“Grande festa alla corte di Francia c’è nel regno una bimba in più” così esordirono in un pomeriggio del 1982 i “Cavalieri del Re” (gruppo musicale fondato da Riccardo Zara negli anni ’80 specializzato in sigle per i cartoni animati) non sapendo di aver creato la loro Hit più famosa.
Lady Oscar (in originale : “Berusayu no bara” – le rose di Versailles), poi riadattato da Mediaset in “Una spada per Lady Oscar”, era appena entrato nelle nostre case come un fulmine a ciel sereno. Erano gli anni dei robottoni e dei primi cartoni animati giapponesi fruibili in televisione. “Candy Candy” era stata la prima eroina degli Shōjo Manga (fumetti per ragazze) ad appassionarci e farci piangere con le sue avventure. Ma, nonostante le sue mille peripezie, torti subiti e perdite di amici vari non ci ha colpito quanto LEI.
Oscar François de Jarjayes era diversa. Sesta figlia di un generale francese (realmente esistito) viene cresciuta come un maschio per poter seguire le orme del padre e diventare a sua volta generale della Guardia Reale. Da subito al servizio della futura Regina Maria Antonietta, ne seguiamo le rocambolesche avventure, gli intrighi di corte, il primo amore. E diciamocelo, come tutte le dame della corte di Francia pure noi tutti (uomini, donne e bambini) ce ne siamo perdutamente innamorati.
Lei, da sola contro il duca di Germain o contro gli attentatori della regina. Lei che rischia la vita per salvare dall’ira del Re “il suo André”, l’amico d‘infanzia nonché compagno inseparabile (e ovviamente di lei innamorato da sempre). Affrontiamo il suo amore non corrisposto per il Conte di Fersen, il ballo vestita finalmente da donna, la crescita di Rosalie, la piccola Charlotte. Noi tutti cresciamo ogni giorno con lei, sapendo che la rivoluzione si avvicina. E intanto corriamo e lottiamo, con lei ed il suo stupendo cavallo bianco.
Nella versione italiana perdiamo la bellezza e lo spoiler delle sigle originali. “Bara wa utsukushiku chiru – Le rose appassiscono in bellezza” il tema di apertura già ci prepara all’ineluttabile fine, e ne ascoltiamo le note nei momenti più salienti delle puntate. La sigla finale, invece, ci descrive l’amore non corrisposto di André ed il suo sacrificarsi interamente per lei. “Ai no hikari to kage – luci e ombre dell’amore”, il leit motiv del nostro amato e delle scene più tragiche. Ed il suo urlo straziante “Oscaaaaar!” ci risuona ancora nelle orecchie.
Oscar è stata il nostro primo amore, la prima donna a cui ci siamo ispirate. Ci ha insegnato che si può essere anche forti ma allo stesso tempo provare dei sentimenti. A lottare per le cose in cui crediamo anche se tutti pensano siano sbagliate. Ci ha fatto vedere che si può e si deve andare controcorrente. E poi c’è André, figlio della governante e sempre al suo fianco. Bello da impazzire ma di poveri natali. Lui che darebbe la vita per la sua amata e lei cieca, continua imperterrita nella sua missione. Fregandoci un po’ tutte, perché alzi la mano chi non lo sta ancora cercando uno così!
Finalmente, il 12 luglio 1789, Oscar cede e capisce di averlo sempre amato, e noi lì, con loro in mezzo a quel prato con le lucciole. La rivoluzione però incombe, e non ci sono parole per descrivere come, anche ora dopo 38 anni, il nostro più grande trauma infantile rimanga in quegli ultimi due episodi. Fatti di lacrime e singhiozzi senza fine. Siamo con lei a camminare sotto alla pioggia, siamo lì a guidare il popolo verso la Bastiglia, lì che guardiamo il cielo prima degli spari. E questo ci ricorda quanto possa essere difficile e dura la vita, a volte ci rende inermi, ci lascia senza forze nè speranze. Ma si è sempre in tempo per aprirsi all’amore.
E come ogni 14 luglio un pensiero va a voi e a tutto quello che ci avete donato.
Grazie Madamigella Oscar, Grazie André.
Anna Bigarello