Un ragazzo viveva ai margini della società, cercando di arrabattare qualche soldo svolgendo ogni sorta di lavoretti gli capitassero sotto mano. Era alto, forte, robusto, intelligente, in piena salute. Viveva vicino a un porto, quindi non mancavano le occasioni di guadagnare qualche soldo scaricando merce e svolgendo piccole commissioni per turisti. Ma passavano lunghi periodi in cui non attraccavano navi, specialmente in inverno. Il paese versava in una crisi economica mai vissuta prima, commissioni e lavoretti sempre più rari. Viveva insieme alla sua ragazza in una casetta tutta in legno, mal tenuta insieme con corde e collanti. A malapena riuscivano a ripararsi dal freddo, con l’aiuto di un grande camino in pietra che riusciva a scaldare ambiente e vivande. I due si volevano molto bene ed erano molto uniti. Lei faceva le pulizie nei condomini e negli alberghi.

Insieme riuscivano, come si suol dire, a sbarcare il lunario, ma sempre con più difficoltà. Finché un giorno lei bloccò il suo ragazzo sulla porta d’ingresso, mentre costui rientrava da una giornata faticosa per dargli la bella notizia: “Amore! Sono incinta! Presto sarai papà!”.

Bella notizia? Sì, solo per i primi dieci secondi, grande gioia. Poi, inevitabile, l’ombra dello sconforto. La notte non riusciva a dormire. Pensava come avrebbe fatto a mantenere la sua famiglia ingrandita. Le sue risorse, unite a quelle della compagna, non sarebbero mai state sufficienti. Fra l’altro la ragazza non avrebbe lavorato per un lungo periodo di tempo, forse mai più.

Mentre rimuginava su come e cosa fare, brutti pensieri si affacciarono alla sua mente, e la notte, si sa, in questi casi, non porta consiglio, ma amplifica paure e rabbia: “Ho sempre lavorato” – pensava – “mi son spaccato la schiena in due e per cosa? Per quattro miserabili monete, una catapecchia che si tiene in piedi a malapena. Maledetti i miei genitori che mi hanno abbandonato ancora in fasce, maledetto chi mi ha ritrovato, maledetto orfanotrofio, maledetti genitori adottivi che mi hanno maltrattato e che fra un calcio e uno schiaffo mi educavano alla religione e alla preghiera. A momenti m’ammazzavano quei due ‘devoti’, vedevano peccati dappertutto, qualunque cosa facessi, qualunque cosa dicessi. E castighi su castighi, punizioni su punizioni, e ritorsioni. Son dovuto scappare. Ma cosa ho fatto di male per nascere e ritrovarmi così? A che serve pregare? Se esiste qualcuno lassù, perché ha permesso tutto questo? Perché proprio a me? Che ho fatto di male oltre a nascere? Non ho mai fatto male a nessuno, solo subìto. E adesso che farò? Non chiedo molto, mi basterebbero solo le risorse per crescere mio figlio, farne un uomo che non diventi un miserabile come me, che possa studiare, che abbia la sua occasione nella vita per scommettere su se stesso e costruire il suo futuro. Ma lo so, Dio non esiste, non per quelli come me. E poi di cosa parlavano quei due imbecilli? Di demoni? Di angeli? Ma quante idiozie ho dovuto sentire. Poi quella dell’angelo custode che mi protegge sempre: si vede come mi ha protetto. Per non parlare delle favole che mi leggevano all’orfanotrofio ‘e vissero felici e contenti’, ricchi prìncipi e ricche principesse che coronavano il loro sogno d’amore ‘per sempre’. Grazie. Con i soldi è tutto più facile: altro che angeli custodi!”.

