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Attaccamento al benessere e benessere dell’attaccamento

Una madre e un padre disponibili e affettuosi che hanno risposto ai bisogni, sia fisici che affettivi, soprattutto nei momenti di ansia, di sofferenza o di pericolo, diventano un retaggio personale inalienabile, che permette, nei momenti determinanti della vita, di attivare le risorse, di attingere al “genitore generoso di cure” che si è interiorizzato.

Ricordo il caso di un ragazzo di 12 anni, che spesso arrivava con evidenti segni di maltrattamenti. Quando gli si accennò ad un possibile intervento degli assistenti sociali, il ragazzo, terrorizzato all’idea che lo potessero separare da quel suo misero nucleo famigliare, cominciò a negare disperatamente le percosse e continuava a ripetere angosciato che la madre gli voleva bene… l’idea di benessere e di amore che ci si costruisce e a cui si resta saldamente attaccati è un’idea molto personale, spesso legata al fatto che un bambino, non possiede strumenti cognitivi, emotivi, né termini di paragone per stabilire se quello che gli viene proposto come schema mentale di accudimento sia buono o meno.

Amare, sorridere, vivere emozioni positive, quali possono essere il piacere della vicinanza, il calore dell’intimità dei legami di attaccamento sono correlate al benessere globale grazie a un circuito auto-rinforzante, una sorta di profezia positiva auto-avverantesi.

L’intimità e il benessere dell’attaccamento hanno comunque bisogno di tempo e di cura per manifestarsi, consolidarsi in modo da procurare una piena soddisfazione. I tempi dei sentimenti sono tempi dettati dall’emozione e raramente coincidono con i ritmi imposti dal lavoro e dagli impegni. Quanto spesso però, lavoro, impegni e attività servono a strutturare il tempo proprio per evitare l’esperienza del legame intimo?

Vediamo cosa dice la psicologia della gestalt: Tutto il percorso esistenziale appare disegnato dal gioco costante dell’alternarsi di equilibrio-squilibrio tra “bisogni e risorse” dell’organismo e “risorse e richieste” dell’ambiente.

Ogni esperienza, in modo naturale, segue un processo che in “Terapia della Gestalt” viene definito “ciclo di contatto”, in cui da una fase di avvicinamento graduale all’ambiente esterno o interno che segnala un bisogno, una necessità, un problema da risolvere (pre-contatto) si passa all’individuazione di opzioni di comportamento, alla mobilizzazione dell’energia nella ricerca delle possibili soddisfazione del bisogno nell’ambiente ( avvio di contatto) e alla messa in atto del comportamento appropriato ( contatto – contatto pieno) con una conseguente sensazione di compimento, soddisfazione e integrazione dell’esperienza nella storia personale (post-contatto), fino alla chiusura del contatto con questa parte dell’ambiente interno o esterno che aveva attivato il processo (ritiro).

Quando si consente al bisogno/desiderio di emergere chiaramente in figura dal fondo del campo percettivo, l’esperienza segue il corso dell’equilibrio dinamico, sperimentando l’appagamento, il benessere e le energie fluiscono nel processo di autoregolazione.

Tutta la complessità del comportamento umano, da una breve esperienza, una semplice azione come mangiare una mela, ai vissuti relazionali, come l’incontro amoroso, fino alla comprensione dell’intero ciclo della vita, rispondono allo stesso processo di avvicinamento-contatto-ritiro, squilibrio-insoddisfazione-azione riequilibrante-equilibrio-appagamento. L’emozione è ciò che segnala il bisogno, che nelle prime fasi della vita risponde solo al codice “piacere-dispiacere” per poi diventare un codice emozionale differenziato che l’adulto comprende attraverso la consapevolezza istante per istante, della sua esperienza. L’adulto porta sempre con se l’esperienza che fa con se stesso e con gli altri nel mondo, elaborata attraverso la sua storia emotiva e relazionale, così facilmente si crea stress, disagio e patologie psicofisiche.

I blocchi emotivi di manifestano nel modo in cui l’individuo fa le cose: nel modo di parlare, camminare, nelle posture e nei gesti, ovvero nel modo di essere al mondo.

Quando il contatto con i bisogni è interrotto e compare il disagio, occorre riparare la ferita emozionale primaria, recuperando non il contenuto dell’esperienza dolorosa, che appartiene solo al passato, ma il suo vissuto. Se si vuole uscire dalla paura bisogna entrarci dentro e attraversarla.

Maura Luperto