I talent sono quasi tutti miei, meno per le esibizioni, molto di più per le storie che ci sono dietro al coraggio e alla beata incoscienza di salire su un palco e dire “ci sono anch’io”.
Per il rischio, la voglia di mettersi in gioco, ma soprattutto, dimostrare a se stessi che, pur non avendo “sfondato”, l’anima c’è.
Talent è ogni cosa, però. È il cantante ma è anche l’artigiano, è il contadino e il prestidigitatore, è il comico e il cantante, il ballerino e il dipintore. Lo scrittore.
Siamo talento puro, tutti.
Spesso lo dimentichiamo. Spesso la paura di non essere abbastanza ci impedisce di osare. Così ammiriamo il coraggio degli altri, pensando di non essere all’altezza. A volte ce lo dicono anche, che siamo troppo poco. Un amico che stimo molto, mi ha insegnato che le persone si rivolgono a noi come fossimo uno specchio. Se guardate la questione da questa prospettiva, cambia tutto. Dice anche che quanto ti puntano il dito contro, in realtà ne stanno puntando quattro contro se stessi.
Lungi dall’essere anglofona, ho comunque una passione per i talent d’Oltremanica e oltre oceano. Quantomeno all’apparenza, c’è più sentimento e meno giochi dietro le quinte. O forse no, ma non è questo il punto.
Il punto è guardare negli occhi l’emozione, condividerla attraverso uno schermo, ascoltare note incredibili e storie di fallimenti e rinascite. È cibarsi del talento altrui, avidamente, perché è un dono che fa bene anche a noi.
Se avete notato, dietro a ogni concorrente che emerge, c’è una sana dose di sfiga. Sono convinta che chi ha sofferto possieda una marcia in più, perché ha imparato a guardare il mondo con occhi diversi, ha una sensibilità che arriva dalla “battaglia”, sia con se stesso, sia con gli altri. Se si riesce ad abbandonare la rabbia, si scopre che nella sfiga dimorano l’empatia, l’amore per il prossimo, la voglia di cercare di non fare agli altri quello che non vorresti avessero fatto a te.
È a quel punto che, irrimediabilmente, mi scappa la lacrima. Non che ci voglia molto, sia chiaro. Mia figlia ogni tanto mi ricorda il pianto al cinema alla morte di Diego, la tigre dell’Era Glaciale (a saperlo che non era così, mi sarei risparmiata almeno una “figuretta” delle mie).
Ma la lacrima arriva a ogni vittoria sportiva, quando leggi la fatica negli occhi, la concentrazione, quei pochi minuti o poche ore in cui tutto può cambiare. E capire che hai vinto su te stesso, prima che con chiunque altro.
Questa, per me, è la vita. Cadi e ti rialzi, provi, fallisci, riprovi. A volte ce la fai, a volte no. Ma infili nello zainetto che hai sulle spalle una nuova esperienza. Che, quando meno te l’aspetti, servirà. Garantito.
L’arte, la musica, il cinema e il teatro, la danza, lo sport. La Cultura. Nella “corsa alla roba”, accumulatori seriali di oggetti, sembra quasi che queste voci siano per pochi eletti, gli intellettuali. Detto spesso e volentieri anche a spregio.
Eppure è lì che si nasconde la rinascita. Guardatevi intorno. Viviamo circondati dalle opere d’arte della Natura e dell’Uomo, ma le diamo spesso per scontate. Senza contare che la prima opera d’arte siamo proprio noi. È il miglior contagio che possiate augurare a voi stessi. Aiuta a vivere, a respirare, ad amare.
A tutte le persone che hanno rischiato e continuano a rischiare, regalando tempo agli altri con le parole del cuore, che leggete ogni settimana tra queste pagine. A chi ci ha scelti e trascorre del tempo tra le nostre vite e le nostre emozioni, donando il suo tempo ad “ascoltare”, riflettere, scoprire e ridere. Che fa solo bene.
Il mio Golden Buzzer è per tutti voi.
Grazie.
cricol