Poi si addormentò. E iniziò a sognare. Nel sogno confusionario, lui era seduto a un tavolo di un ristorante, all’aperto, insieme alla sua ragazza, e su di un grande schermo stavano trasmettendo un film che raffigurava la storia della sua vita, ove si affollavano le persone che l’avevano tormentato, e, allo stesso tempo, transitavano i personaggi delle favole che subiva ogni giorno all’orfanotrofio e che gli rimbombavano continuamente in testa. Sempre nel sogno, la sua ragazza era a fianco a lui, gli stringeva la mano e lo confortava. A un tratto una colomba bianca uscì dallo schermo e si posò proprio sul tavolo, davanti a loro. Grande, bella, luminosa, quando richiuse le grandi piumose ali bianche, iniziò incredibilmente a parlare lentamente e con una voce bellissima: “Ognuno di noi, da quando nasce, ha almeno un’opportunità nella vita per emergere, e, se dotato di buon senso, sa come sfruttarla a suo vantaggio e far del bene allo stesso tempo. Caro ragazzo, tu hai le carte giuste per costruirti un futuro con la tua ragazza e tuo figlio, ma devi imparare a leggerle, con la tua intelligenza, non con l’autocommiserazione. In questo momento, nel mondo stanno nascendo dieci bambini, di cui due sono destinati a morire, e cinque sono più sfortunati di te, perché soffriranno la fame”. E spiccò il volo.

“Ferma dove vai? Aspetta! chi sei?” – fece il ragazzo sbigottito ancorché incredulo. Ma la colomba era volata via, lontano. Sul tavolo aveva lasciato cinque carte da gioco, napoletane, coperte. La sua ragazza, senza dir niente, lo invitò a girarle. La prima era un Re di Spade, la seconda una Donna di Coppe, poi, a seguire, tre carte di denari: il l’Asso, il Cinque e il Settebello.

Quando al mattino si risvegliò, ricordava il sogno perfettamente, e la sua carica d’odio si era momentaneamente smorzata. Mentre faceva colazione, con la sua ragazza, gli venne naturale di raccontarle il sogno, ma fu subito da lei interrotto: “E si conclude con la colomba che lascia cinque carte?”

Sbigottito, verificò che non stesse ancora sognando e disse: “Ma … amore, abbiamo fatto lo stesso sogno? Hai sognato la colomba parlante?”

  • “Ma non parlava” – ribatté lei – “ha solo lasciato le cinque carte: il re, la donna, poi l’asso, il cinque, il sette …”
  • “Ma sì” –  aggiunse lui  – “proprio lo stesso sogno”

con la differenza che lui aveva sentito e ricordava le parole.

La ragazza, religiosa osservante, lo invitò a scrivere quelle parole, per non dimenticarle, andò a prendere le carte napoletane e le pose sul tavolo nell’ordine in cui le avevano sognate, cercando di dare un’interpretazione. “E’ un segnale divino, amore mio” – soggiunse la ragazza  – “Ecco cosa significa: il re di spade sei tu, uomo forte, fiero e combattente, che non si arrende mai, la donna di coppe sono io, sempre al tuo fianco e pronta a riempire i vuoti della tua vita, l’asso è nostro figlio che sta per nascere … ma non saprei decodificare le altre due di denari …”

“Sono numeri, cara” – continuò il ragazzo – “che devo giocare così: la somma 1, 5 e 7 fanno 13, un numero che da sempre porta fortuna, il cinque indica che devo giocare una cinquina, rimane il settebello, ovvero il sette di denari … sette denari … non saprei …”.

“Sono i sette euro che fin adesso ho messo da parte per ogni evenienza, amore mio” – intervenne la ragazza – “quelli che son riuscita a risparmiare come una formichina, negli acquisti. Vai, amore mio, questa è l’occasione. Il Re 10, la Donna 8, poi 1, 5, 7 sulla ruota di Napoli (le carte sono napoletane). La colomba è il simbolo della pace e della rinascita, ricordi? L’arca di Noè!” – concluse la ragazza. Andò a prendere dal suo borsellino i 7 euro, glieli diede, e lui, prima di andare a lavorare, passò dalla ricevitoria, per giocarli al lotto, 7 schedine per giocare 1 euro ciascuna la cinquina designata sulla ruota di Napoli.

Immancabilmente i numeri uscirono tutti e cinque, e sulla ruota di Napoli. Fu gioia immensa nella piccola, adesso fortunata, famiglia. La vincita? Circa quaranta milioni di euro, una cifra impensabile. Il ragazzo, senza farsi prendere dall’ansia, con calma e freddezza, iniziò le procedure per la riscossione, cercando di mantenere la massima riservatezza. Naturalmente, in un baleno tutti i problemi erano risolti (o perlomeno così credeva), le angustie di una vita svanite in un attimo, così, finalmente, avrebbe potuto pensare alla famiglia più positivamente.

