Ansia

Nel nostro paese ci sono circa 5 milioni di persone che riferiscono disturbi legati all’ansia e in molti casi la prescrizione dei medici di base di fronte a questo disagio è l’ansiolitico.

Ricorrere allo psicofarmaco spesso è sbagliato nel caso dell’ansia, perché si è convinti che questo disturbo sia solo frutto di un’alterazione biologica e quindi vada più in fretta possibile tamponato ed eliminato. Sfugge ancora l’idea che alla parola ansia si possa affiancare la parola “vita”; l’incapacità della nostra mente di far fluire la vita. La vita scorre e la testa la blocca così compare l’ansia. Da questo punto di vista, la lettura del malessere cambia prospettiva cosicché da avversario da eliminare diventa un prezioso alleato. Ci indica quando la nostra esistenza sta perdendo di senso, è il segnale di una vita che non vogliamo ma che ci ostiniamo a perseguire. Quando compare l’ansia? Alcuni esempi: quando comunicando con gli altri, indossiamo una maschera; tutte le volte che un imprevisto ci rende particolarmente emotivi; quando dal rientro dalle ferie ci piomba addosso la routine; quando siamo sotto esame; quando dobbiamo fare una trattativa; durante una prestazione sessuale; ecc. insomma tutte le volte che vogliamo essere diversi da noi stessi, o ancora peggio, incanalare forzosamente il nostro modo di essere in comportamenti che ci stanno stretti. In questi casi, senza alcun dubbio, il domani ci apparirà negativo.

Quindi l’ansia ci segnala che qualcosa non quadra. Proviamo a ragionare così: da una parte quel senso di disagio indica che siamo fuori strada. Dall’altra è come se una parte nuova di noi stia cercando di venire alla luce. Non c’è nulla di strano: aver paura è come aver paura di noi stessi. Cerchiamo di aiutare un processo che sta maturando dentro di noi, di venire alla luce… osserviamoci cercando di capire cosa ci fa stare male e cosa sta nascendo di nuovo.

Cercare di scappare dall’ansia è una strategia tra le più sbagliate. Bisogna uscire dalla psicologia dell’evitamento, cioè dall’idea che per non rischiare di stare male un momento si finisce per star male una vita intera. Infatti così facendo fuggiamo a noi stessi e costruiamo la nostra esistenza alla periferia di noi. Allora per star bene dobbiamo tornare a incontrarci, per quanto possibile conoscerci, cercare una sorta di equilibrio. Si sbaglia quando si pensa che una certa situazione generi ansia, e così si costruisce accuratamente la giornata per evitare quella situazione ansiogena. Può succedere nei riguardi di persone, di ambienti, o di situazioni particolari, in questo modo ci si trova lontani da quel nucleo interiore che genera vita, che ci modifica ogni istante, che genera emozioni, che fa soffrire e gioire.

La realtà è un’altra: pur non rendendosene conto, noi mutiamo quindi non possiamo affatto sapere se una situazione che una volta ci ha creato problemi ci causerà ancora lo stesso disagio. Però la convinzione impedisce di togliersi dalla testa questa certezza.

Noi in realtà ci conosciamo molto poco, ma ci comportiamo come se sapessimo proprio tutto di noi stessi. Ed è proprio questo il paradosso: forti delle presunte convinzioni si finisce per essere la causa del problema. Ci si tiene ancorati a modelli comportamentali vecchi ma consolidati con la convinzione che siano gli unici interpretabili. E qui si intuisce la vera natura dell’ansia: energia vitale che scorre e si blocca dentro di noi, impossibilitata a prendere forma, destinata sovente ad essere respinta. E non ha senso pensare che lasciarla uscire sia un meccanismo doloroso ed altrettanto carico d’ansia. Prima di tutto non credo che essere se stessi sia motivo di malessere.

Poi penso che gran parte delle sofferenze iniziali nell’esprimere un nuovo modo di essere dipenda dalla resistente dai sensi di colpa di cui ci si fa carico. Questo avviene solo se ci si responsabilizza eccessivamente per ciò che sta accadendo. Se si evitano i giudizi e le critiche si può provare il piacere di vivere la nascita di una parte nuova. Ci sono dei punti tipici in cui l’ansia si manifesta: sono punti del nostro corpo che raccontano come siamo e come in quello spazio fisico sia condensata una vitalità pronta ad esprimersi. La gola e le parole mai dette, quelle parole che darebbero una svolta ai nostri rapporti. La pancia e le sensazioni antiche dei visceri, a ricordare quanto profonda sia la nostra personalità e quanto ce ne siamo tenuti lontani. Allora prima di ricorrere a un farmaco e zittire un corpo, che può raccontare di noi delle cose straordinarie, dedichiamoci qualche minuto. È facile che il problema si risolva prima e meglio del previsto.

Maura Luperto