Quando andavo a casa dei nonni materni c’erano sempre dei rituali da rispettare. La pizzetta o la focaccia surgelata che nonna ci comprava per viziarci. Per compensare col dolce, o il budino o la crema fritta. E quello che preferivo.
La settimana enigmistica.
Se andavamo lì il giovedì o il venerdì schizzavo in cucina, giornale in mano e mi fiondavo a pagina 6. Era il mio rituale anche quando la portavano a casa mamma o papà.
Unisci i puntini. E riempi gli spazi.
Erano miei. Unisci i puntini era la sfida. “Nonna scommetti che li unisco senza staccare la penna dal foglio?” e partivo. Io mancina, a cercare di non staccare la penna, arrivando a girare la settimana enigmistica sotto la mia penna, senza ovviamente staccarla, o sbirciando davanti-dietro-sotto la mano, ma sempre con quella precisione nel non staccare la penna. Un ottimo esercizio per qualsiasi bambino che inizia a prender in mano la penna alle elementari e perfezionare la presa.
E poi arrivava lui. Un cruciverba su cui non serve saper le risposte a domande difficili. Con già le soluzioni lì, ben visibili, elencate davanti agli occhi. Il mosaico di parole. Un sogno. Saper riempire quelle caselle che altrimenti sarebbe stato troppo difficile, e noioso, per una bimba. Un elenco di parole. Delle caselle da contare e un’ottima propensione a ricomporre tutto.
E allora iniziavo.
Le parole più corte le prime. E poi via via a costruire tutto il mosaico. La cosa che mi divertiva di più, e poi da grande è rimasta anche per quei cruciverba che da piccola mi erano impossibili da fare, era lo scrivere in caselle così piccole. Mi divertivo proprio. Era impegnativo non uscire dai bordi. Scrivere quelle lettere imparate da poco. E prima in maiuscolo, e poi in corsivo. L’impegno era sempre quello. Riempire il mosaico.
A pensarci ora, dopo gli studi di psicologia dello sviluppo, è un esercizio difficilissimo per una ragazzina delle elementari. Si inizia a scrivere e si perfeziona la scrittura in caselle più grandi i primi anni, per poi passare alle righe più piccole. E forse, sarà anche per questi esercizi di stile, che diventando grande poi mi è sempre piaciuto scrivere a mano libera.
Inserire quelle lettere in quelle caselline così piccole era un passatempo troppo divertente. Emulando i grandi che rispondevano a quelle domande difficili, riuscivo a riempire anche io quelle mie caselle. E quando si finiva il perfezionamento delle lettere si iniziava anche il perfezionamento del tirar una linea il più dritta possibile, facendo il gioco del “cerca una parola” cancellandole con queste rette tremolanti via via sempre più sicure e dritte.
Quant’è bello l’uso della penna? Quanto la stiamo perdendo utilizzando sempre tastiere e smartphone?
Otto ore di lavoro, gli occhi stanchi, nessuna voglia di stare su un altro monitor nemmeno per cazzeggiare.
“Che voglia di far le parole crociate che ho!”
“Ne ho un pacco così in camera“
E arriva il regalo più bello per finire una giornata stanca.
Ho voglia di parole crociate.
Fatemi finire il mosaico.
Alessandra Collodel