Per ricordare un eccidio scomparso tra le pieghe della storia e i tanti che continuano nell’indifferenza del mondo. Trattati come schiavi dai grandi allevatori di pecore che si erano impadroniti della Patagonia, durante uno sciopero furono uccisi gli ultimi indios e centinaia di braccianti europei giunti in quella terra di speranza per sfuggire alla miseria della guerra e della fame. Il prossimo anno ne saranno trascorsi cento dai tragici fatti, lungo le sponde del lago Argentino alle spalle del Perito Moreno e non troppo lontano da Punta Gualico territorio sacro degli antichi indios Teuelche. Solo non dimenticando potremmo ridare dignità a quella gente.
El derecho a la vida non es un privilegio solamente para las especies dominantes….
Nel giugno del 1921 negli immensi territori della provincia di Santa Cruz nell’estremo Sud Australe, nell’Estancia Anita appartenente a una potente famiglia asturiana, quella dei Menendez, la protesta di coloro che vi lavoravano per paghe di fame e che, trattati come bestie chiedevano migliori condizioni di vita, fu orrendamente soffocata nel sangue. Una volta ingenuamente arresi alle promesse del capitano che comandava lo squadrone di cavalleria mandato in soccorso da Buenos Aires, uomini disperati provenienti dall’Europa, peones cileni e gli ultimi indios furono costretti a scavarsi la fossa quindi miseramente fucilati perché avevano osato protestare contro i grandi latifondisti che, come feudatari, regnavano indisturbati in Patagonia.
Una mattanza dove i “capi” da abbattere erano scelti dai “caporali”! Morivano cosi tra i boati del Perito Moreno, nello scenario degli immensi ghiacciai che si tuffano nel lago Argentino, gli “schiavi“ della Patagonia.
Scioperarono in nome di una maggior dignità, ma furono barbaramente assassinati da quel germe di follia che assale gli uomini assetati di ricchezza e che ancora oggi sopravvive in tanti paesi del mondo, nell’indifferenza generale. A tutt’oggi nessuno sa quante siano state le vittime di quel massacro: non meno di cinquecento, forse qualche migliaio. Le tombe di quelli che l’Argentina chiamò “anarchici” ma erano solo emigranti, non furono mai ritrovate.
Qui nell’ultimo paradiso della natura, ai margini della Terra del Fuoco, a Rio Gallegos, dalle selvagge incontaminate coste atlantiche, si raggiungono gli sterminati solitari territori della steppa patagonica che salgono verso i ripidi altopiani della cordigliera, ricchi di laghi e ricoperti da muschi, licheni, felci gigantesche e da boschi primordiali di Araucaria, Nire e Lenga. Qui dove il Guanaco regna sovrano e i forti venti della primavera portano il profumo del Calafate, qui dove maestosi e immensi i ghiacciai sembrano emergere dai laghi in un caleidoscopio di colori blù e verde smeraldo, qui dove bellezza e desolazione si fondono continuamente, qui dove l’azzurro del cielo è così intenso da diventare abbagliante, qui dove al tramonto le acque del lago diventano d’argento e il gli iceberg alla deriva incorniciano l’orizzonte infuocato dagli ultimi raggi di sole, qui dove lungo le spiagge si incontrano i pinguini e la risacca trasporta dalle profondità oceaniche miriadi di pagliuzze d’oro, qui dove le grandi distese di ghiaccio e vertiginosi picchi granitici della cordigliera sono lo straordinario scenario del volo dei condor, qui dove i poveri Teuelche ,Ona, Yamana vissero felici per diecimila anni prima dell’arrivo dell’uomo bianco responsabile di uno dei più tragici genocidi totali, qui dove verso la fine dell’ottocento venivano organizzate regolari battute di caccia agli indigeni e i “cacciatori” ricevevano una ricompensa per ogni teschio consegnato, qui dove la straordinaria singolare bellezza dei paesaggi sembra fondersi con il grido di dolore degli indios, quando sembra che nulla ormai possa accadere, ritrovi quella parte di te che in armonia con la natura, scopri far parte di un unico universale disegno divino e allora, nonostante tutto, ritrovi la speranza. Ma non possiamo dimenticare, non dobbiamo dimenticare i tragici, drammatici “fatti” di Santa Cruz che segnano una delle pagine più tristi della storia di questi territori. I grandi latifondisti, complice il Governo argentino di quegli anni, furono i responsabili diretti e indiretti prima del genocidio degli indios poi nel 1921 del massacro dei lavoratori in sciopero. Questi orribili avvenimenti furono tenuti nascosti per più di cinquanta anni.