Gli americani si riferiscono al self-care desease per indicare una malattia di cui ci si prende cura da soli. Come la “stipsi”. Infatti di solito della propria stipsi ci si occupa personalmente. Forse perché riguarda problemi piuttosto intimi di cui si ha riguardo a parlarne, oppure perché si soffre da tanto tempo che alla fine ci si stanca di cercare soluzioni. Perché spesso le cure risultano inefficaci? Non sarà che non viene modificato nulla nell’ atteggiamento mentale che accompagna questo disturbo?
Infatti prima di ricorrere a un rimedio ci sono molte cose da modificare. Chi soffre di stitichezza di solito è piuttosto chiuso, controllato, molto formale, a volte anche un po’ falso, avaro e geloso di ciò che possiede, teso a far di se stesso un’immagine “pulita”, caratterizzata dalla rettitudine e dai grandi ideali.
Pertanto questo disturbo è strettamente connesso a uno specifico modo di essere. Quindi chi ne soffre potrebbe cercare di cambiare in modo morbido piuttosto che ostinarsi a lottare con il proprio intestino.
La questione sta proprio nell’iniziare a prendere in considerazione l’ipotesi di dare spazio ad un altro modo di pensare, di muoversi ecc. Le viscere hanno un significato antico in cui abita una parte importante, un luogo in cui affondano le radici della personalità: se se ne blocca la funzione, allora si lotta contro se stessi. Di solito si pensa alle feci come a un prodotto di rifiuto, ma defecare è anche un atto creativo che fornisce alla terra un nutrimento necessario e prezioso.
In questo senso allora si può pensare alla stitichezza come a un tentativo di sottrarsi alla naturalità del ciclo vitale. L’individuo stitico fa resistenza alla vita e al suo divenire. Blocca tutto, tenta di impedire che le situazioni progrediscano. L’ostinazione dell’ intestino e il relativo ingorgo della pancia esprimono molto bene l’intasamento mentale degli stitici, spesso in preda a pensieri ricorrenti e idee fisse.
Diventa allora importante rompere questo modo ripetitivo di pensare e un atteggiamento mentale diverso consente di uscire dal “vicolo cieco”.
Di fatto abbiamo due cervelli, uno in testa e uno in pancia, collegati tra di loro. Il cervello intestinale è rappresentato da un reticolo di cellule nervose sotto la mucosa dell’apparato digerente. Infatti nel cervello intestinale si trovano molti neurotrasmettitori del sistema nervoso. Inoltre contiene più 100 milioni di neuroni, in numero quindi maggiore di quanti ve ne siano nel midollo spinale.
Tra il cervello cerebrale e quello intestinale c’è un’interazione continua, di fatto l’uno non si muove senza l’altro. Quindi è chiaro che chi soffre di stipsi soffre anche di insonnia, indigestione e incubi sono correlati e paura e stress mettono l’intestino in subbuglio.
Maura Luperto