“Amore, per prima cosa, ci sposiamo, compriamo una casa, subito, prima che nasca nostro figlio, voglio dare un colpo di spugna alle nostre sofferenze, basta povertà, andiamo a vivere in città, al centro, dove c’è la vita! E smetteremo di lavorare, viaggeremo per il mondo e nostro figlio studierà a Oxford” – sostenne con fierezza il nostro protagonista, che stava cominciando a figurarsi una vita da nababbo.

“Tesoro” – soggiunse la candidata moglie – “va bene tutto, sposiamoci, compriamo casa, ma io continuerò a lavorare, dopo il periodo di maternità, e non abbiamo bisogno di vivere in una reggia, ci basta il giusto per star bene, l’importante è il nostro amore, nostro figlio, il suo futuro, a noi basta la tranquillità economica!”

“No, amore mio” – ribatté un po’ duramente il ragazzo, riprendendosi rapidamente subito dopo, e sorridendo rimodulò la frase – “voglio dire, siamo giovani, meritiamo una vita vera, come ho sempre sognato per te, per noi, piena di gioie e divertimento, i soldi sono tanti, non finiranno mai”.

Divennero in breve marito e moglie, matrimonio in chiesa, da bravi cattolici, cerimonia sontuosa, pranzo al ristorante all’aperto, come non era mai successo, firma di un contratto d’acquisto di una grande casa nella città di mare ove avevano sempre vissuto, ma stavolta non più ai margini, ma in pieno centro.

Un’altra serena e gioiosa notte sopraggiunse, un altro sogno lucido, stavolta con grandi progetti e piani dispendiosi per il futuro, si configurò nel solito locale, dove insieme alla sposina aveva incontrato, in sogno, la fortuna. Il monitor trasmetteva un altro film, con lui protagonista, stavolta nelle vesti di capitano di una nave da crociera. La moglie sempre accanto a lui, che gli tiene la mano e gli chiede:

“Hai ringraziato l’Angelo che ti ha dato tutto questo?”

“Angelo? Che angelo?” – rispose – “non mi dire che credi anche tu agli angeli? Gli angeli e i demoni sono figure oscurantiste inventate dall’uomo nel medioevo per rappresentare il bene e il male che vivono in noi, non dissimili dagli dei delle altre religioni …”

In quell’istante, la colomba del sogno precedente uscì nuovamente dallo schermo e si posò ancora una volta sul tavolo davanti a loro.

“Hai altre carte, colomba?” – disse sogghignando il ragazzo, con un tono di scherno lievemente strafottente. La moglie gli strinse la mano a pugno, quasi a rimproverarlo, gli rivolse uno sguardo di ammonizione, invitandolo al silenzio. La colomba, non raccogliendo la provocazione, cominciò ancora una volta a parlare con voce dolce e suadente:

“Hai avuto la tua occasione ragazzo, e continui ad essere scettico. Non importa. Adesso sei ricco, non per opera tua. Ricordi quando ti ho detto dei due bambini neonati che sono morti? Non mi hai neppure chiesto come e perché sono morti, e sappi che anche in questo momento moriranno altri due bambini neonati su dieci. Eppure sei quasi un papà, vuoi il meglio per tuo figlio, dovresti essere più sensibile, ben sapendo che in questo momento sei il più fortunato di questi 10, e dei prossimi dieci e dei prossimi ancora!”.

“E che devo dirti? Dai, perché sono morti? E dove? Tanti bambini muoiono al mondo e nessuno si chiede perché, dove o come” – risponde il ragazzo con tono difensivo e mansueto.

“E nessuno vince oltre quaranta milioni di euro in un solo giorno, caro ragazzo. Ci sono molti uomini poveri che quando hanno pochi soldi in mano si preoccupano di aiutare altri più bisognosi di loro, e ci sono tanti uomini ricchi che pensano solo ad aumentare il loro patrimonio, raramente fra questi ci sono dei filantropi”

“Cosa vorresti dirmi? Che mi hai fatto vincere questi bei soldi per fare beneficenza? Dovrei diventare filantropo?” – rispose stavolta un po’ alterato il ragazzo

“No, giovane epulone. Il cuore dovrebbe spingerti a devolvere un terzo dei tuoi averi per le popolazioni del terzo mondo che sono state colpite da un devastante terremoto in questi giorni. Quei due bambini moriranno perché non hanno più una famiglia né qualcuno che può pensare a loro: i genitori sono stati travolti dalle macerie. Loro, anche se salvi, moriranno presto disidratati. Ma tu puoi cambiare il loro destino, essere forse il loro angelo custode invisibile, come qualcuno forse lo è stato per te. Pensaci, rimarresti comunque ricco!” . E volò via, lasciando sul tavolo stavolta una busta sigillata. Il giovane aprì la busta, lesse il contenuto, sogghignò scuotendo la testa.

