Beato colui che leggerà e quelli che ascolteranno le parole di questa profezia e metteranno in pratica ciò che in essa è scritto! Sì, il tempo è vicino!”
(Ap. 1, 3)
L’apocalisse non è la fine disastrosa dell’umanità; la venuta di Cristo è certamente rappresentata nella Bibbia come un periodo di dure lotte, sia celestiali che terrene, ma il grande evento apocalittico è la rinascita dell’uomo. Rinascita che coincide non solamente con una rinascita fisica, ma con una rinascita spirituale; se un’intellettuale inizia a fare profezie, si entra in un mondo apocalittico.
I San Giovanni provetti sanno della fine del mondo: non del mondo in sé, ma di come lo conosciamo. Obiettivo del famoso complottista David Icke (padre della teoria dei rettiliani) non è solo quello di fare polemica, ma visto che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, visto che esso è diventato l’eletto, ha il compito di non tanto salvare, ma di avvertire l’umanità: “Questo libro non pretende di essere un incubo che ci impedisce di dormire, bensì tutto il contrario: un richiamo al risveglio delle coscienze.”.
Purtroppo, per poter rinascere, bisogna passare attraverso una grande sofferenza; scrive l’abate Gioacchino da Fiore “Infatti, dopo la rovina verrà quel giorno del Grande Giudizio.”. Che siano le sanguinose rivoluzioni comuniste o l’epocale battaglia contro i rettiliani. Ma non dobbiamo avere paura, dicono, perché questo grande travaglio del negativo, questa dura lotta, ci porterà a conseguenze inimmaginabili. L’uomo diventerà finalmente cosciente di se stesso e del mondo.
I profeti sono responsabili, è forse per questo che quelli moderni stampano milioni di libri a prezzi discutibili, d’altronde è scritto nella Bibbia: “È necessario che tu faccia ancora profezie su popoli, nazioni e re senza numero.52”
Per questi profeti viviamo in tempi di apocalisse, ma, utilizzando le parole del filosofo francese Jacques Derrida in Di Un Tono Apocalittico Adottato di Recente in Filosofia, sembra che
“la fine è vicina ma l’apocalisse è di lunga durata”
ed è proprio questo autore che avanza un’idea interessante sul concetto di apocalisse.
Egli si accorse che molti degli intellettuali sulla scena sfruttavano – e sfruttano, come possiamo confermare oggi – “l’eloquenza escatologica”; tutti denunciavano la fine della storia, la morte di Dio, un vero e proprio Apocalypse Now. Nel saggio, Derrida fa notare che parlare dell’apocalisse non sia così facile e diretto… o forse troppo.
Chi viene a parlarvi di apocalisse vi sta portando la verità; ma, si chiede Derrida, cos’è la verità? “La verità stessa è la fine” (p. 77), quindi chi vi parla di apocalisse sta dicendo la verità della verità, un riflesso di un’immagine che non si trova. Non vi sta dando la fine, ma l’annuncio di essa. L’apocalittico (per usare un’espressione di Umberto Eco) non è colui che conosce la fine del mondo e la offre a noi poveri mortali, ma chi l’ha subodorata e la fa subodorare a noi. Ci da una forma, ma non un contenuto.
Nasce un’ulteriore discussione: se il tono apocalittico è la verità della verità, una traccia della verità e non la cosa stessa, il tono apocalittico inizia ad avere il carattere di ogni altro testo, “perfino di ogni esperienza, di ogni marca o di ogni traccia?” (p. 85); è solo un rimando continuo ad altro. Quando noi parliamo o scriviamo, secondo Derrida, non riusciamo mai ad offrire l’oggetto in sé, solo copie sbiadite di una copia che abbiamo copiato guardando un originale che originale non era. Quando parliamo di Apocalisse annunciamo una verità, quando parliamo normalmente del più e del meno, anche in quel caso cerchiamo di annunciare una verità, magari pensiamo che sia una verità “meno importante” rispetto a quella che preannuncia la fine del mondo, ma la verità è sempre importante, è sempre la stessa.
A questo punto, noi parliamo sempre in modo apocalittico, senza neanche saperlo! Siamo in realtà tutto profeti!
Dobbiamo però essere accorti, perché per i profeti la Bibbia è intransigente:
“Il diavolo, loro seduttore, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, proprio dove si trovano la bestia e lo pseudo-profeta. E saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli.”
(Ap. 20, 10)