non vorreste visitare una seconda volta.
Non perché ci siano jumpscare (ovvero quegli spaventi all’improvviso, tipici dei film horror moderni) ma perché alcune opere riescono a risvegliare nello spettatore le paure più cosmiche, che mai vorrebbe affrontare. Dallo stare all’interno di un’enorme piramide mentre un gigantesco cornuto animale cammina su due zampe facendo risuonare i suoi tacchi all’interno della stanza mentre una gigante bambola dagli occhi e dal sorriso spalancato ci segue con lo sguardo, al condividere un piccolo ascensore grigio insieme aun tizio che ci dice: “Clown!”
Insomma questo museo ci offre un’esperienza che mai potremmo fare… e che soprattutto mai vorremmo fare.
Matteo Abozzi