La donna, che aveva assistito passivamente al dialogo, ma che stavolta aveva sentito le parole della colomba, intervenne: “Ha ragione la colomba, amore mio! È lei l’artefice della nostra fortuna, come minimo dobbiamo ascoltarla e …”

“E infatti l’abbiamo ascoltata, moglie mia” – la interruppe il nuovo ricco marito, nel pieno della sua boria, mentre richiudeva la busta – “Ma ciò non significa che sottrarrò tredici milioni dei nostri averi per una causa persa. Mica posso essere il benefattore dell’umanità. E poi, l’ho causato io il terremoto? E poi … e poi … i soldi sono già spesi”

“Come … già spesi?” – ribatté la moglie cadendo dalle nuvole – “come li hai spesi? E senza dirmi niente? Abbiamo sempre preso le decisioni insieme, tu sei il mio Re di Spade ed io la tua Donna di Coppe, amore mio! Che cosa ti è successo? I soldi ti stanno dando alla testa?”

“Ma no, tranquilla moglie mia” – fece come per rassicurarla – “doveva essere una sorpresa: ho dato l’anticipo per acquistare una nave da crociera, durante la tua gravidanza faremo il giro del mondo e sarai assistita dal miglior medico, ostetrico e ginecologo!”

“Ma così i soldi non basteranno … come faremo a mantenerla poi, quando saranno finiti?” – ribatté confusa la moglie

“Ho pensato a tutto amore mio: è la nave di una compagnia che fa crociere per ricchi! Le spese rientreranno l’anno successivo, e poi continueremo ad essere ricchi con i proventi delle crociere. Pensa! Gireremo sempre il mondo insieme e nostro figlio potrà studiare in collegio e poi a Oxford. Ho pensato dunque anche alla nostra vecchiaia. Se sottraggo adesso tredici milioni dovrò chiedere un finanziamento… e pagare gl’interessi con i guadagni!” – disse appallottolando la busta e gettandola nel cestino. Nella busta c’era una lettera con su scritto l’indirizzo e il numero di telefono di un ente di raccolta fondi per beneficenza.

La moglie aveva abbozzato con mezzo sorriso. Forse non aveva capito bene il piano finanziario del marito, ma sicuramente aveva capito che ogni tentativo di farlo ragionare sarebbe stato vano. Tuttavia chiese:

“Quanto hai dato d’anticipo?”

“Un milione di dollari, contanti, circa ottocentomila euro e … domani si salpa. Prepariamoci, e andiamo a dormire, domattina dobbiamo alzarci presto.”. Fecero i preparativi e andarono a dormire e sognare, lui serenamente, lei un po’ meno.

La nave salpò la mattina dopo. In pochi giorni era nell’Atlantico, motori al massimo, vento in poppa. Solo il personale marinaio necessario, un ginecologo e un’ostetrica. Nessun passeggero. “Non è fantastico amore mio? Oramai il mondo ci appartiene. Finalmente felici e … vincenti”. E si gongolava nella sua gioia e nei suoi progetti.

“E nostro figlio? Hai pensato a lui? Se vivrà in collegio non lo vedremo mai?” – osservò la ragazza.

“Ma no! Sarà sempre con noi in vacanza, potremo vederlo quando vogliamo, andare a casa quando vogliamo e tornare qui quando vogliamo. La nave è anche dotata di un elicottero, potremo raggiungere l’aeroporto più vicino e andare a trovarlo e a prenderlo” – tentava di rassicurarla improvvisando

“Non è come vederlo tutti i giorni, parlare con lui, risolvere i suoi problemi, averlo sempre vicino, condividere con lui le sue gioie e i suoi dolori quotidiani: vivere con lui, aiutarlo a crescere, consigliarlo. È questa la famiglia amore mio, non il lusso, gli svaghi, i soldi …”

“Va bene amore mio … vuol dire che … dunque …” – la interruppe arrampicandosi sugli specchi il nostro protagonista – “allora … ehm … i primi due anni,  finché è piccolino, starà sempre con noi, poi … penso che darò la nave in gestione al capitano e … torneremo a casa e … insomma … poi vedremo” – concluse faticosamente.

