L’Associazione per la ricerca sulla depressione con sede a Torino pubblica i seguenti dati:
- Il 5% della popolazione mondiale soffre di depressione grave
- Il 15-20% soffre di depressione lieve
- Il 50% dei colpiti non viene diagnosticato
- Età a rischio 20-40 anni
- Le donne sono in rapporto di 4:1 rispetto agli uomini
I dati sono preoccupanti e certamente c’è qualcosa che non funziona se al mondo ci sono circa 350-400 milioni di depressi di cui almeno 5 milioni in Italia. E se c’è anche il sospetto che almeno il 50% non abbia nemmeno una diagnosi.
Cosa si fa di sbagliato che rende il terreno fertile a questo male oscuro? Perché così tanti depressi? La risposta è drammatica: siamo diventati estranei a noi stessi. Si tratta del comportamento collettivo di un’epoca. Soprattutto degli ultimi decenni che hanno fatto della superficialità uno stile di vita, che ci spingono ad attaccarci a cose fatue, che hanno ridotto l’esistenza a un evento banale.
La vita ha un senso più profondo che solitamente le si attribuisce? Qualcosa che va oltre il divertimento, l’accumulo di denaro, le spese sconsiderate, il rincorrere il successo…. e poi con paura, aspettare di morire? La depressione spazza via questa identità di superficie e “permette” di andare in profondità a cercare qualcosa di diverso. Ci si chiude in se stessi, non ci si interessa più delle cose, ci si allontana da tutto…in fondo è il presupposto per guardare altrove, verso valori e scopi più significativi.
Oggi domina la tendenza a vivere lungo la linea di minor attrito; ma questo impedisce di fare i salti di qualità che l’evoluzione spirituale esige, ogni giorno. Perché proprio questo è l’insegnamento di tutte le antiche tradizioni. Il depresso è un po’ come Saturno, il Dio della mitologia cui simbolicamente questo disagio è collegato: un vecchio chiuso, cupo e ricurvo. Spesso giovane d’età ma vecchio nell’animo, e ripiegato sui suoi pensieri bui, cristallizzato nella ripetitività, appesantito da un fardello di cose inutili a cui è attaccato…
Per uscire dalle difficoltà, bisogna guardare le cose da un altro punto di vista, dar spazio al nuovo che a gran voce chiede strada, ascoltare quel centro misterioso che abita in noi e ci anima.
Maura Luperto