Il confine frattale

La vita comincia varcando la linea di confine, la linea d’ombra della maturità, la frontiera dove tutto cambia drasticamente, ove sono evidenti i contrasti… le cose interessanti nascono proprio lì, nel transito tra luce e ombra, nella dialettica tra suono e silenzio, tra essere e non essere.

Oggi vi presento un oggetto matematico particolare, oggetto la cui linea di confine è un luogo bellissimo: il frattale, il più noto dei quali è l’insieme di Mandelbrot. La meraviglia delle forme di cui vi parlerò si ritrova proprio nel confine di tale insieme, confine che per me ha un significato ben preciso.

La rappresentazione nel piano di tale oggetto evidenzia due zone, una interna caratterizzata da punti, per i quali una certa funzione di test converge, l’altra esterna, caratterizzata da punti dove la stessa funzione non converge.

Perché è interessante?

Il fascino di questo oggetto matematico non sta nell’insieme stesso e neppure nel suo complementare, ossia l’insieme dei punti di non convergenza.

La meraviglia nasce nel confine tra questi due insiemi: una linea evanescente, priva di punti perché esistono solo punti di convergenza o punti di non convergenza, buio o luce, tutto o niente, suono o silenzio. Non esiste un solo punto nello spazio che stia in mezzo, che appartenga alla frontiera. Questo confine ineffabile tra tali insiemi complementari realizza la meraviglia del disegno di cui la matematica può fornire, attraverso lo studio degli oggetti frattali, quello che io definisco il paradigma dell’eterno presente. 

La meraviglia sta appunto nel riconoscere il florilegio insolitamente naturale che incanta qualunque sguardo, perché la rappresentazione di tale confine è stupenda: in essa ritroviamo gli stessi schemi ricorsivi autosimiglianti della natura, le cosiddette omotetie.

Ricordo molti anni fa, quando mi divertivo con il mio elaboratore ad esplorare la frontiera dell’insieme di Mandelbrot: era come avere un telescopio matematico potentissimo, capace di mostrarmi dettagli via via più fini di questo oggetto remoto ed arcano. Purtroppo il limite di calcolo mi impediva di penetrare e di svelare l’infinita bellezza di tale frattale: giorni e notti di calcoli per scovare minutissimi e remoti dettagli portavano solo a un risultato tanto più approssimato quanto più mi volevo addentrare nell’esplorazione.

Da questa esperienza l’intuizione mi portò a rileggere in termini meta temporali la nostra esistenza come sviluppo di queste volute meravigliose, di questi merletti dell’impossibile, ovvero la rappresentazione nello spazio dell’eterno presente: il mandala della nostra vita. 

La natura parla con forme frattali

La bellezza del frattale viene spesso ricondotta alla matrice del caos, dei processi caotici presenti in natura. Infatti la descrizione di un processo caotico può essere assimilata al riconoscimento di una curva frattale che, semplificando assai, può essere espressa analiticamente come formula, a patto di possedere una potenza di calcolo (e relativa precisione) infinita, necessaria per la sua corretta individuazione, cosa oggettivamente impossibile, ma in teoria…

Pensiamoci per un attimo, consideriamo un processo semplice: il moto caotico di un granello di polvere sospeso nell’aria è un processo aleatorio, detto anche moto browniano, le cui traiettorie sono di fatto ravvisabili in un oggetto frattale, come lo stesso Mandelbrot fa notare nel suo famoso saggio “Gli oggetti frattali” (Einaudi 1987). 

Se il calcolatore fosse in grado di riconoscere e di descrivere analiticamente la curva frattale di tali traiettorie, potrebbe descrivere il moto browniano del granello di polvere come se tale disegno fosse atemporale, perché il tempo, come già molti fisici asseriscono, è solo una lettura della realtà, non l’unica.

Ipotesi assurde?

Nel piano dell’esistenza si possono descrivere gli accadimenti come un disegno metatemporale, ove gli oggetti frattali possono essere considerati i simboli arcani del divenire al di là del tempo, una sorta di Ermeneutica dell’assoluto che ci consente di rileggere e interpretare la realtà.

Sono allettato dall’idea che anche processi più complessi, come i cataclismi e terremoti, a patto di avere una potenza di calcolo infinita, possano essere analizzati in modo da riconoscere l’oggetto frattale corrispondente, consentendone così l’identificazione e quindi la predizione.

E la nostra esistenza? E la storia dell’uomo? Quale disegno, quale frattale, quale processo aleatorio può essere utilizzato per la sua descrizione? Come concepire e descrivere la nostra esistenza in termini atemporali?

Se avessi un’ipotetica astronave spazio temporale e riuscissi a raggiungere la terra in un futuro remoto, che visione avrei della storia e della nostra esistenza?

L’unica cosa che potrei fare è prendere coscienza delle omotetie, dell’auto somiglianza che in vario modo ricorre in tutti i momenti della storia. 

Osservo in particolare che le ritualità nella religione dei nostri antenati portano a evidenziare processi ciclici che rafforzano ed evidenziano la auto somiglianza di vari momenti del vissuto, ciclicità che portano a ravvisare la vita come successione di frequenze di vari livelli di energia vitale, considerando momenti simili in tempi anche molto distanti come facenti parte delle stesse “righe spettrali”, combinazioni che io chiamo le “Porte del Tempo”.

Di queste porte parleremo in un’altra occasione.

Per chi volesse farsi un giro, ho preparato un breve video:

Passeggiata alla scoperta della frontiera dell’insieme di Mandelbrot

HGD