Cardiochirurghi, Urologi e Anestesisti pianificano ed eseguono un intervento multiplo combinato che in letteratura non ha precedenti, una prima mondiale.
Programmata a tavolino l’esecuzione di due differenti interventi chirurgici in due diversi tempi a distanza di soli sei giorni l’uno dall’altro:
- Asportazione del tumore renale con chirurgia robotica con impianto di ECMO artero-venoso per sostenere il cuore durante l’intervento urologico.
- Impianto di un ventricolo artificiale (L-VAD) con innovativa tecnica micro-invasiva per ridurre al minimo le stigmate dell’intervento al paziente sottoposto alla chirurgia urologica 6 gg. prima.
Un signore di 70 anni con un quadro di insufficienza cardiaca grave, è stato ricoverato recentemente nella Cardiochirurgia del Centro Gallucci, direttore Prof. Gino Gerosa, per un severo peggioramento del quadro clinico. Da dieci anni era in cura per grave scompenso cardiaco.
I clinici hanno valutato l’ipotesi di un trapianto cardiaco o di un impianto di assistenza ventricolare sinistra VAD. Dopo una TAC gli è stata riscontrata una massa tumorale nel rene destro.
Immediatamente il caso veniva discusso in un team multidisciplinare dove radiologi, urologi, cardiochirurghi e anestesisti si sono confrontati per definire l’approccio terapeutico ottimale.
Il tumore renale doveva essere asportato il prima possibile per evitare disseminazioni metastatiche ma allo stesso tempo la grave insufficienza cardiaca rendeva l’intervento urologico proibitivo per l’altissimo rischio di mortalità.
Inoltre la scoperta della neoplasia ha escluso l’opzione trapiantologica in quanto il tumore rappresenta una controindicazione assoluta per il rischio di diffusione che la terapia immunosoppressiva richiesta dal trapianto determina. L’unica opzione terapeutica salvavita per il paziente rimasta era l’impianto di un VAD per risolvere la grave patologia cardiaca.
LA COMPLICANZA NELL’INTERVENIRE
Il paziente, in pericolo di vita, non avrebbe potuto avere il VAD se non si fosse risolto prima il problema neoplastico urologico che però non poteva essere eseguito data la sua gravità cardiaca. I cardiochirurghi hanno così impiantato l’Ecmo (sistema di assistenza meccanica al circolo) che ha supportato il cuore permettendo prima di tutto l’intervento urologico robotico; dopodichè si è intervenuti sul cuore impiantando il VAD.
COMINCIA L’ITER CHIRURGICO
Il paziente dopo la preparazione anestesiologica e l’induzione dell’anestesia generale, è stato sottoposto da parte dei cardiochirurghi all’impianto dell’ECMO artero-venoso. L’equipe clinica di cardiochirurghi e personale altamente specializzato, ha effettuato l’impianto dell’ECMO con una piccola incisione di 5 cm a livello dell’inguine con la collaborazione dei perfusionisti per la preparazione ed il collegamento del circuito alle cannule e l’avvio del sistema.
La procedura è stata eseguita senza complicanze e il paziente, nonostante la sua grave cardiopatia, è rimasto sempre stabile grazie al supporto meccanico dell’ECMO.
Dopo i cardiochirurghi, che entrano in scena da subito, gli urologi cominciano il delicatissimo primo intervento al rene neoplastico con l’ausilio del robot. In fase iniziale, è stata posizionata l’ottica, sistema di visione intracavitario e simultaneamente le braccia del robot, manovrate dal chirurgo prof. Fabrizio Dal Moro alla consolle del robot, coadiuvato da un secondo chirurgo Dott. Nicola Zanovello al tavolo operatorio. Dopo aver isolato il rene dagli organi circostanti e liberato dal grasso della loggia renale si procedeva alla enucleazione del tumore risparmiando la parte di rene sano. Inoltre la tecnica di asportazione del tumore senza necessità di chiusura dei vasi renali ha ridotto drasticamente il rischio di danno ischemico dell’organo.
Nel primo intervento di nefrectomia parziale laparoscopica Robot assistita che si è tenuto presso l’Urologia dell’Azienda Ospedale Università di Padova direttore Prof. Fabrizio Dal Moro, si sono avvicendati in staffetta anestesisti, cardiochirurghi e urologi assistiti da infermieri e perfusionisti.
