È stato pubblicato sul sito del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali l’Elenco aggiornato degli alberi monumentali d’Italia: 401 le nuove iscrizioni, per un totale di 4.006 alberi o sistemi omogenei di alberi censiti per il particolare pregio naturale e culturale.
Maestose e millenarie, le piante più antiche del nostro Paese sono dei veri e propri monumenti a cielo aperto, custodi di storie e leggende. Di immenso significato per età, dimensione, rarità e per il valore scientifico, storico e paesaggistico, sono i simboli di un patrimonio naturale e culturale da scoprire e tutelare.
Querce, faggi, pini, lecci, castagni, olivi e larici ultrasecolari: tutelati e protetti dalla legge 10/2013 del ministero dell’Ambiente, gli alberi monumentali rappresentano un patrimonio da tutelare e valorizzare.
Nell’Elenco sono inclusi esemplari che, lungo tutto lo Stivale, si contraddistinguono per particolari caratteristiche come l’elevato valore biologico ed ecologico per età, dimensioni, morfologia, rarità della specie o habitat per alcune specie animali, l’importanza storica, culturale o religiosa rivestita sul territorio e la capacità di caratterizzare il paesaggio sia in termini estetici sia identitari.
Tra le nuove iscrizioni spiccano per numerosità i cedri, le querce, i platani e i faggi, mentre fanno la loro prima comparsa nell’Elenco alcune specie come l’acero palmato rosso, la camelia e l’anagiride.
Per maestosità si contraddistinguono il cedro del libano nel Parco di Villa Mirabello a Varese, con un fusto di oltre 11 metri di circonferenza e un’ampia chioma che si estende in modo simmetrico e regolare con un diametro di 36 metri, la farnia di Barano d’Ischia in provincia di Napoli, con una circonferenza di 8,6 metri e un’età stimata di circa 350 anni, e il castagno di Sorbo San Basile in provincia di Catanzaro, con un tronco di 8,4 metri di circonferenza e risalente al 1700.
L’Elenco degli alberi monumentali d’Italia è frutto di un’intensa attività di catalogazione realizzata in modo coordinato e sinergico dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, dalle Regioni e Province autonome e dai Comuni.
Questo aggiornamento, approvato dal MiPAAF con decreto dirigenziale del 26 luglio, tiene conto di cancellazioni e delle nuove iscrizioni proposte dalle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e Veneto e dalla Provincia autonoma di Trento.
S’Ozzastru. L’albero più antico d’Italia è in Sardegna
L’olivo di San Baltolu di Luras – Il selvatico olivo di Luras, sulle sponde del lago Liscia in provincia di Sassari, è l’albero più antico d’Italia: supera i 4mila anni d’età e continua a ospitare sotto la sua immensa chioma le pecore al pascolo. Per tutti è S’Ozzastru, l’olivastro: è alto 14 metri e la circonferenza della chioma ne misura 23.
Il castagno dei Cento Cavalli – 2200 anni, si trova nel parco dell’Etna ed è patrimonio dell’Unesco. L’antichissimo castagno si trova nel comune di Sant’Alfio in provincia di Catania. Le sue dimensioni sono da record: 22 metri di circonferenza del tronco e altrettanti di altezza. La leggenda narra che durante una battuta di caccia Giovanna la Pazza fu sorpresa da un temporale e trovò riparo sotto le immense fronde del castagno con tutto il suo seguito: cento, appunto, tra cavalli, cavalieri e dame.
Il cipresso di Vernazza – È l’albero più vecchio della Liguria e veglia come un campanile il santuario di Nostra Signora di Reggio a Vernazza, in provincia di La Spezia. Il pizzuto e rigoglioso cipresso di 800 anni ha misure da record: è alto 23 metri e ha un diametro di mezzo metro. Considerato simbolo di longevità e vita eterna, venne piantato dopo la costruzione del santuario di Vernazza, che si raggiunge lungo un sentiero lastricato e ombreggiato da altri alberi secolari.
Il fico di Badia Cavana – È il fico più antico d’Italia e sorge nel comune di Lesignano de’ Bagni, in provincia di Parma. Pianta ultracentenaria, ha una chioma di 50 metri di diametro e 7 d’altezza e sorge su una verde altura nei pressi dell’abbazia romanica san Basilide a Badia Cavana, fondata nel 1100 da san Bernardo degli Uberti, vescovo di Parma. Il fico si trova proprio su un crocevia di importanti tracciati, percorsi da pellegrini, commercianti e artigiani che trovavano ospitalità nel monastero benedettino. La longevità della pianta dall’enorme e rigoglioso cespuglio e dal tronco formato da tanti fusti è in gran parte dovuto al fatto che alla base vi scorre una sorgente di acqua pura.
L’olivo di Canneto Sabino – Si trova in provincia di Rieti, è alto 15 metri e un diametro della chioma di circa 30. Secondo un’antica leggenda pare sia stato piantato ai tempi di Numa Pompilio, re di Roma dal 715 al 673 a.C. La storia invece racconta che il maestoso esemplare di olivo è stato piantato dai monaci benedettini di Fara circa mille anni fa nella zona bonificata di Canneto.
Italus, il pino più antico d’Europa – 1230 anni, è stato scoperto nel 2017 grazie alla ricerca condotta dal Parco Nazionale del Pollino in collaborazione con l’Università della Tuscia. Si trova a 1.900 metri sul livello del mare ed è un pino loricato di quasi 2mila metri d’altezza. Specie endemica del Pollino, che ne ospita ormai solo pochi esemplari tutti ultracentenari, la sua corteccia ricorda la corazza dei guerrieri romani, la lorica. Italus è il pino più antico d’Europa con i suoi 10 metri d’altezza: per misurare la sua età si è ricorsi addirittura all’analisi al radiocarbonio, che ha affiancato il tradizionale conteggio degli anelli.
I larici della Val d’Ultimo – Nel bosco di conifere di santa Gertrude, frazione della Val d’Ultimo, nel parco nazionale dello Stelvio, svettano tre maestosi larici che secondo gli esperti hanno 2.200 anni d’età. Le piante millenarie sono veri giganti della natura: il più alto misura 38 metri e il più grosso ha una circonferenza di 8 metri, mentre il terzo esemplare può ospitare all’interno del suo tronco, ormai cavo, un uomo in piedi.
Il larice della Valmalenco – Ha 1062 anni e gode di ottima salute il larice nodoso e forte della Valmalenco, nel cuore della Valtellina: per ammirare la sua miracolosa longevità è stato creato il “sentiero del larice millenario” che conduce a quota 2.160 metri, dove svetta il vecchio albero tra le conifere più datate d’Europa. La comunità montana Valtellina di Sondrio e il Cai della Valmalenco hanno messo in sicurezza il tracciato che sale in Val Ventina: si parte dai rifugi Gerli e Ventina e in mezz’ora si raggiunge una piccola foresta, dove svetta il vecchio larice e gli fanno compagnia altri cembri secolari di oltre 500 anni d’età.
Fonte dei dati: Direzione generale dell’economia montana e delle foreste del Mipaaf – “dataset AMI – Censimento alberi monumentali d’Italia”.