La ragazza annuì, poco convinta, ma in parte rassicurata, e guardò l’orizzonte. Il cielo cominciava a oscurarsi, e rapidamente fu completamente nero. Iniziò a piovere, poi tuoni e fulmini, poi il vento forte. Il capitano della nave corse dal ragazzo per chiedergli invano il permesso di tornare indietro.

“No, per la miseria! Non posso credere che una nave così grande, così avanzata, possa temere una comune tempesta marina!”

“Con tutto il rispetto, signore” – ribatté timidamente il capitano – “è solo una precauzione. Il bollettino nautico consiglia vivamente di non rischiare. Non è una semplice tempesta tropicale, sembra qualcosa di molto più pericoloso, in trent’anni di nautica, non ho mai visto niente del genere e sento che non preannuncia niente di buono. Viriamo?”

“E non sappiamo quanto durerà, giusto? Non se ne parla. Migliaia e migliaia di navi percorrono questo tratto, più piccole della nostra e non è mai successo niente. Se non c’è un serio pericolo,  e intendo un ‘concreto’ pericolo, proseguiamo. Avanti dunque, capitano. Non vedo l’ora di raggiungere la costa orientale del Nordamerica”.

Il capitano non insistette, sapeva che sarebbe stato inutile, e, in effetti, il messaggio del bollettino nautico non era allarmante. Ma il suo istinto da vecchio lupo di mare gli allertava di prestare la massima attenzione ai prossimi eventi.

E non dovette aspettare a lungo. Il vento aumentava, il temporale incalzava, il mare si gonfiava. Un fulmine aveva colpito l’antenna della radio, quindi erano isolati dalle telecomunicazioni. All’improvviso, all’orizzonte comparve un’altissima onda, almeno dieci metri e si stava dirigendo proprio verso di loro.

Il capitano calcolò che sarebbe arrivata in meno di cinque minuti: “Indietro tuttaaaa! Viriamo! Motori al massimo. Dirigiamo verso sud-est”

“Ma come sud-est? Andiamo in Africa???” – urlò indispettito il ragazzo, che ancora non si era reso conto della situazione

Lei adesso stia zitto e vada sottocoperta con sua moglie e cominci a pregare! Se solo mi avesse dato retta tre ore fa! Il fronte d’onda che sta per raggiungerci dirige a nord-est, e se siamo miracolati, c’investirà solo la coda dell’onda e ce la caveremo con pochi danni!” – inveì il capitano contro il ragazzo, senza troppi complimenti, e subito corse in cabina di comando cercando di sistemare la radio.

E mentre correva verso il suo alloggio insieme alla moglie, il ragazzo ripensava alla sua stoltezza e superficialità, figlia della sua giovanile impulsività, che lo aveva portato a prendere decisioni governate più dal suo egoismo, che dal buon senso. Entrati nell’alloggio, in attesa degli eventi, marito e moglie, udirono l’altoparlante che, per voce del capitano, annunciava:

“Attenzione a tutto l’equipaggio, e al personale viaggiante, parla il capitano: aggrappatevi ai sostegni più robusti che trovate a portata di mano e afferrate tutto ciò che avete di morbido a disposizione, cuscini, coperte, etc. Stiamo per essere investiti da un’onda anomala causata da uno tsunami. Adesso non ci resta che pregare che ne usciamo tutti vivi.”

“Uno tsu… tsu…” – balbettò a vuoto il ragazzo

“Uno tsunami, amore mio” – completò la frase tuoneggiando la moglie – “un terremoto sotto il mare che causa l’onda anomala che ci sta venendo addosso. Ecco il TUO divertimento, Volevi l’avventura? L’emozione? La … CROCIERA? Adesso ascoltami tu: tieniti forte e tieni forte pure me e pensa soltanto a salvarti e a salvarci. Leghiamoci insieme con questo lenzuolo così avremo più probabilità: tu sei più forte e sai anche nuotare”

Il ragazzo senza discutere legò velocemente il lenzuolo al proprio braccio e lo passò sotto le braccia della moglie per serrarla vicino a se e proteggerla al momento dell’impatto. E l’impatto non tardò ad arrivare. L’onda avvolse completamente l’imbarcazione. Si capovolse una, due, tre… un numero indeterminato di volte. Il ragazzo serrava la sua compagna vicino a se, pensando solo a salvare lei e il bimbo che portava in grembo.

