Ho avuto il piacere di moderare e quindi conoscere Igor De Amicis in occasione del Neroma, il festival del giallo e del noir della Capitale appena concluso.
Argomento della chiacchierata, che ho condotto a due voci con la nostra Denise Antonietti, è stato l’ultimo romanzo di Igor, ‘O regno, edito da Salani.
‘O regno è un thriller, però la definizione gli sta stretta.
È un romanzo complesso: siamo a Napoli, quartiere Scampia, e la vicenda che dà l’avvio alla narrazione è il ritorno a casa, dopo cinque anni, di don Ottavio ‘o preziuso.
Don Ottavio era il boss indiscusso, ma in cinque anni tante cose cambiano: durante la sua assenza donna Rosaria è stata costretta a prendere in mano gli affari del marito e adesso non le va di tornare nell’angolo a recitare il ruolo della moglie devota; Achille è finito in carcere, costretto a una trasformazione veloce e irreversibile; Antonio e quelli che erano bassa manovalanza scalciano per ritagliarsi il loro spazio, tramando nell’ombra, anche se pure le ombre in un posto come quello hanno occhi e orecchie.
Don Ottavio era il re di Scampia, ‘o regno, ma non è così scontato che riesca a ritornare al suo posto.
Quindi ‘O Regno è sì un thriller, ma è anche un romanzo corale che, all’interno della cornice di una storia di camorra, ricostruisce una saga familiare ricca di sentimenti potenti, estremi. La narrazione è portata avanti mediante capitoli focalizzati sui vari personaggi principali; ognuno racconta attraverso il proprio punto di vista, facendo progredire la vicenda aggiungendo un tassello alla volta. Il risultato dell’uso di questa tecnica è che il lettore non riesce a vedere un personaggio come completamente positivo o negativo: ciascuno, anche colui che si macchia delle azioni più aberranti, ha delle motivazioni che lo spingono ad agire in un certo modo e non è così facile schierarsi in maniera netta.
Altra caratteristica è l’uso del vernacolo: non si tratta banalmente di far parlare personaggi napoletani in dialetto napoletano, piuttosto di dare il giusto peso alle parole ma anche agli sguardi, ai gesti e ai silenzi. Qui viene chiaramente fuori l’esperienza dell’autore come dirigente aggiunto di polizia penitenziaria e vice comandante di una casa circondariale: se un delinquente si rivolge a un altro chiamandolo “zio”, il dubbio che siano parenti non deve nemmeno sfiorarci, ovvero parole di uso quotidiano e dal significato univoco ne assumono uno totalmente diverso in relazione al contesto.
Lo scorrere delle pagine porterà il lettore all’interno di un mondo oscuro, malato e malvagio, dove la lotta più importante e difficile per il potere non si combatte per le strade, tra clan rivali, ma tra le mura domestiche e contro il proprio stesso sangue, assumendo i contorni di una guerra quasi fratricida.
Una visione alternativa supportata da una scrittura puntuale e incalzante che non conosce retorica: ‘O regno è una prova che De Amicis supera a pieni voti.
Claudia Cocuzza