La graphic novel dal dramma teatrale tragicomico di Karel Čapek che, per primo, ha introdotto nella cultura mondiale il termine “Robot” più di 100 anni fa, viene presentata in prima nazionale in occasione di Book Pride, domenica 6 marzo alle 15.30, nella Sala Pablo Neruda del Superstudio Maxi.
R.U.R. è l’acronimo di “Rossum’s Universal Robots” (I robot universali di Rossum), la rivisitazione a fumetti di Miraggi Edizioni del dramma teatrale utopico e fantascientifico dello scrittore ceco Karel Čapek messo in scena per la prima volta al Teatro nazionale di Praga nel 1921 e subito affermatosi sui palcoscenici di tutto il mondo. La graphic novel firmata dalla giovane illustratrice ceca Kateřina Čupová dà forma e colore, con tratti gentili ed eleganti, all’intramontabile dramma umanista. La traduzione e la postfazione sono a cura di Alessandro Catalano, professore associato di letteratura ceca presso il Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari dell’Università di Padova, che ha inoltre curato un approfondimento sulle trasformazioni dei robot, “100 anni in cinquanta immagini”, inserito all’interno del volume.
R.U.R. viene presentato in prima nazionale in occasione di Book Pride, domenica 6 marzo alle 15.30, nella Sala Pablo Neruda del Superstudio Maxi.
R.U.R. racconta, da una prospettiva del tutto originale, una delle prime distopie del XX secolo. La storia, in particolare, narra le tragiche conseguenze innescate dalla creazione di un uomo artificiale, organico ma apparentemente privo di quelle caratteristiche che rendono l’uomo debole e fallibile, come i sentimenti, i bisogni e il libero arbitrio. In una parola: l’anima. Tuttavia, nessuna creatura può essere radicalmente diversa dal suo creatore e i robot di Karel Čapek, prodotti come beni di consumo per sollevare gli esseri umani dalle fatiche del lavoro fisico, sanno essere solidali tra loro, ribelli e violenti come gli uomini che li hanno costruiti.
Nella storia di R.U.R. si riflettono le grandi paure del Novecento di fronte all’avanzata del totalitarismo bolscevico, della vertiginosa corsa del progresso tecnico-scientifico, della disumanizzazione delle masse e delle ingiustizie sociali del capitalismo industriale. Un tema che resta, a un secolo di distanza, incredibilmente attuale seppur con i dovuti “aggiornamenti”. I robot di Čapek non sono quelli del nostro tempo, ma piuttosto creature biologiche, umanoidi che ricordano un po’ il mostro di Frankenstein o i replicanti di Blade Runner.
Le linee nette, quasi geometriche, e i colori vivi ma mai invadenti della giovane artista ceca accompagnano la lettura in un’esperienza narrativa dove i tratti disegnati a mano dalla Čupová riescono a compensare quel miglio in più necessario alla fantasia del lettore per avventurarsi tra umanoidi, replicanti e robot (parola inventata proprio in occasione della stesura dell’opera di Karel Čapek da suo fratello, il pittore e scrittore Josef Čapek, con l’intenzione di trovare un sostantivo che designasse l’operaio artificiale, sulla base della parola ceca “robota”).