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A tu per tu… con l’invidia

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Ben ritrovati a tutti alla rubrica “A tu per tu”!

Mi siete mancati, lo ammetto.

La mia scrittura è un po’ arrugginita perché, nonostante Alessandra della redazione mi avesse consigliato di scrivere, mi sono sciolta al caldo di questa torrida estate impigrendomi sui contenuti.
In più metteteci anche che mi è stato vietato di parlare di VIP gentilmente ospiti di un noto carcere padovano (ciao Renato!), capirete anche voi che mi s’ingrippa il cervello!

Vabbè, vediamo di oliare queste vecchie meningi e tirare fuori qualcosa…

Fine luglio.

Siamo arrivati a quel glorioso periodo dell’anno in cui il Ciclone Nordafricano spopola nelle Waste Lands, ed è anche l’anniversario della grandinata che ha devastato l’anno scorso queste terre.
Volevo scrivere il solito articolo sull’estate, ma mi sono sentita come il TG5 che ogni anno ripete sempre di stare al fresco e bere molta acqua, così eccomi qua, ad analizzare uno dei peccati capitali, con un saluto speciale a Don Alberto che mi offre sempre il caffè e m’interroga sul catechismo (mi dispiace, amico mio, ma non ricordo niente della mia educazione cattolica. Perdona questa vecchia peccatrice).

“L’invidia è una brutta bestia”.

Non so perché, ma questo detto mi risuona dall’infanzia.

L’invidia, un sentimento atavico che ci portiamo nel genoma: difficile estirpare una gramigna che nasce con te, probabilmente perché il salto di qualità dal bruto al “seguir virtute e canoscenza”, per citare il buon vecchio Alighieri Dante, sta nel scegliere di estirparla.

Cito direttamente dal sito del Vaticano.

L’invidia è un vizio capitale. Consiste nella tristezza che si prova davanti ai beni altrui e nel desiderio smodato di appropriarsene, sia pure indebitamente. Quando arriva a volere un grave male per il prossimo, l’invidia diventa peccato mortale. Personalmente trovo che l’invidia sia una perdita di tempo.

Chiariamoci, eh: non nasco santa.

Anch’io ho provato questo sentimento in passato, però a lungo andare l’ho classificato come inutile e sfibrante.

Una totale perdita di tempo.

Non è come la dipendenza da tabacco, che almeno qualche buona sensazione te la lascia (non fate come me: non fumate, mi raccomando!).

L’invidia ti snerva perché non serve a nulla e, nel caso serva a far del male ad altri, ti porta via tante di quelle energie per compiere l’atto malvagio che veramente non ne vale la pena.
Come ho fatto ad arrivare a questa considerazione?

Invecchiando, provando la vita sulla mia pelle, allontanando le persone sbagliate, piangendo molto, ma comunque “provando”, nel senso di “percezione”, perché l’invidia non è solo un peccato capitale ma un sentimento che ho deciso di non voler più provare.

E voi? Avete un vizio da estirpare?

Ah, se qualcuno mi vuole suggerire come liberarmi dal vizio del fumo, scrivete alla redazione!

Laureata in arte orientale, OSS, scrittrice part-time, matta per i cani e per i tatuaggi. Sicuramente curiosa della vita.