Gli alchimisti non cercavano solo l’elisir di lunga vita… erano i primi scienziati della nostra civiltà.
Infatti sono da molti indicati come i precursori degli odierni scienziati. Fino al XVIII secolo l’alchimia fu considerata una vera e propria scienza.
La dottrina alchemica, in realtà, fondeva insieme elementi di religione, chimica, metallurgia, misticismo, astrologia ecc. e aveva come scopo primario quello di raggiungere tre obiettivi fondamentali: trovare un metodo per tramutare i metalli vili, come il piombo, in oro; creare l’elisir di lunga vita e conquistare l’onniscienza.
L’alchimista è per me una figura mitica: lo immagino come un vecchio saggio che, rinchiuso nel suo oscuro antro, illuminato solo da candele o lampade a petrolio, studia antichi testi ed esperimenta con i suoi alambicchi seguendo la strada dell’esoterismo.
L’antico alchimista è quasi un archetipo, una forza latente del nostro inconscio, sempre presente, che ci sprona alla ricerca pura.
È una forza titanica, che si manifesta in vario modo in alcuni di noi e ci spinge ad essere determinati a perseguire l’impossibile, anche a costo della vita.
Si potrebbe dire che questa forza nasce dalla paura della morte e forse in parte è vero.
Con gli anni ho colto altri aspetti ben più pregnanti di questo archetipo, esso ha una valenza molto più profonda, ma per coglierla è necessario rimuovere, esorcizzare completamente ogni paura dalla nostra mente.
Quando la paura svanisce resta solo lo spirito originario dell’uomo che cerca.
Questa ricerca costante ed inesorabile non deve avere confini, si purifica e si rinforza giorno dopo giorno, rivelando nuove prospettive, distruggendo certezze ineffabili, valicando confini un tempo ritenuti inarrivabili.
Uno stillicidio costante che può dissolvere ostacoli granitici.
Cerchiamo l’eternità?
Non più. da molto tempo Il nostro sguardo è rivolto altrove.
Alcuni invece sono rimasti indietro, fissati su questo limite, vincolati e soggiogati da fatue ossessioni, irretiti da sogni tecnologici sterili, sogni che li hanno distolti da ogni centratura, privandoli della vista di ciò che realmente conta, condannandoli ad un eterno vagare privo di qualità.
Jeff Bezos, il plurimiliardario proprietario di Amazon, è solo uno dei tanti, forse il più ricco e potente, che spera di dare un senso alla propria esistenza condannandola alla non morte, ammesso che ci riesca. Questi alchimisti moderni, limitati dalla nebbia della paura, sono solo eterni adolescenti, incapaci di cogliere la sostanza più pura dell’essere.
Gli attuali alchimisti sono i cosiddetti biohackers, termine mutuato dal mondo cibernetico, l’hacker appunto, figura di appassionato molto fraintesa e spesso ingiustamente denigrata.
Se applico la stessa filosofia hacker al mio corpo, se inizio a ricercare ed ad operare sulla mia salute studiando gli effetti di farmaci, integratori ed altre pratiche, divengo un biohacker, hacker del mondo biologico.
Un medico di solito non è biohacker se si attiene a protocolli di cura, ma se invece sperimenta, se fa vera ricerca anche a costo di superare i canoni dettati dalle norme, diventa un vero biohacker.
Personalmente preferisco questi medici, perché operano conoscendo realmente i loro pazienti: non semplici burocrati, scrivani della mutua, ma coraggiosi ricercatori del bene dei loro assistiti.
Di fatto anche ciascuno di noi può essere a sua volta biohacker di se stesso… Io stesso mi ritengo un biohacker.
Tutti gli esperimenti che svolgo, tutte le pratiche di cui mi avvalgo, tra cui lo yoga, sono finalizzate a migliorare la mia salute e la lucidità della mente.
A differenza di Bezos ed altri suoi colleghi biohacker, ricorro solo a strumenti etici, strumenti messi a disposizione dalla natura e che trovo facilmente a costo quasi nullo.
Biohacking etico
Evito medicinali o prodotti di sintesi.
A casa mia non esistono farmaci, a differenza di altri biohacker non etici, nel mio corpo non entrano presidi medici brevettati.
Esattamente come nel mondo dell’informatica, accetto solo tecnologie libere, open source, conosciute, condivisibili e controllabili.
A proposito… esiste già una medicina open source, priva di brevetti, ma nessuno ve lo viene a dire. E forse molti medici non lo sanno neppure.
Perciò l’armadietto dei medicinali di casa mia rimarrà vuoto per lungo tempo ancora e il farmacista mi vedrà molto raramente.
Il biohacking è un insieme di pratiche salutistiche che operano a livello psichico, fisico e persino sull’espressione genica, quindi indirettamente sui processi di decadimento e sull’invecchiamento del corpo e della mente.
Grazie agli studi epigenetici apprendiamo che il concetto secondo il quale il nostro DNA rappresenti un codice fisso e immutabile viene ora considerato scientificamente antiquato.
Quello che siamo arrivati a comprendere è che il nostro codice genetico è in realtà molto dinamico. Gli stessi geni che si ritenevano serrati in una teca di vetro sono ora visti in continuo mutare in risposta a innumerevoli influenze ambientali.
La ricerca epigenetica svela che le nostre scelte relative al modo di vivere – il cibo che mangiamo, gli integratori che prendiamo, l’esercizio fisico che facciamo e perfino il contenuto emotivo delle nostre esperienze quotidiane – sono elementi coinvolti nell’orchestrazione delle reazioni chimiche che attivano o disattivano parti del nostro genoma.
Si potranno quindi codificare esiti pericolosi per la salute spianando la strada a una patologia o creare un ambiente interno favorevole alla longevità e alla resistenza alle malattie.
Con la pratica si riesce a vivere in modo più consapevole, con mente lucida ed attiva, con un corpo flessibile, scattante e snello, privo di acciacchi, insensibile alle patologie e alle infezioni, capace di mantenersi tale per un lunghissimo periodo della nostra vita.
L’obiettivo del biohacking etico dunque non è la lunga vita, ma la qualità e l’intensità stessa dell’esistenza.
Il tutto senza l’utilizzo di alcun farmaco.
La bella notizia è che chiunque abbia una salute discreta, non compromessa dall’età troppo avanzata o dai farmaci, può intraprendere la via del biohacking etico.
Ne riparleremo, promesso!
HGD