Stasera passeggiavo con James per le vie di Montegrotto, un’altra delle nuove abitudini dovute alla quarantena, perché prima eravamo più tipi da campagna.
A un certo punto mi sento tirare di colpo verso la recinzione di una casa. “James, smettila di puntare i gatti che poi sai che te le danno di santa ragione e ti si abbassa l’autostima!“.
Ma, con mio grande stupore, mi sono accorta che quello non era un gatto qualunque, bensì Teo! Teo el gateo (4venetionly) è un componente speciale della nostra famiglia.
Nato anni fa in una stalletta privata di amici, era stato vittima di un incidente in una delle grate della pavimentazione e nonostante le cure dei suoi proprietari, si stava lasciando andare.
Fu così che una mattina, dopo aver chiesto loro il permesso, me lo caricai in auto. Il mio negozio allora confinava con una famosa clinica veterinaria specializzata in fisioterapia dove lo lasciai nella speranza che ci fosse ancora qualcosa da fare.
Fino a quel momento ero convinta fosse una femmina, e la chiamai Giuggiola. All’allora Giuggiola fu diagnosticato un trauma alla colonna spinale, all’altezza delle vertebre del collo. Aveva una grande gobba e non riusciva a camminare, sembrava Quasimodo.
“Tenetelo al caldo, dategli questi farmaci e speriamo si riprenda. La vescica funziona da sola, ma forse non camminerà mai più bene”. Mia sorella si offrì di tenerlo a casa sua perchè io ero già oberata di animali da gestire.
“Sei sicura? So che Marco non vuole ASSOLUTAMENTE gatti in casa… ” “Lo terrò almeno stanotte e, se la supera, poi vedremo” (vi risparmio tutte le varie fasi, dallo shock-alla rassegnazione-alla rivelazione, ma fu così che mio cognato diventò il più grande appassionato di gatti di tutto il Veneto).
Gigia, la chihuahua di mia sorella, si rivelò un’ottima balia-infermiera di quello che nel frattempo avevamo scoperto essere un bel micetto maschio e lui si riprese alla grande contro ogni pronostico, passetto dopo passetto, al motto di “barcollo ma non mollo”, crescendo in perfetta forma e riacquisendo perfettamente l’uso delle zampe!
Qualche tempo dopo mia sorella si offrì per stallare una cucciolata di gattini orfani da svezzare, decidendo di tenersi una femmina, la bella Miranda. La cosa non andò molto a genio a Teo che, ormai grande (e sterilizzato) decise di lasciare il nido familiare e iniziare ad allargare i suoi orizzonti (la vita di coppia non faceva per lui), facendo ritorno solo quando ne aveva voglia, sempre più sporadicamente.
La cosa strana era che tornava a casa sempre meno, ma sempre più in forma (tonda). Finché non si scoprì che una coppia di anziani signori, di qualche casa più in là, lo considerava ormai il loro gatto: Teo aveva due case e due famiglie, anzi per dirla in gattese aveva 4 maggiordomi e 2 residenze!
Con il tempo a casa di Sara arrivarono poi Tea ea Gatea, Vaia e Bosco. E Teo, ritenendo la sua casa di famiglia ormai overbooking, ha definitivamente fatto le valige per restare con la coppia di anziani vicini.
Per questo io non lo vedo mai, anche se ci informiamo regolarmente sul suo stato di benessere.
Incontrarlo stasera è stato un bel regalo e una grande emozione. Vederlo oggi libero, titolare della sua vita e sicuro di sé, per me vale più di ogni altra cosa.
Le esistenze s’intrecciano nei modi più imprevisti e i membri della famiglia non sono per forza quelli con cui hai legami di sangue o che vivono sotto al tuo stesso tetto.
Un congiunto può essere anche un gatto vagabondo, che ha fatto un pezzettino di strada con te e poi ha scelto di stare altrove, ma che farà sempre parte della tua storia. E che, una sera di maggio, incrocia nuovamente il tuo cammino, per il tempo di un saluto.
Elena Chiarentin