Integratori alimentari a base di iodio: è utile farne scorta?
In questi giorni di sbigottimento, in cui ci sembra di rivivere vicende che credevamo sepolte con il secolo passato, le farmacie italiane si sono trovate a rispondere due tipi di richiesta: la prima, l’acquisto di medicinali, dispositivi e alimenti da spedire alla popolazione colpita dal conflitto – motivo questo di orgoglio perché noi italiani abbiamo mille difetti ma, quando c’è bisogno, sappiamo essere generosi –; la seconda, la corsa all’accaparramento di integratori alimentari a base di iodio.
Quali integratori e quanto iodio debbano contenere, non è lecito chiedere al banco.
Questo si è verificato in modo eclatante dopo l’attacco russo alla centrale nucleare ucraina, con lo spettro del disastro di Chernobyl ancora vivido nella nostra memoria.
È utile? Ha senso iniziare ad assumere iodio nella malaugurata ipotesi di un evento del genere?
Cerchiamo di fare chiarezza.
Lo iodio elementare si trova in piccole quantità nelle acque marine e in abbondanza, come sale sodico, in alcuni depositi salini. Il suo ruolo principale nell’organismo umano è svolto a livello della tiroide, dove partecipa alla sintesi di due ormoni, la triiodiotironina (T3) e la tiroxina (T4), che intervengono nello sviluppo del sistema nervoso centrale e nei processi di accrescimento (gravidanza e infanzia) e poi, nella vita adulta, nel mantenimento dell’equilibrio metabolico.
Esistono diverse patologie che colpiscono la tiroide e che derivano da un apporto non adeguato di iodio, tra cui il gozzo endemico, motivo per il quale l’OMS consiglia per un individuo adulto un apporto giornaliero di in 150 mcg di iodio, da assumersi tramite l’alimentazione. Il problema è che la quantità di iodio contenuta negli alimenti di consumo abituale è generalmente insufficiente: lo troviamo nel pesce di mare, nei crostacei, nei molluschi e nei prodotti caseari, mentre è molto scarso nelle verdure e nella frutta, per questo si ricorre all’integrazione con sale iodato o integratori alimentari a basso dosaggio di iodio.
Nel nostro Paese il sale iodato è fortificato con 30 mg di iodio per chilo di sale; un consumo equilibrato di sale assicura la corretta quantità di iodio.
Questo è quello che si fa in situazioni normali.
In caso di esposizione a radiazioni con isotopi dello iodio, come a seguito di un incidente nucleare, le persone che vivono entro i 200 km dalla centrale vengono sottoposte a iodoprofilassi. Secondo quanto riportato nel sito dell’ISS, durante un incidente nucleare, lo iodio radioattivo (isotopi 131, 132 e 133) può essere rilasciato contaminando l’ambiente (esposizione esterna). L’inalazione di aria contaminata e l’ingestione di cibo e acqua potabile contaminati (esposizione interna) provocano l’assorbimento di iodio radioattivo, principalmente da parte della tiroide, con la conseguenza che questa utilizza lo iodio per produrre ormoni tiroidei, non distinguendo tra iodio radioattivo e iodio stabile.
La iodoprofilassi consiste nella somministrazione di iodio stabile (non radioattivo) in modo che la tiroide si saturi e venga impedita la captazione dello iodio radioattivo (inibizione dell’esposizione interna). È evidente che questo non abbia niente a che a vedere con l’assunzione di sale iodato o integratori che servono a sopperire un’eventuale carenza alimentare.
Se mai dovesse verificarsi una simile evenienza, verrebbero somministrati farmaci, non integratori, a base di iodio, ovvero prepararti a concentrazione di iodio molto elevate, e verrebbe attivato un protocollo per cui questi sarebbero distribuiti dalla Protezione civile e dalle Regioni e indicata la modalità precisa della somministrazione, che, per risultare efficace, va fatta in un certo intervallo di tempo rispetto al rischio di contaminazione.
Secondo il nuovo Piano per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, la misura della iodoprofilassi è prevista per le classi di età 0-17 anni, 18-40 anni e per le donne in stato di gravidanza e allattamento. È il Ministro della Salute a decidere l’eventuale attivazione delle procedure per la distribuzione di iodio stabile nelle aree interessate.
Per questo motivo, la corsa agli integratori a base di iodio in questo momento è innanzitutto inutile e inoltre il sovraccarico rischia di compromettere la corretta funzionalità della tiroide.
Come sempre e ora più che mai #prendetevicuradivoi
Dr.ssa Claudia Cocuzza
Riferimenti bibliografici:
EpiCentro – L’epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità