Come ho già avuto modo di raccontarvi, abito in un luogo che chiamo romanticamente The Waste Lands.
Diciamo che è un paese che sta allo stimolo creativo come un diabetico sta alla meringata (la battuta purtroppo non è mia), ma non tutto il male viene per nuocere, visto che più mi fermo in questo posto, più scopro cose interessanti.
Questo è il caso di Pier e della sua Osteria Craste.
Immaginatevi un luogo incantato in mezzo al deserto, con dentro tanti specchi antichi e due pianoforti verticali. Questo vi dà solo una piccola idea del Craste, perché il resto lo fa Pier, 26 anni, con la sua passione per le materie prime e la sua energia. Voglio fare qualche domanda a questo giovane oste.
Cosa spinge un uomo giovane come te a intraprendere un lavoro così impegnativo?
Innanzitutto sono stato un po’ “costretto” dal fatto che sono entrato in un’azienda di famiglia da cinque generazioni, quindi mi son fatto la gavetta e poi ho deciso di intraprendere questo lavoro.
Non hai mai pensato di mollare tutto e diventare, che so, architetto, avvocato, medico, ingegnere… oppure barman all’estero?
All’inizio, quando ero in terza media e c’era la scelta della scuola, il mio sogno era fare il meccanico perché ero appassionato di scooter, motorini: avevo due motocross, go kart, moto da trial… però sono stato costretto nella visione del mio futuro sia da mio padre sia da mia madre, perché c’era questa possibilità di avere un posto tutto mio.
Ho sentito l’obbligo di aiutare la mia famiglia e così è stato.
Di fatto i primi tre anni a scuola sono stati molto duri. Ho perso un anno, mi sono ritirato perché non volevo questo mestiere e dopo ho avuto delle batoste dalla vita che mi hanno fatto capire che avevo il cervello un po’ per aria. Dopo ho fatto altri due stage ed è iniziato a piacermi il lavoro da cuoco. Sono stato in cucina vari anni. Quando è stata l’ora di intraprendere questo mestiere avevo già fatto sei anni là dentro.
Penso che sia il peggior posto dove lavorare.
Tuttavia è arrivata la possibilità di stare al banco e mi sono appassionato a tutto il mondo dei vini, degli spirits… difatti adesso mi trovo in sala.
Comunque sia chiaro che sto anche in cucina: la prima linea la faccio anch’io, ma con i miei spazi e con la mia gestione.
Ti dirò ciò che penso: per fare un lavoro in cucina o sei un alcolizzato o sei un drogato o sei un pazzo.
Questa è la verità.
Arrivi a fare 16, 17 ore, sempre con le stesse persone, o è una litigata continua o sono tutti fatti oppure se la devono mettere via.
Il fatto è che la sala te la giochi sul bar; il servizio arriva alle sette, otto, hai la tua linea, sei tranquillo, invece quello che è in cucina dalle sette fino alle tre, si riposa un’ora e poi riparte, è da panico.
Quanto conta al giorno d’oggi per il tuo mestiere la preparazione tecnica sulle materie prime?
Secondo me è essenziale in base al tipo di lavoro e al tipo di identità che vuoi dare al tuo locale.
È il mio metodo: lavorare con materie prime sempre fresche e ricercare quelle “chicche” che non trovi in altri locali, diciamo “da batteria”; son pochissimi i posti (io ne trovo sempre meno) che lavorano bene… magari lavorano bene in sala ma in cucina lavorano male o viceversa.
Per star dietro a tutto questo devi essere sempre sotto con gli articoli, le degustazioni, le mostre, con tutte le cose che ti servono per acquisire nuove materie prime. Comunque la ritengo una cosa essenziale: anche se la clientela non è “del settore” e non capisce la qualità, la percepisce lo stesso, magari in base a come espongo, a come vendo o a come è preparata. Se le materie prime sono superiori, appena appoggi la bocca è ovvio che si senta che sono eccellenti.
Quindi ti rechi anche in loco a provare le cose che senti che ti convincono?
Tutti i lunedì e, quando sono di riposo, anche la domenica. Per il settore del vino, i mesi tra febbraio e aprile e i mesi di ottobre e novembre sono quelli in cui ci sono tutte le varie presentazioni e degustazioni.
Sono i mesi clou. Quindi io so che in questi mesi sono invitato nel mio giorno libero, e magari mi prendo anche il martedì. Sono stato invitato anche a un prosciuttificio artigianale che secondo me produce uno dei migliori prosciutti cotti nei dintorni.
Sono sempre impegnato alla ricerca di prodotti nuovi, a visitare le aziende che espongono un prodotto nuovo, un vino nuovo, una nuova cuvée.
Devo starci sempre sotto, non è come andare a lavorare sei ore e poi staccare: magari prima di andare a dormire guardo in rete, seguo dei ristoratori un po’ più quotati di me e quindi “rubo con l’occhio” qualche ricetta, qualche vino, qualche spunto, tipo oggi mi sono ordinato le “spugne” che sono un tipo di funghetto che solo adesso è in stagione, ma che è buonissimo, costa una follia, 30 euro al chilo, è piccolissimo, non lo conoscevo, ho preso spunto dalla stories di un cuoco e adesso provo a riproporre la ricetta.
Se vuoi fare bene questo mestiere, non sei mai libero… e quando lo sono dalla parte “sul campo”, ho il commercialista, i pagamenti.
Devi organizzarti schematicamente altrimenti ti perdi.
Secondo me non si tratta di un lavoro per tutti: se uno è “di mente normale” non riesce a farlo per tutta la vita, perché va via di testa.
Poi magari hai i tuoi premi, le tue soddisfazioni, ma lavori per pagare le tasse.
Inoltre tieni conto che dobbiamo anche rilassarci ogni tanto e quindi magari quei pochi giorni all’anno che sei a casa, i soldi che guadagni te li spendi come una persona qualunque: quando il sabato e la domenica io sono a casa e non c’è nulla da fare vado a mangiare fuori e quindi…
… quindi ti senti come se fossi al lavoro!
Esatto, perché spulci i piatti, guardi le carte… e finisce che ordini un cocktail che volevi proporre!
Entrando al Craste si vede subito l’impronta della tua passione per questo luogo. Rimarrai qua a lungo oppure la tua professionalità ti porterà in altri luoghi?
In realtà la mia impronta è più sul mondo del vino, dei cocktail. Se dobbiamo guardarla su un’impronta estetica, mi piace il vintage, compro parecchio, però non so assemblarlo, quindi ho la mano di mia zia che mi ha preparato tutto ciò che vedi.
La mia idea è di “far andare la macchina”.
Siamo ancora in alto mare, però sta già andando da sola, pian pianino. Mi piacerebbe farla ruotare da sola, trovare delle persone all’altezza, cercarle qua e là, rimanendo sempre presente. Poi chissà la vita cosa mi proporrà, magari un’esperienza all’estero, magari un amico che ha soldi da spendere e aprire un altro Craste all’estero.
Se avessi l’occasione, lo farei. In ogni caso non mi pongo dei limiti. Di certo, se non mi fido delle persone dentro alla macchina, non la mollerò mai. Però se la cosa va e vedo che non c’è bisogno che io sia sempre presente, o magari devo solo occuparmi degli ordini perché ho trovato una persona all’altezza sia per il banco sia per la cucina, potrei dire okay, provo a investire il mio tempo per aprire un’altra cosa, magari con un investitore… è un mondo complicato.
Questo articolo è dedicato a tutti quelli che pensano (sbagliando) che i giovani non abbiano voglia di fare nulla. C’è gente che si impegna, uscite dai vostri pregiudizi e andate a farvi una chiacchierata con Pier!
Anna Castelli