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Nuovi orizzonti enologici: i vini ungheresi

Vivere, muoversi, cambiare orizzonti alla ricerca di nuove emozioni e culture sono cose che fanno della vita qualcosa di più interessante e, sicuramente, molto più appagante di un continuo ed esasperante bollettino dei contagi da Covid-19.

Quindi è giunto il momento di spostarsi dal nostro bellissimo Paese per parlare di… vini ungheresi.

Per molti probabilmente sarà celebre, e forse unico conosciuto, il vino Tokaji proveniente dall’omonima zona di produzione. Attenzione! Non bisogna confondere il Tokaji con il Tocai che un tempo si produceva in Friuli-Venezia Giulia. Il Tocai di italiana memoria ora si chiama Friulano perché, da accordi raggiunti con L’Unione Europea, i due nomi erano troppo simili e l’Italia (e ti pareva!) ha perso il diritto a quella denominazione. Tuttavia, i due vini hanno caratteristiche completamente diverse.

Non sarà noto però che l’Ungheria ha ben ventidue regioni vinicole attualmente, anche se meno della metà sono considerate importanti. I vitigni autoctoni di queste regioni sono quasi impronunciabili, ma hanno caratteristiche interessanti. 

Per i vini rossi il loro vitigno “Kadarka” viene considerato un sostituto del nostro Pinot Nero.  Altri rossi sono il Kékfrancos e il Kekoporto, molto famosi in Ungheria e vengono abbinati alla cucina locale. Sono prodotti nella regione Villany-Siklos che è la più “tecnologica” del Paese per quanto riguarda la produzione del vino.

Ci sono poi dei vini bianchi autoctoni decisamente interessanti come il Szurkebarat e l’Olaszrizling, provenienti dalle Colline di Matra, famose per la produzione di vini di qualità.

Un bere interessante, quindi, ma che ancora, forse, ha bisogno di affinarsi per raggiungere quei livelli necessari a una “espansione” enologica a livello europeo. Ma i presupposti ci sono tutti.

Salute!

Giovanni Bonaldi

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