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Venezia, riapre il Museo di Palazzo Fortuny

Riapre a Venezia Palazzo Pesaro degli Orfei, magico scenario del genio creativo di Mariano Fortuny y Madrazo e della moglie, musa ispiratrice Henriette Nigrin.

A due anni dall’Acqua Granda la casa-atelier dell’artista, che all’inizio del ‘900 scelse Venezia per le sue eclettiche sperimentazioni, viene restituita alla sua memoria e alla città, e diventa museo permanente.

Il fascino di un allestimento ideato dal maestro Pier Luigi Pizzi con Gabriella Belli e Chiara Squarcina, che rievoca le atmosfere di uno dei luoghi più iconici della città lagunare, all’alba del XX secolo.

Il gotico palazzo veneziano che fu dimora e laboratorio di Mariano Fortuny y Madrazo (Granada 1871, Venezia 1949) e della musa, moglie e sodale Henriette Nigrin, luogo di riferimento agli inizi del Novecento dell’élite intellettuale europea e centro produttivo nella cosmopolita e industriosa Venezia, riapre le porte, dopo i necessari interventi conservativi al piano terra (fortemente danneggiato dall’Acqua Granda nel novembre 2019) e il riallestimento complessivo dei piani nobili, con un nuovo destino: non più solamente spazio espositivo temporaneo, ma un museo permanente, in cui Mariano Fortuny e il suo universo di luce e
innovazione tornano protagonisti.

I consistenti lavori di ripristino e messa in sicurezza, seguiti dal Comune di Venezia e dall’Ufficio tecnico e Manutenzioni della Fondazione Musei Civici di Venezia e finanziati tramite Art Bonus grazie all’importante contributo del marchio leader PAM Panorama, hanno infatti permesso il restauro del Portego cui si accede da Campo San Beneto, con la riorganizzazione completa dei servizi di accoglienza.

Nel contempo si è potuto ripensare l’allestimento degli ambienti di Palazzo Pesaro degli Orfei in senso filologico, con la restituzione delle sale alla memoria e alla geniale e talentuosa vita dell’artista spagnolo – di cui si sono celebrati i 150 anni dalla nascita nel 2021 – e con la riapertura ai piani nobili delle meravigliose polifore, punto focale dell’architettura del Palazzo, ora pienamente valorizzata, e fonte di luce naturale modulata in base alle necessità.

Il percorso espositivo, di straordinaria suggestione, è stato curato dal Maestro Pier Luigi Pizzi, regista, scenografo e architetto di fama internazionale con Gabriella Belli e Chiara Squarcina e il supporto di Massimo Gasparon per le complesse scelte illuminotecniche.

Un’autentica immersione nell’atmosfera di un luogo rinomato e centrale per la Venezia del tempo, così come testimoniata da tante fotografie d’epoca che hanno immortalato alcuni di questi ambienti, permettendo di cogliere gusti, presenze, accostamenti, rimandi e relazioni tra personaggi, oggetti, creazioni, arti e saperi.

Il retroterra moresco, la cultura classica, le influenze orientali, il mito e il mondo wagneriano, i suoi molteplici interessi e passioni; e poi dipinti suoi e del padre, scenografie teatrali e invenzioni illuminotecniche, meravigliosi abiti e incredibili tessuti frutto del genio di Mariano e Henriette, archivi fotografici, opere della collezione personale, documenti e brevetti, testimonianze degli artisti e degli amici che al tempo giungevano a Venezia, convivono e trovano nuova luce nel Palazzo veneziano, visitabile tutto l’anno con il nuovo percorso
permanente e sede espositiva di mostre temporanee dedicate alla contemporaneità. Preziosa sarà per i prossimi 5 anni la collaborazione con Tessuti Artistici Fortuny SRL.

Intanto, nella tradizione del luogo in passato votato all’arte contemporanea, l’inaugurazione del Museo – festeggiata il 12 e il 13 marzo con due giorni straordinari a ingresso gratuito con prenotazione – sarà l’occasione per presentare per la prima volta al pubblico, in esposizione temporanea, l’eccezionale donazione ricevuta dalla Fondazione dei Musei Civici di Venezia, di un nucleo di opere di artisti americani di primo piano della Raccolta Panza di Biumo: un omaggio in memoria di uno dei più importanti collezionisti del Novecento.

