Piangere fa bene al cuore

Si dovrebbe pensare al corpo non soltanto per come appare, ma come il luogo in cui avvengono chimiche più sottili. In cui vi sono delle “energie” che lo percorrono incessantemente e lo ricreano. Bisogna avere uno sguardo che va oltre per poter vedere l’essenza del cuore e capirne i principi psicosomatici che lo regolano e ne realizzano il benessere.

La legge del Tao afferma che esiste un legame sottile tra l’energia che abita nelle lacrime e il cuore. Ma non sono le lacrime qualsiasi quelle che fanno bene al cuore: piangere pensando in modo negativo, alla propria sfortuna, ai problemi, ai conflitti, lamentandosi della propria misera vita, lacrime versate quindi sulle proprie infelicità, non sono per niente utili al cuore.

Piangere sulle proprie miserie, rimpiangere un passato migliore, rivivere i tradimenti subiti, le sfortune capitate, è tipico delle persone che “soffrono di cuore” e in particolare degli infartuati.

Allora a cosa serve piangere? Serve solo quando le lacrime sono “limpide”, quando le lacrime sgorgano spontaneamente soprattutto quando sono legate a eventi che nulla hanno a che fare con noi. La commozione e la compassione aiutano i nostri battiti cardiaci, se non sono direttamente connesse con il nostro vissuto. Anche il pianto di rabbia e frustrazione non serve al cuore e altrettanto dannoso è il pianto causato dai sensi di colpa. Il pianto è invece benefico per il cuore quando assomiglia al “teshuvà“, cioè al pentimento.

Il teshuvà è uno stato di commozione nei confronti della vita e delle persone che soffrono. È puro altruismo, è il pianto che fa bene al cuore. È indubbio che chi si adopera per gli altri incondizionatamente è una persona felice e il suo cuore sta bene. Le persone che si commuovono creano una relazione diretta tra il cervello e il cuore.

Uno dei miei maestri mi raccontava di un maestro taoista che si commuoveva per ogni piccola cosa, e che interrogato su questa sua commozione rispose che “aveva imparato con un costante esercizio a trasformare le emozioni in lacrime“.

Essere umili fa ben al cuore, però non deve essere uno sforzo. In chi si ammala di cuore c’è troppo orgoglio e l’orgoglio è come il fuoco che spegne l’essenza delle lacrime. Al di là del mito della virilità (i maschi non piangono) che ci è stato tramandato, solo chi è Saggio sa piangere e liberare il cuore. Per uno strano mistero che collega le cose della vita, gli stessi concetti cinesi riposano nell’essenza del pensiero ebraico. Infatti entrambe le tradizioni asseriscono che l’intelligenza del cuore si libera con il pianto e la visione della vita cambia in quell’uomo che sa ritrovare la propria commozione.

Ogni secrezione del nostro corpo è preziosa ed è capace di miracoli perché contiene le forze sopite dell’Universo. Le lacrime sono vicine agli occhi, alla consapevolezza, al dolore, alla gioia, all’abbandono, all’Amore… quante emozioni, quante parole racchiuse in minuscole gocce.

Gli antichi sciamani insegnavano a piangere senza collegare le lacrime a nessun evento perché in assenza di immagini, le lacrime diventano un mare di purezza, liberano il sangue dalle tossine e purificano il cuore.

Durante le sedute con i miei pazienti, quando a qualcuno si imperlano gli occhi di lacrime apparentemente senza motivo lo considero un passo importante verso il cammino di evoluzione, perché le energie sottili che ci abitano si manifestano nel legame tra le lacrime e il cuore.

Oltre alle “lacrime giuste” ci sono anche altri segni da considerare, come per esempio l’eloquio accelerato, il parlare concitato che è tipico di chi soffre di disturbi del ritmo cardiaco. Queste persone pensano che tante più cose riescono a dire in minor tempo, tanto più sono efficienti. Sono soggetti che corrono dietro alle cose, rincorrono affetti ed emozioni.

Allora è importante osservarsi mentre si parla, diventare consapevoli del proprio modo di parlare e soprattutto imparare a rallentare… anche la tachicardia, così facendo, può riprendere un ritmo più lento se l’aritmia non dipende naturalmente da problematiche cardiache. Le parole stesse hanno un collegamento con il cuore nel suono che la lingua produce… sia il cuore sia la lingua producono suoni.

Ma la cosa più importante che possiamo fare per il nostro cuore è quella di stare fuori dai giudizi. Non giudicare e non giudicarsi. Infatti una delle maggiori cause di malattie psicosomatiche è proprio il giudizio che troppo spesso si esprime su se stessi.

L’idea che la nostra mente si fa di noi stessi, parte dal cervello, si materializza nel corpo fino a somatizzare. Questo è particolarmente vero per il cuore. Soprattutto per quelle persone che vivono nell’idea di non essere all’altezza di raggiungere gli obiettivi. Quelli che qualsiasi obiettivo raggiunto non è mai abbastanza, quelli che per ogni cosa che fanno, non hanno mai fatto niente di veramente importante. Queste continue svalutazioni, la continua ricerca di migliorare, il trascurare la propria affettività è forse la causa più significativa dell’infarto.

Come se il cuore non volesse correre dietro all’idea che ci si è fatta di se stessi, come se cercasse di fuggire da una mente che lo vuole imprigionare. È possibile imparare a essere meno esigenti con se stessi, a piangere, a parlare col ritmo giusto… è questo che ci chiede il Cuore.

Maura Luperto