L’intervento, iniziato alle ore 9.40, si è protratto per circa 4 ore. L’equipe era composta da dieci professionisti. Urologi: Dott. Fabrizio Dal Moro, Dott. Nicola Zanovello, Dott. Federico Goffo, Dott. Francesco Celso; cardiochirurghi: Dott. Vincenzo Tarzia, Dott. Matteo Micciolo, Dott.ssa Emma Bergonzoni; anestesista: Dott.ssa Paola Pavarin; infermiere strumentista: Nicoletta Baldan; infermiere di sala: Michela Ghiraldin.
L’approccio robotico ha offerto numerosi vantaggi:
- Visione tridimensionale magnificata con ingrandimento di 10 volte
- Eliminazione del tremore della mano umana
- Ridotte perdite ematiche
- Minor danno al tessuto renale e quindi minor rischio di insufficienza renale
- Minore incisione chirurgica e quindi minore dolore e migliore ripresa post operatoria
- Possibilità di articolare i movimenti e quindi maggior precisione chirurgica nelle escissioni e nelle suture rispetto alla laparoscopia
Dopo l’intervento il paziente è stato trasferito presso la Terapia Intensiva Post-Operatoria della Cardiochirurgia sempre supportato dal sistema ECMO nell’attesa di eseguire l’intervento definitivo, di L-VAD, alternativo al trapianto cardiaco. Il decorso post-operatorio è stato regolare senza evidenza di sanguinamento con risveglio ed estubazione in poche ore.
Il secondo intervento di impianto di L-VAD è stato eseguito a distanza di 6 giorni dai cardiochirurghi diretti dal Prof. Gino Gerosa, con primo operatore dott. Vincenzo Tarzia e con il supporto dei cardioanestesisti assistiti da perfusionisti e infermieri. Quindici i professionisti coinvolti, i cardiochirurghi Dott. Vincenzo Tarzia, Dott. Matteo Micciolo, Dott.ssa Olimpia Bifulco; i cardioanestesisti Dott. Leone Pasini, Dott. Edoardo Rosellini, Dott. Francesco Volpe; i perfusionisti Filomena Verde, Dania Gaburro; gli infermieri Veronica Sinigallia, Michela Senatore, Giuseppe Pellegrino, Marco Cameran, Valentina Cecchinato, Iuliana Cristina Stoian. L’intervento, durato 8 ore, è iniziato alle ore 10.15 e si è concluso alle 18.10.
È stato eseguito con un’innovativa tecnica micro-invasiva che ha evitato la riapertura dello sterno in un paziente già operato, riducendo al minimo il rischio di mortalità, di sanguinamento post-operatorio e di traumatismo chirurgico. L’impianto eseguito a cuore battente è stato effettuato attraverso due piccole incisioni di 6 cm, una sottoclaveare per l’anastomosi della protesi vascolare del VAD, e l’altra attraverso una minitoracotomia anteriore sinistra per il posizionamento della pompa. L’innovazione è stata possibile grazie allo sviluppo tecnologico di VAD di terza generazione sempre più piccoli e sempre più miniaturizzati che hanno permesso lo sviluppo di una nuova tecnica chirurgica unica nel suo genere.
LA NOVITÀ
La novità in questo intervento è stata che, l’unico accesso al cuore, è avvenuto attraverso due piccoli tagli nella parte sinistra del torace, all’altezza della costola e sotto la clavicola sinistra. Questo ha consentito l’esposizione solo di una piccola parte di muscolo cardiaco evitando la completa apertura del pericardio e di altre strutture limitrofe. Inoltre con un drenaggio toracico di 20 cm dall’esterno si è potuta far passare la protesi vascolare VAD come in un tunnel plastificato che è stata attaccata invece che all’aorta, all’arteria succlavia sinistra (sotto la clavicola).
Quest’innovativa tecnica, realizzata completamente al di fuori del torace, ha consentito di evitare completamente traumatismi toracici, l’apertura della pleura e il rischio di sanguinamento intratoracico.
L’innovativo approccio combinato grazie al contributo tecnologico che unisce la tecnologia dei dispositivi di supporto meccanico al circolo (ECMO e VAD) alla chirurgia robotica, ha permesso di risolvere una situazione di alta complessità che, unita all’elevata professionalità, ha consentito di dare una risposta terapeutica salvavita al paziente e di trattarlo con successo.
L’eccezionale intervento multiplo, combinato, è avvenuto alcune settimane fa; il paziente, dimesso in buon compenso generale, sta ora riprendendo l’attività motoria.