Quando Mariano Fortuny y Madrazo – figlio d’arte di formazione internazionale appartenente a una delle famiglie più rinomate del panorama artistico e culturale della Spagna del XIX secolo, stabilitosi a Venezia ormai da una decina d’anni – entrò per la prima volta a Palazzo Pesaro degli Orfei nel 1898, l’edificio, la più vasta costruzione del tardo gotico fiorito veneziano, era in stato di degrado e decadenza. Mariano ne rimase affascinato e nel giro di una decina d’anni riuscì a riportarlo al suo splendore, ridando equilibrio e proporzione alla struttura.

Ben presto il palazzo tra Campo San Beneto e Rio Michiel divenne la sua dimora, la sede delle sue sperimentazioni artistiche e scenotecniche, uno straordinario atelier, condotto insieme a Henriette Nigrin, e il salotto privilegiato dell’élite culturale veneziana e internazionale.

Un artista multiforme, eclettico, instancabile; un talentuoso ingegno aperto alla modernità e alle innovazioni del XX secolo; un abile imprenditore capace di porre la propria creatività in svariate discipline artistiche: la pittura, la scultura, l’incisione, la fotografia, il teatro, l’illuminotecnica, il design, la moda, la creazione di tessuti per l’arredamento.

Mariano Fortuny è tutto ciò. Inventa processi produttivi, crea nuovi materiali, progetta strumenti tecnici di cui deposita marchi e brevetti: ed è questo mondo, in cui si mescolano influssi, idee e materiali, a rivivere ora nel nuovo allestimento del Museo di Palazzo Fortuny, edificio donato nel 1956 dalla vedova Henriette al Comune di Venezia, con lo scopo di essere utilizzato perpetuamente come “centro di cultura in rapporto con l’arte”, conservando nel salone del primo piano le caratteristiche e gli oggetti “di ciò che fu lo studio preferito di
Mariano”.

Ora, per la prima volta, oltre il novanta per cento dei materiali relativi a Mariano Fortuny di proprietà delle collezioni civiche veneziane o custoditi in comodato, come i preziosi tessuti antichi della Fondazione di Venezia, sono esposti tutti insieme, in un coinvolgente percorso che unisce l’emozione della casa e degli ambienti vissuti, alla presenza di sale tematiche dal sapore più museale, fino ad un affondo – al secondo piano del palazzo, reso anch’esso eccezionalmente accessibile ai visitatori a partire dal mese di giugno – tra oggetti e strumenti del fare laborioso e innovativo di Mariano.

Al primo piano del Palazzo torna dunque pienamente visibile – scenario perfetto di probabili incontri mondani – il fascinoso e inaspettato ciclo parietale di ben 140 metri quadrati con cui Mariano, con l’artificio del trompe l’oeil e un’armoniosa stesura di colori, aveva dato vita a un illusorio giardino incantato, con figure allegoriche, satiri e animali esotici. Allo stesso modo si può ammirare contestualizzato tra due pareti di suoi bozzetti di scena e alcune copie da Tiepolo, il modello del Teatro delle Feste progettato da Fortuny – mai realizzato – per
l’Esplanade des Invalides nel 1910, con la collaborazione di Gabriele d’Annunzio e l’Architetto francese Lucien Hesse.

Lungo l’immenso Portego, illuminato discretamente dalle meravigliose polifore, tra un susseguirsi di tessuti fiabeschi, originalissime lampade da lui progettate e ispirate ai pianeti, quadri, mobili e oggetti – proprio come documentato nelle foto del tempo – si ricordano le origini spagnole di Mariano e il mondo intellettuale e artistico dei Madrazo e dei Marsal, ma anche la produzione pittorica dell’artista e del padre, ottimo pittore, con un ciclo di piccoli dipinti di paesaggio allestiti nel grande armadio-vetrina disegnato da Mariano, il tutto
frammisto ai ritratti e alle molte opere ispirate da Henriette: il viso, i capelli, le pose.

Stupiscono nel loro scenografico accostamento i preziosi velluti stampati su invenzione di Mariano, con motivi di ispirazioni soprattutto rinascimentale, ma anche il modello originale del monumentale corredo funerario per il quattordicesimo duca di Lerma, caduto nella guerra civile spagnola – ove spicca un’eccezionale dalmatica in velluto nero stampata in oro e argento e i costumi di scena realizzati da Mariano per l’Otello di Giuseppe Verdi. L’opera fu rappresentata a Venezia, nel cortile di Palazzo Ducale il 18 agosto 1933 con le scenografie e i costumi di Mariano Fortuny, la compagnia di Kiki Palmer e la regia di Pietro Sharoff.

