Dal Microbiota al Sistema Immunitario (parte II)

È veramente difficile raccontare di scienza e spiegare in termini pratici qualcosa che non può prescindere dalla terminologia scientifica, attingendo a fonti certe e tipiche della “riserva” di informazioni di cui la ricerca è piena, anzi stracolma e non sempre velocemente applicate nella pratica clinica. Ma tentar non nuoce.

Come avevamo accennato la scorsa volta l’interazione tra il microbiota e il sistema immunitario dell’ospite comincia fin dal momento della nascita, differenziandosi fin dai primi momenti in funzione della stessa modalità di parto e diversificandosi mano a mano in funzione della attività genetica del bambino e della attività epigenetica (fattori esterni anche ereditati, come è ormai noto).

Sono i primi anni di vita di un bambino quelli che determineranno un indirizzo corretto o meno alla miglior colonizzazione possibile e quindi all’adattamento e sviluppo del sistema immunitario. La maggiore o minore suscettibilità a una serie di disagi o di patologie per le quali può esistere una predittività genetica (non significa che verrà sviluppata automaticamente la patologia: intolleranza al glutine, Crohn’s disease, celiachia, risposta ad infezioni ricorrenti ed altri disagi immunitari non obbligatoriamente implicanti la risposta a livello gastrointestinale, come si accennava precedentemente) si forma in quel breve intervallo di tempo.

Due fattori importanti determineranno fin dall’inizio lo sviluppo del microbiota:

Variabilità genetica dell’ospite: è ormai noto come diversi meccanismi genetici entrino in gioco nella simbiosi ospite-batterio. La variabilità genetica fa si che esistano polimorfismi genetici che possono predisporre o meno alla formazione di un microbiota funzionale alle esigenze del bambino ed in generale dell’ospite (polimorfismi genetici come i geni FUT2 FUT6 TOMM40 KCNC4 IL10 CCL2 ZNRF3 VDR per accennarne soltanto alcuni).

Nascita e allattamento: il parto naturale e l’allattamento al seno favoriscono la diversità del microbiota verso Phyla batterici “utili”, mentre il parto cesareo e l’uso di antibiotici in particolare nei primi mesi di vita sembrano impoverirlo, … eppure resta una pratica comune. Il sistema gastrointestinale ha la maggior rappresentazione quali-quantitativa di tutto l’ospite, il che rende l’apparato digerente l’elemento fondante e fondamentale del legame microbiota-sistema immunitario.

Da chi è rappresentato il sistema immunitario? E perché e come ha un legame così forte con il microbiota e in particolare con quello intestinale?

Sistema immunitario innato (o aspecifico): è presente fin dalla nascita ed è la prima vera linea di difesa contro qualsiasi antigene “non self”, coadiuvando anche il sistema immunitario specifico. Serve ad “allarmare” la risposta immunitaria favorendo così la successiva risposta specifica.

Sistema immunitario adattativo (o indotto, o specifico): è quel sistema che si adatta continuamente in funzione dell’incontro con antigeni specifici. La risposta spesso è più lenta ma anche più potente essendo mirata. Risposta umorale e cellulare: l’immunità umorale è mediata dai linfociti B che una volta trasformatisi in plasmacellule secerneranno gli anticorpi. L’immunità cellulare o cellulo-mediata è rappresentata dai linfociti T che aggrediranno direttamente l’antigene.

La barriera intestinale è quel tessuto funzionale che tra tutti e fin dai primi istanti di vita sarà a contatto con diversi antigeni. La permeabilità intestinale serve da “filtro” a qualsiasi azione negativa possa arrivare dall’esterno (nutrienti, virus, batteri, farmaci, parassiti, …).

Il GALT (Tessuto Linfoide Associato all’Intestino – Gut Associated Lymphoid Tissue) è l’insieme di diversi componenti il sistema immunitario: linfociti T e B, plasmacellule, follicoli linfatici ed aggregati distribuiti in diverse aree dell’apparato digerente.

Circa il 70% delle cellule del sistema immunitario sono localizzate lungo tutto il tratto del digerente ed una serie di ricerche hanno contribuito a fornire sempre più informazioni rispetto all’importanza del microbiota intestinale ed alla corretta funzionalità del GALT: soggetti “germ free” (ovvero senza batteri) o con una scarsa rappresentazione di organismi batterici del microbiota avevano una alterata risposta rispetto alla produzione e agli effetti delle citochine (risposta infiammatoria), e una serie di modifiche citologiche delle cripte intestinali e dei villi, nonché una alterata risposta nella “tolleranza immunitaria orale”.

È ormai noto che il microbiota influenzi il GALT svolgendo una vera e propria azione difensiva di resistenza contro i patogeni che continuamente affluiscono nel nostro intestino e che possono diventare responsabili di una risposta infettiva e/o infiammatoria eclatante se il “sistema microbiota” è inadeguato.

I linfociti T helper esprimono la glicoproteina CD4 (cellule CD4+) che riconosce il complesso TRC-MHC di classe II (ovvero il complesso formato dal recettore dei linfociti T con il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di classe II (interviene nel “mostrare” al sistema immunitario gli antigeni provenienti dallo spazio extracellulare esterno, a differenza del MHC di classe I che si occupa dello spazio intracellulare). La glicoproteina CD4 è espressa anche su macrofagi, granulociti neutrofili e neuroni (non sono ancora chiare molte funzionalità fisiologiche di queste classi cellulari).

