Home / Attualità  / Dalle minigonne di Kabul a Bin Laden

Dalle minigonne di Kabul a Bin Laden

L’ambizioso progetto di portare in prima serata la storia dell’Afghanistan: una formidabile occasione per capire cosa ci ha portato agli eventi dell’Agosto 2021.

Il recente ritiro della coalizione internazionale e il fallimento della missione in Afghanistan segnano il ritorno ai giorni più bui del passato. Alla storia di questo paese, con un’attenzione particolare ai diritti delle donne, Rai Documentari dedica due prime serate speciali il 26 novembre e il 3 dicembre su Rai Tre con “Afghanistan”, una coproduzione internazionale proposta da Rai Documentari.

Un doppio appuntamento che guarda a sessant’anni di storia afgana attraverso gli occhi di coloro che erano : combattenti e civili, uomini e donne. I loro ricordi personali dell’epoca d’oro, dell’occupazione sovietica, della guerra civile, del regime talebano, dell’11 settembre e delle sue conseguenze aprono nuove prospettive sull’Afghanistan, il suo popolo e il suo destino.

In una selezione impareggiabile di filmati d’archivio, portati alla luce in Afghanistan, in Russia e nel mondo arabo, si snodano le storie di afghani, protagonisti diretti di questi anni, tra cui le prime due donne al governo in Afghanistan nella storia: Sima Samar, Ministro delle pari opportunità sotto Karzai e Shukria Barakzai, Membro dell’assemblea costituente. Anche attraverso le loro testimonianze, il documentario ripercorre la storia della condizione femminile in Afghanistan e le cause del mancato radicamento nel Paese delle idee democratiche di parità delle donne.

Le prime immagini del periodo monarchico nel 1919, sotto il re Amanullah Khan, raccontano di un paese moderno in stile occidentale mentre la regina Soraya, senza velo, si guadagnava la copertina del Time come paladina dei diritti delle donne. Negli anni ’60, l’Afghanistan era in pace e il re Mohammed Zahir Shah apriva il paese al mondo: dal documentario emerge una Kabul inedita, come una capitale europea con donne in minigonna, libere di vestirsi come volevano.

Eppure, sotto questa superficie, il paese era a un bivio: tra Islam e Comunismo, modernità e tradizione. Quando i comunisti presero il potere alla fine degli anni ’70, queste contraddizioni, imposero lo stato laico e con esso i diritti delle donne. Ma proprio quell’imposizione laica insieme al fatto che la popolazione rurale aveva sempre avuto l’Islam e la Sharia come punto di riferimento, fecero esplodere quella serie di guerre che non è ancora finita. La situazione delle donne precipita con la vittoria dei mujaheddin contro le truppe prima comuniste e poi dei talebani. Infine, l’intervento militare americano del 2001 quando George W. Bush trova nella campagna di liberazione delle donne un’ulteriore giustificazione per l’intervento militare.

Oggi, la comunità internazionale è a un bivio: come dialogare e fare in modo che le donne non debbano subire severe restrizioni dei diritti umani?

Il documentario, che annovera tra gli autori anche l’italiano Lucio Mollica, oltre a Mayte Carrasco e Marcel Mettelsiefen, è vincitore del Grimme Preis 2021, offre una completa analisi degli errori del passato e di come pensare un futuro diverso per l’Afghanistan. “Dopo aver visto questo documentario, nessuno potrà più dire di non aver capito ciò che è avvenuto in Afghanistan“, dichiara Duilio Giammaria, direttore di Rai Documentari.

La prima parte del documentario, “Afghanistan. Dalle minigonne di Kabul a Bin Laden”, in onda domani alle 21.25 su Rai Tre, è stata presentata oggi in anteprima presso la Casa del Cinema di Roma, seguita da un dibattito promosso da Rai Documentari e Doc/it, a cui hanno partecipato l’Ambasciatore Stefano Pontecorvo, alto rappresentante civile della NATO in Afghanistan, l’Ambasciatore dell’Afghanistan in Italia Khaled Zekriya, Luca Lo Presti, Presidente Fondazione Pangea Onlus, il Generale Mauro Del Vecchio, ex comandante Isaf a Kabul, l’Ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, già segretario generale ad interim della Nato, Pinangelo Marino, vice presidente dell’Associazione Documentaristi italiani e altri esperti e osservatori, tra cui alcune rappresentanti della rete solidale per l’Afghanistan “Donne per le donne”.