Oggi la giornata è iniziata con una sensazione strana. Quella sensazione di indefinito che solo alcune giornate portano con sé. Non so se vi capita mai di aver voglia di qualcosa, ma non sapete bene cosa, avete voglia di fare, ma non sapete cosa vi stia chiamando.
Ecco. Esattamente questa sensazione qui mi ha portata fuori casa stamattina.
“Forse due passi, un cappuccino fuori mi schiariranno le idee, se non altro sgranchisco le gambe di prima mattina e inizio la giornata con un altro ritmo”
Così infilo sciarpa e cappotto e mi dirigo verso la pasticceria di fiducia.
“Prendiamoci questo cappuccino e vediamo se si cambia marcia.”
Quasi quasi prendo un panino al panificio e poi torno a casa. Al solo pensiero mi si è aperto lo stomaco. Che fame! Vada per il panino, magari con un po’ di companatico.
Mi dirigo allora verso una piccola bottega di quartiere che ha riaperto da poco sotto una nuova gestione.
È una di quelle botteghe tirate su come una volta, madre e figlio che si aiutano e compensano a vicenda il lavoro dividendosi le comande e i mestieri da fare.
Guardo da fuori, 5 persone, la voglia di quel pane fresco è troppo grande per abbandonare la missione, entro lo stesso. Rispetto all’ultima volta hanno cambiato la disposizione delle cose e hanno messo un tavolo espositivo con una bellissima panchina di attesa davanti al bancone gastronomia.
L’età media delle signore in fila infatti si attesta intorno ai 70-75 anni se tutto va bene. E tenendo conto che io abbasso un poco la media… Una panchina per l’attesa ci sta.
Sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando ci si trovava casualmente, tutti i giorni alla stessa ora, in panificio e ci si raccontava quello che era successo i giorni prima. E così mi siedo accanto alla signora sulla panchina, ad aspettare e a sorridere.
Due delle signore che vengono servite si intrecciano con quelle che fanno comunella tra loro, tra una battuta e una chiacchiera, complice la titolare del negozio, si creano un misto di battute e risa stupende.
Noi sedute sulla panchina abbiamo una faccia tra il rapito, dai movimenti dietro il banco del titolare figlio che affetta e si muove in armonia e gentilezza in tutto con quel fare delicato per non rompere nulla che poi si riutilizza tutto, e un sorriso di complicità con tutte le risate della combriccola.
E il tempo si ferma, non importa se 5 o 3 persone sono ancora avanti, tocca a me, o tocca a te? Non importa.
Si sta bene. È un piccolo negozio di quartiere che si prende cura di chi ha dimenticato quelle due cose, o che se le dimentica proprio per ritrovarsi in quella convivialità che solo il piccolo negozio dietro l’angolo ti sa dare.
È un negozio di quartiere che si prende cura delle persone coccolandole, facendole sentire a casa, diventando un luogo di ritrovo, di incontro per una comunità, prendendo per mano soprattutto quelli che di solito non hanno chi li sostiene.
Così, entrare in questa bottega familiare è come entrare in una bottega del tempo dove tutto si dilata, il cuore, il sorriso, ed ogni attimo è convissuto, tutto il resto non ha importanza, basta essere insieme.
Alessandra Collodel