La cucina e il cibo, per me, sono molto legati al senso di famiglia, allo stare in compagnia con gli amici, all’amore più in generale. Per questo aspettatevi ogni tanto dei post strappa lacrime legati a ricordi, momenti, che sono miei, saranno vostri, e lo sono già sicuramente prima di leggerli “vostri”, perché tutti, chi più e chi meno, ha vissuto dei momenti così, legati alle persone care e al cibo.
Perché il cibo è unione, è espressione, si cucina per mangiare, per stare insieme, per fare una sorpresa a qualcuno, per prendersi cura di sé o di altri.
Il cibo è una parte di vita importante per un italiano, perché non solo è un bisogno, ma è un piacere. E in quanto piacere lo si sviluppa, lo si accompagna ogni giorno attraverso noi stessi. Ce ne prendiamo cura, perché aiuta a farci prendere cura.
Ed è per questo che al cibo son sempre legati ricordi belli, di persone o di momenti.
Perché è un piacere attraverso il quale viviamo le amicizie, la famiglia, tutte le persone che ci stanno attorno e con cui condividiamo questi momenti.
Le ore passate a preparare un piatto che poi finisce in dieci minuti son la più grande soddisfazione in cucina, per il semplice fatto che quei dieci minuti sono condivisi, che quelle ore sono state remunerate dai sorrisi, dal silenzio religioso che hanno avuto i commensali mentre lo mangiavano, lo gustavano.
Un semplice “buono!”, “mi ricorda il piatto che mi faceva sempre mia nonna”, “ma cos’è questo sapore? Cosa ci hai messo?” racconta parti di noi in maniera inaspettata e sorprendente. Ma non solo noi inteso come noi stessi, ma inteso come noi “comunità”.
Eh si, perché la condivisione di un piatto racconta molto di noi tutti, i ricordi che riemergono con un sapore, quel gesto fatto per versare il vino nel bicchiere, il piatto rotto mentre si raccoglievano i piatti vuoti, son tutti gesti che abbiamo vissuto tutti almeno una volta nella vita, e che per ognuno hanno un valore, un aspetto, un sapore diverso in base alle esperienze personali.
È forse per questo che il cibo non è soltanto un bisogno. Ma anche una necessità sociale.
Ci rende accomunati tutti da quell’esperienza, da quei sapori, da quella forchettata, ma ci permette di esprimere noi stessi diversamente, per le storie che racconta in ognuno di noi in maniera diversa.
Un piatto di pasta al pomodoro, per esempio, può essere una banalità per alcuni; per altri può essere il ricordo delle domeniche dai nonni, che, per sfamare quattro figli, relative mogli e altrettanti nipotini, e non potendo accontentare i gusti di ognuno, andava nel piatto che piaceva a tutti. Il pomodoro, ripassato un attimo in padella con un pezzetto di burro, giusto quel poco che serviva a dargli un sapore più corposo, e con due tre foglie di basilico preso dall’orto per farlo assaporare con un po’ di freschezza.
E allora ognuno ha un’esperienza culinaria diversa con lo stesso piatto.
Un piatto che non sarà mai lo stesso. Per quanto possiate seguire una ricetta, non sarà mai la stessa, perché in quella replica ci metterete sempre qualcosa di voi.
Anche se userete gli stessi 100gr di farina, 200gr di zucchero e 3 uova, la torta sarà diversa in base al momento, agli ingredienti stessi e alla cura con la quale la preparerete.
Sarà sempre sospesa con un “ma perché non provo a metterci un pochetto di”, perché quella ricetta, e qualsiasi altra ricetta sarà sempre espressione di voi stessi e del gusto, dell’esperienza, dell’estro che seguirete mentre la cucinerete.
Per questo son felice di aprire la mia cucina a voi. E vi ringrazio.
Vi ringrazio per la possibilità di poter condividere con voi dei momenti, degli attimi, dei sapori.
E poi vi ringrazio perché mangerete assieme a me, assaporerete questi piatti attraverso il vostro gusto e li rielaborerete esprimendo il vostro amore per quello che state cucinando.
Bene, grembiule indossato, possiamo partire con la ricetta della settimana.
Ps. Non preoccupatevi. Non vi farò la filippica per ogni ricetta (sospiro di sollievo).
Alessandra Collodel