Lo strano caso di Matrix On-line

È uscito il trailer del quarto capitolo della saga che ha fatto la storia: “The Matrix”.

Le idee filosofiche che sono la colonna portante di questo franchise, sopratutto per quanto riguarda il primo dei quattro film, hanno ispirato milioni di persone e stravolto le menti di popolazioni intere.

In sostanza: Noi tutti viviamo in un Matrix, ovvero in una realtà virtuale, fatta di freddi numeri verdi; anzi, i nostri corpi reali vengono sfruttati da grandi macchine cattive futuristiche, proprio per dare energia a questo finto universo nel quale “viviamo”. Il protagonista del film, Neo, viene scelto da Morpheus (dal greco, la divinità dei sogni) il quale gli offre una via di uscita e l’occasione di essere il divino liberatore della schiavitù dal Matrix (qui l’iconica scena della pillola blu/pillola rossa).

Le sorelle Wachowski, scrittrici e registe della saga, dichiarano di aver preso ispirazione dal testo di un famoso sociologo e filosofo francese: Jean Baudrillard. Non è infatti un caso che nel film stesso compaia una copia di “Simulacri e Simulazione”, appunto il testo più celebre del filosofo, che tra l’altro era stato dato come lettura obbligatoria per tutto il cast del film.

È proprio qui che però casca l’asino! Baudrillard in varie interviste disconosce la paternità delle idee nel film Matrix, anzi, dichiara che se esistesse questa entità del Matrix, quello sarebbe proprio il film che lo stesso sistema avrebbe girato. Secondo Baudrillard la realtà non cessa di esistere, diventa solo metafisica, e noi ci ritroviamo a vivere dentro ad un simulacro, ovvero un sistema di segni che cercano di imitare la realtà, creati da noi umani nell’era della sovrapproduzione, ma che ora ci domina, poiché essendo queste simulazioni copie delle copie, in un sistema di riproduzione oramai troppo lontano dall’originale (rapporto significante – significato), viviamo in un mondo che esiste (nel mero senso della parola) ma che non ha più né significato originale, né un significato.

Ovviamente il pensiero di Baudrillard è molto più complesso ed articolato rispetto a quello presente nei film cyberpunk, ed Hollywood ha bisogno di semplificare e rendere “seducente” (altro grande tema di Baudrillard) i propri prodotti.

Per capire meglio dove sia il gap di Matrix, riferiamoci al capitolo “extra” della saga, ovvero: Matrix Online. Videogioco pubblicato nel 2005, che contribuisce lo sviluppo della trama principale della saga.

All’inizio del gioco, il giocatore di turno può scegliere se il suo personaggio deve assumere la “Pillola Blu” (“fine della storia, domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai”) o la “Pillola Rossa” (“Resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant’è profonda la tana del bian-coniglio”). Se il giocatore avesse scelto la seconda opzione, il gioco sarebbe continuato e avrebbe iniziato il tutorial di combattimento; per chi avesse scelto la pillola blu, fine dei giochi, veniva buttato fuori dal videogame.

Tutto ciò, non sembra altamente contraddittorio?

I red-pillati, idioma moderno per indicare chi riesce a vedere la realtà, nel gioco sono quelli ad essere gettati per primi nella simulazione; tant’è che subito dopo la creazione del personaggio, la prima cosa che viene svolta è un tutorial di combattimento. Ma, seguendo la logica imposta dal film, quel tutorial è un falso, è un insieme di numeri e dati. Noi non stiamo combattendo, il nostro pensiero e le nostre dita lo stanno facendo, non noi. Risulta così che sono proprio coloro che “accettano la verità” ad essere gli schiavi del Matrix. E questo si può estendere anche alla pellicola cinematografica (ed ecco il perché Baudrillard rifiutò la paternità): chi pensa di aver trovato il significato delle cose l’ha fatto attraverso la simulazione di un film, dove tutto è falso, dagli effetti speciali, alla capigliatura degli attori. Il Matrix stesso che offre la via d’uscita?

Per i giocatori blue-pillati, il gioco finiva. In teoria, la scelta dovrebbe portare alla conseguenza di rimanere nella grande bugia e nella silenziosa schiavitù. Il giocatore però, essendo sbattuto fuori dalla simulazione del videogioco, in potenza era quindi “libero”; coloro che allontanati dal simulacro di una vita in forma videoludica, possono ora cercare di vivere la propria, al di fuori di ogni “schermo riflettente”.

Ed anche voi che state leggendo, che credete alle mie verità, senza che ci sia uno sprazzo di realtà dietro ai pixel delle parole, simulacri di opinioni o fatti, dove cercherete la verità?

Matteo Abozzi