Secondo i dati dell’Università Popolare degli Studi di Milano, per l’80% degli intervistati il doppio cognome riduce il gender gap, per il 53% rende più completa l’identità dei figli, ma un 28% teme porterà liti. Per l’avvocato Ruggiero, “un passo avanti verso la parità tra i genitori e verso l’Europa, dove questo già è consuetudine”.
Quest’anno la Festa della Mamma avrà un sapore diverso dal solito per molte donne. La Corte costituzionale, infatti, ha dichiarato illegittime tutte le norme che stabiliscono l’automatica attribuzione del cognome del padre ai figli, definendola una “consuetudine discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio”.
Con la sentenza del 27 aprile 2022, la Consulta ha spinto il legislatore ad introdurre in automatico il doppio cognome per i figli nati o fuori dal matrimonio, e adottivi, a meno che non si accordino diversamente. In caso di eventuale disaccordo, su istanza interverrà il Giudice.
“Un provvedimento che è un passo avanti verso la parità tra i genitori e verso l’Europa. – Commenta l’Avvocato Valentina Ruggiero, esperta in diritto di famiglia – In Francia e Belgio vige già il doppio cognome, messo in ordine alfabetico in caso di disaccordo; in Portogallo si può avere fino a 4 cognomi; in Lussemburgo il cognome dei figli è, addirittura, a sorteggio. Il cognome è una parte importante della nostra identità, e nella mia carriera di avvocato familiarista ho assistito a moltissime situazioni in cui i figli chiedevano di poter prendere il doppio cognome, o per un legame particolare con la madre, o, in casi più particolari, proprio per prendere le distanze dal padre. Ho letto sui social un utente che ironizzava sul fatto che sino ad oggi sia stato assegnato al figlio il cognome del genitore meno certo! Meglio sorriderci su, anche se tale battuta può far innervosire qualcuno… Ma come si sa, noi donne sappiamo essere molto ironiche”.
La possibilità anche per le donne di poter dare il proprio cognome è valutata come una cosa molto importante, al punto che per 2 donne su 3 (65%) questo migliorerà l’armonia all’interno della coppia parentale, mentre la maggior parte degli uomini (74%) pensa che non influirà in misura sensibile. Ad affermarlo è uno studio svolto dall’Università Popolare di Milano, svolto su un campione di 648 volontari tra i 18 e i 45 anni, sia uomini, sia donne.
Per quasi l’80% degli intervistati, si tratta di una che potrà influire positivamente sull’equità di genere, per il 53% aiuterà i figli a sentire la propria identità più completa. Un 28%, invece, teme possa portare disaccordo tra i genitori, e divenire motivo di litigio.