Nell’infilata delle salette laterali emergono alcuni temi forti del mondo e della vita dell’artista spagnolo che aveva fatto di Venezia e di questo edificio l’epicentro della sua straordinaria esistenza. Innanzitutto il suo studio di pittore ricreato come in un set, con il suo cavalletto, le prove di nudo, diversi modelli ed esempi anatomici e i colori da lui stesso brevettati (ben 46 tempere e 4 preparatori): tutti materiali conservati negli archivi e nei depositi della Fondazione Muve.

Quindi le copie dall’antico fondamentale esercizio e fonte di conoscenza e ispirazione per un pittore -Tiepolo, Tintoretto, Goya ecc – e la passione per Wagner, con i quadri ispirati alle sue opere dal Parsifal a L’Anello del Reno e i bozzetti delle scene e dei costumi progettati per la prima assoluta di Tristano e Isotta alla Scala di Milano. È indubbiamente l’amore per la musica del compositore tedesco e per la sua idea di opera d’arte totale che porta Fortuny a interessarsi alla scenografia, alla pittura teatrale e alla illuminotecnica, fino alla rivoluzionaria invenzione della “Cupola”, con cui porterà luce indiretta e diffusa, cieli colorati e nuvole, nei
teatri di tutta Europa.

La fotografia, altro campo di interesse, ci dà conto dei luoghi frequentati da Mariano, in particolare Parigi e Venezia, ma c’è anche molta Grecia ed Oriente, e degli amici e protagonisti di quei giorni: Mario De Maria, Cesare Laurenti, Ettore Tito, Pompeo Gherardo Molmenti, Lino Selvatico, Felice Casorati, Giovanni Boldini, Auguste Rodin, Ignacio Zuloaga, Adolphe Appia, Arturo Toscanini, Giuseppe Giacosa, Gabriele D’Annunzio, Hugo von Hofmannsthal, Marcel Proust, Eleonora Duse, Loïe Fuller, Isadora Duncan, Sarah Bernhardt, Emma Gramatica, José María Sert y Badía, la Marchesa Casati Stampa, Consuelo Vanderbilt e molti altri ancora.

Armi e armature spagnole, così come i meravigliosi vetri di Murano sono tra le sue gioie collezionistiche, qui rievocate anche con opere dei Musei Civici non appartenenti alla collezione familiare di fatto dispersa; ma è la sala della moda – lo showroom riservato all’élite femminile più in vista – a far rivivere l’atmosfera autentica della casa-atelier. Sfilano, tra giochi di veli, gli scialli Knossos e il famosissimo Delphos: l’abito di seta plissé
creato in sodalizio con Henriette, che tutte le dive vorranno indossare.

Il percorso potrebbe concludersi qui, ma a partire dal mese di giugno, con apposite guide e su prenotazione, sarà possibile accedere anche al secondo piano del palazzo e sarà un’ulteriore scoperta e un autentico regalo per gli appassionati della cultura di inizio Novecento e dell’universo Fortuny, per i curiosi e per tutti i veneziani che – entrando gratuitamente nei Musei Civici – potranno tornare più e più volte e fare nuove scoperte in ogni occasione.

Al secondo piano infatti troviamo gli atelier di Mariano, tutte le sue abilità e i suoi saperi, le sue arti: il dietro le quinte delle sue creazioni. Ci sono la stampa e la tipografia, con i torchi, le incisioni, le sue produzioni e quelle altrettanto mirabili del padre y Marsal, e le opere collezionate dalla famiglia come le incisioni di Goya, Tiepolo, Piranesi.

Quindi il laboratorio tessile di abiti e di stoffe, con anche l’importante collezione di abiti e tessuti antichi della madre, le matrici originali per la stampa e i modelli per il taglio; il teatro, con i palchi lignei realizzati da Mariano per provare i giochi di luci e gli effetti scenici.

Lì accanto il laboratorio di fotografia, con le attrezzature sperimentali che lo porteranno a brevettare una speciale carta fotografica e, infine, l’attività pittorica e gli amati libri. Anche lo studio-biblioteca di Mariano, immortalato in tante foto del tempo, sarà per la prima volta accessibile al pubblico. Affascinante scoperta, con i mobili da lui progettati, i ritagli e le curiosità conservate, gli schedari rivestiti, i suoi ricordi più personali.

Fortuny Venezia – Fotografie di Massimo Listri