Le cellule CD4+ possono essere differenziate in più sottotipi ed in particolare i batteri sono responsabili di tale differenziazione: Th1 Th2 Th17 e Treg. Queste quattro sottopopolazioni linfocitarie sono in equilibrio tra loro e questo equilibrio è garantito in buona parte grazie al microbiota. Lo stesso sistema immunitario controlla e contiene lo sviluppo delle varie colonie batteriche a livello intestinale, grazie alla produzione di immunoglobuline di tipo A (IgA), che controllano l’eccessiva crescita della flora batterica intestinale, da parte di plasmacellule, attivate da cellule dendritiche, e localizzate nella parete intestinale.

Uno studio recente ha dimostrato la possibilità di alcune classi batteriche del microbiota di “legarsi” alle cellule intestinali con una struttura a forma di uncino per poi rilasciare alcune molecole che impediscono al sistema immunitario di aggredirli. È un gruppo di batteri chiamati “filamentosi segmentati” che interagissero con le cellule che formano il rivestimento dell’intestino. Gli antigeni rilasciati da questi batteri attivano solo in parte la risposta immunitaria non inducendo una vera e propria “difesa” immunitaria. Questa classe di batteri induce un aumento di cellule Th1 e Th17. In particolare è nota l’azione del Bacterium fragilis che stimola il rilascio di interleuchina 10 (IL-10) che ha una azione antinfiammatoria e di Treg e mantiene l’equilibrio tra le classi cellulari Th1 e Th2. Ovvero mantiene, tra i tanti, la eubiosi.

Cosa è la disbiosi. È la disregolazione dell’equilibrio del microbiota. La eubiosi (bella biosi) si esaurisce nel momento in cui il microbiota (per eccesso o per difetto quali-quantitativo) non può più interagire correttamente con la risposta immunitaria fino a far si che la regolazione del sistema immunitario perda in precisione tanto da interagire con l’ospite in maniera errata: p.e. autoimmunità o intolleranza o eccesso infiammatorio.

Si era accennato la scorsa volta alla produzione da parte del microbiota di SCFA (short chain fatty acids, acidi grassi a catena corta), questi in particolare sono utili nel migliorare la capacità dello stesso microbiota di influenzare la risposta delle cellule immunitarie killer CD8+ che perdono la capacità di dare origine a cellule della memoria in caso di disbiosi. Un aumento della produzione o della introduzione di SCFA restituisce alle cellule killer la possibilità di recuperare la funzionalità perduta.

Durante una disbiosi si ha una vera e propria disregolazione del sistema immunitario, nella produzione di interleuchine e di cellule della risposta immunitaria che possono essere pazientemente ripristinate anche con un complesso lavoro sul microbiota sia come corretta integrazione sia come corretto stile alimentare ed eventualmente valutando quali polimorfismi genetici (ovvero predittività genetiche) hanno potuto contribuire a una disregolazione dello stesso e quindi alle conseguenze a cui si è arrivati, se non irreversibili.

Abuso di antibiotici e di disinfettanti, una dieta non equilibrata, una vita ricca di elementi stressogeni, una scarsa o inadeguata attività fisica sono tra i principali responsabili, epigenetici, dello sbilanciamento del microbiota verso una over-riproduzione di batteri patogeni o che comunque possano interferire con i simbionti di gran lunga presenti nel nostro microbiota. Tale sbilanciamento rende di fatto il nostro sistema immunitario disregolato e conseguentemente ci rende vulnerabili non solo alla azione di antigeni presenti sui più comuni nutrienti ma ancor più ci rende vulnerabili alle azioni tossiche, infettive ed infiammatorie dei patogeni esterni che non troveranno un “filtro” ad attenderli.

È ormai noto come l’eccesso di sterilizzazione dell’ambiente fin dalla nascita del bambino abbia di fatto portato a un netto calo della diversità microbica: avevamo fatto riferimento la scorsa volta alla “richness” (il numero di specie del microbiota, almeno 1000 specie diverse quelle del microbiota intestinale) e la “evenness” (abbondanza relativa di specie all’interno del microbiota, ovvero la quantità di una singola specie che da sola può condizionare anche una sola funzionalità fisiologica dell’ospite).

L’aumento preoccupante di patologie infiammatorie croniche o su base autoimmune o di minor capacità di reagire alla aggressione di patogeni esterni (alimentari o batterici) è in buona parte correlato a tale eccesso di sterilità o quantomeno all’eccesso di “aggressione” ingiustificata verso ogni batterio presente in un ambiente o all’interno del corpo.

Fatti anche più recenti in merito all’eccesso di sterilizzazione degli ambienti e delle persone, sembra seguano un vecchio e superato filo conduttore (responsabile anche delle varie infezioni ospedaliere) come se le più recenti scoperte sul microbiota avessero insegnato poco (o nulla?) sul corretto rapporto tra il sistema immunitario e i diversi batteri componenti del complesso sistema microbiota. Una delle strategie del prossimo futuro (ci siamo già in realtà viste le recenti scoperte) è proprio una valutazione più attenta e corretta del microbiota ed in particolar modo del microbiota intestinale nonché uno studio più approfondito, nonché una sempre maggior correlazione alla clinica, dell’intenso e stretto rapporto tra il sistema immunitario e il microbiota.

In merito a ciò il prossimo “appuntamento” riguarderà proprio una serie di patologie croniche infiammatorie intestinale, anche su base autoimmune.

Dott Daniele Tedeschi – Dott.ssa Marika Iabichella Progetto Genobioma ™

Alcune fonti

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