6 agosto 1945 alle ore 08.15 “Little Boy” viene sganciata dal bombardiere “Enola Gay”, la prima bomba atomica ad essere utilizzata in guerra.
19 luglio 2000, dopo un lungo viaggio in treno arrivo a Hiroshima. Siamo ospiti di una coppia giapponese che ha fatto il viaggio di nozze a Venezia e ama follemente l’Italia. Dal mio diario di viaggio:
“Non so neanche da che parte cominciare! Arrivati a Hiroshima la guida ci ha subito portati al Genbaku Dome e poi al museo della pace e al parco… Rimasta senza parole. Non è come vedere un film o un documentario. È trovarsi di fronte una realtà spaventosa, dopo 55 anni c’è gente che ancora muore per le radiazioni… Una città intera lotta ogni giorno per la pace, per fare in modo che le armi atomiche non vengano più usate. Non può essere raccontato quello che ho visto lì…”
Diario di viaggio
6 agosto 2020. Come ogni anno ripenso a quel viaggio. Quelle sensazioni. È qualcosa di talmente forte che non si può spiegare. Nel momento stesso in cui sono scesa dal treno non sono praticamente più riuscita a dire una sola parola.
Per quanto avessi letto dei libri come “La pioggia nera” di Ibuse Masuji o visto film come “Rapsodia in agosto” di Akira Kurosawa e “La tomba delle lucciole” di Isao Takahata, non si è comunque minimamente preparati a tutto questo dolore.
Di colpo mi tornano in mente gli Origami e Sadako, l’ombra sui gradini, il laghetto con i fiori di loto, la fiamma, la bandiera Giapponese che sventola con la lieve brezza estiva. Le 324.000 vittime che tuttora muoiono a causa di questa follia umana.
Abbiamo iniziato la nostra visita con il “Genbaku Dome“ (cupola della bomba atomica). Il simbolo della città. Lo scheletro in cemento e acciaio dell’ex palazzo della Prefettura per la promozione industriale chiamato anche “A- Bomb Dome” o “memoriale della pace di Hiroshima“. La bomba è esplosa proprio qui sopra, a circa 600 metri. Pochissimi edifici sono rimasti integri, la quasi totalità delle case è svanita nel nulla. Il governo Giapponese quattro anni dopo ha deciso di non restaurarlo come monito per le generazioni future. Venne scelto come obiettivo dagli americani perché simbolo della promozione della fiorente industria della città.
Da qui si passa al parco della memoria (Heiwa kinen kōen), una distesa di oltre 120.000 metri quadri di verde adibita per esporre tutti i vari monumenti in commemorazione dei defunti e della pace. Un luogo incredibile, pieno di energia.
Apprendo la storia della piccola Sadako Sasaki, una bambina che abitava a circa 1.7 km dal luogo dell’esplosione. Ne uscì indenne ma 9 anni dopo si ammalò di una grave forma di leucemia. Il fratello per tirarla su di morale le raccontò la leggenda delle 1000 Gru. “Se riuscirai a produrre 1000 Origami a forma di Gru (Orizuru), un tuo desiderio si avvererà“. La bambina iniziò subito a prepararle, nella speranza non solo di guarire e tornare a correre, ma anche di poter guarire tutti i bambini del mondo e far tornare la pace, con la scomparsa delle armi nucleari. Nei 14 mesi in ospedale, fino al giorno della sua morte, ne produsse costantemente con ogni tipo di materiale, compresi i bugiardini delle medicine.
Non si sa effettivamente se riuscì a modellarle tutte lei o se le restanti furono fatte dai suoi compagni di classe. Vennero poi sepolte con lei e, con i fondi raccolti dai suoi compagni e da tutte le scuole giapponesi, fu eretto in sua memoria il “monumento alla pace dei bambini” (Genbaku no ko no zō). Tuttora, da ogni parte del mondo, le persone inviano le loro 1000 gru da deporre ai suoi piedi.
Poco dopo ci si trova di fronte ad un grande arco di pietra. È il “Cenotafio per le vittime della bomba atomica“. Al suo interno ci sono i nomi di tutte le persone morte direttamente ed indirettamente per l’esposizione alle radiazioni. Dal suo interno inizia un laghetto con due mani che reggono una fiamma. “The unforgettable Fire” l’album di successo degli U2 è ispirato proprio a questa fiamma della pace. Un fuoco acceso dall’uomo che non verrà spento finché non verrà distrutto l’ultimo ordigno nucleare.
In prospettiva, sempre dall’interno del Cenotafio, si riesce poi a rivedere subito dietro la cupola dell’A- Bomb Dome. Un arco che protegge le anime dei defunti e la fiamma della pace in un percorso unico fino al luogo dello scoppio.
All’interno del parco troviamo poi il Museo della pace. È una struttura composta da 2 edifici in cui si ripercorrono gli eventi della città e gli effetti sulla popolazione e l’umanità intera dallo scoppio in poi.
Possiamo ascoltare le storie di molti sopravvissuti, vedere gli oggetti deformati delle vittime, occhiali, cappelli, biciclette. Le foto dei feriti e delle ombre impresse sui muri rimaste al posto delle persone. È un’esperienza davvero sconvolgente e non adatta a persone troppo sensibili.
Hiroshima è una città che è rinata dalle sue ceneri, restando però fedele al suo compito di ricordarci in ogni momento a cosa può portare la follia dell’uomo.
Ti entra dentro come un pugno allo stomaco e non ne esce più.
Anna Bigarello