La ricchezza della semplicità

In cucina mi stupisco sempre di quanto gli ingredienti, i profumi e le ricette più semplici siano quelli che rendono pieno un piatto, e lo stomaco di chi lo mangia. Sarà che dietro quella semplicità c’è una tradizione silente, portata avanti senza tante storie perché quello è, un piatto facile e ricco, che non ha bisogno di tante storie e presentazioni, e lo continui a fare, portando avanti una tradizione inconsapevolmente fatta di gesti tramandati e genuinità. E questo rende tutto questo così ricco di significato che un semplice piatto diventa il re della cucina.

Ricette che hanno solo 2/3 ingredienti chiave e tutto il resto è solo un contorno, un imbellettamento di aromi per dare maggiore fragranza.

Penso alla pasta al pomodoro, o alla pappa al pomodoro toscana che adoro, con quei profumi e quegli aromi di casa che con quegli ingredienti, se freschi, son ancora più saporiti: diventano un’esplosione di ricordi, sapori e profumi unici, che ci entrano dal naso e ci accarezzano l’anima.

In questo caso per me questo effetto ce l’ha anche la panadea, ricetta contadina veneta, fatta con del semplice pane raffermo, un po’ di brodo, se si vuole arricchirla un uovo e un pizzico di formaggio. Ma altrimenti andrebbe già bene cosi, pane e brodo. E due semplici ingredienti sono una ricetta bella e pronta.

Quel sapore di casa, di infanzia, che è entrato nella mia tradizione famigliare in conseguenza al “non so cosa cucinar stasera faccio la panadea” di mamma. Ma che ha alle spalle una tradizione contadina ben più grande, quella che deriva dai gesti di tutti i giorni. Quelli di fare il pane, quelli di conservarlo scrupolosamente anche quando diventa un ciocco duro che nemmeno inzuppato nel latte i giorni successivi si riesce ad ammorbidire. Quelle tradizioni del “non si butta via niente” perché è frutto di un sacco di lavoro e quindi? Si riusa, si recupera. Quando si ha poco si diventa ecologici per forza e ci si inventa un modo nuovo per riusarlo.

Un semplice gesto, tagliarlo a tocchi e cucinarlo su del brodo per rammollirlo e arricchirlo con degli ingredienti che si hanno in casa, un uovo e un pezzo di formaggio, rendendo la ricetta di una ricchezza assoluta di significati, oltre che di sapori.

Ci si arrangia con quello che c’è, dalle cose nuove alle cose che pensavamo non potessero più essere utilizzate e renderle di nuovo buone.

Sarà per questo che i piatti con pochi ingredienti racchiudono così tanta ricchezza dentro di loro. Soprattutto quelli della tradizione contadina che cercano di centellinare e di esaltare quel poco che c’è al meglio che si può.

In questo modo un semplice piatto diventa un universo di significati.

Il risultato di gesti ancestrali, di tradizioni perpetuate nel tempo e raccolte senza rendercene conto perché ormai fanno parte del nostro DNA, del nostro sangue.
Eppure ci ritroviamo a perpetrarle con quella grazia che si ha solo nel ripetere gesti sacri, azioni che chiedono e a cui dobbiamo rispetto, parti di catene fragili che non si vuole spezzare per non spezzare la magia che ci lega tra il passato, il presente ed il futuro.

E così i gesti per l’impasto di una pizza, di un pane o di una pasta racchiudono molto di più di un semplice ricetta. Racchiudono una saggezza, e un rispetto, che solo una tradizione custodita con cura può racchiudere e chiedere.

Ingrediente che non manca mai in queste ricette simbolo della ricchezza della semplicità.

Alessandra Collodel