“Accidenti” – pensava mentre il suo corpo veniva sballottato qua e la e la sua presa cominciava a cedere – “ma quando finiremo di girare? Non ce la faccio più … ma cosa ho fatto? Avevo il mondo in mano e … adesso tutto il mondo mi gira intorno e mi sta schiacciando … maledetta schedina … maledetti soldi, maledetta colomba…”

Appena pronunciata l’ultima maledizione ricomparve la colomba, sospesa nell’aria con un lieve battito d’ali: fissava dritto negli occhi il giovane oramai allo stremo delle sue forze.

“E adesso che vuoi? Sei venuta a gongolare?  Aaaaargh ….! Non ce la faccio più, e nemmeno potresti aiutarmi! Vattene, colomba della malora, maledetto il giorno in cui ti ho incontrata e ti ho ascoltata!”

“Non mi hai ascoltata del tutto, giovane impulsivo, hai raccolto il mio messaggio nella parte che ti faceva più comodo. Ma adesso hai altro da fare. Salvati da questo terremoto marino, e quando il tuo cuore sarà pronto, chiamami” – rispose la colomba, volando via e scomparendo misteriosamente nel turbine della confusione.

“Ma va a …” – stava per rispondere tutt’altro che gentilmente il giovane, quando la sua presa cedette, e, insieme alla donna era oramai in balia degli sballottamenti dell’imbarcazione che continuava a roteare.

Ma all’improvviso l’imbarcazione smise di girarsi, ondeggiando fino al completo assestamento nel suo assetto naturale. Calma. Silenzio. Il mare non si agitava più. Dall’oblò filtrò un raggio di sole. La cabina era tutta sottosopra, piena d’acqua oggetti e suppellettili galleggianti dappertutto, divano rovesciato, letto sulla parete e i materassi per terra, inzuppati, sui quali si erano casualmente depositati i nostri due sfortunati coniugi, qualche graffio, ma illesi.

“Tutto bene amore mio ?” – disse lui, porgendo la mano alla sua deliziosa sconvolta compagna di viaggio e di vita

“Meglio di così! Avremmo potuto sfracellarci, ma tutto sommato ci è andata bene! Andiamo a vedere come stanno gli altri”

Lentamente, facendo attenzione dove mettevano i piedi, uscirono, percorsero il corridoio pieno d’acqua, risalirono sul ponte e … tutto distrutto. Non c’era più nessuno. Spariti il comandante, l’equipaggio, il medico. Invano urlavano: nessuno rispondeva all’appello. La nave era senza controllo, in balia delle correnti marine e nessuna terra all’orizzonte.

I due ragazzi si trovavano dunque sul ponte di una nave distrutta anche se ancora galleggiante.

“Se solo sapessi come guidare questa carretta… ma forse i motori sono fuori uso. Eccoci qua: ricchi proprietari di una nave alla deriva che forse ci accompagnerà fino alla morte” – disse il ragazzo, in lacrime

“Non torturarti, amore mio… in qualche modo ce la faremo… usciremo da quest’incubo… dobbiamo essere ottimisti. Se ci è successo tutto questo, se la nave non è affondata, se siamo gli unici vivi e illesi, un motivo deve esserci… qualcuno ci protegge lassù e… guarda! Un gabbiano vola altissimo nel cielo! La terra non è lontana”

Il giovane fissò quel puntino bianco, in alto nel cielo oramai limpido, e cominciò a riflettere sulle parole della ragazza. Cominciò mentalmente a fare un veloce riepilogo di quanto era successo, dall’inizio. Fissò i pensieri sulla sua irrefrenabile smania di grandezza, colpendosi la faccia con un pugno. Fece pure due conti: ammesso che si fosse salvato con la compagna e il nascituro, calcolando i danni, i mancati guadagni,  le spese per il salvataggio e il trasporto della nave, per la demolizione (rimetterla in sesto o acquistarne un’altra non era più nelle sue possibilità) il rimanente non gli sarebbe bastato forse per mantenere la lussuosa casa che aveva acquistato, la servitù che aveva assoldato e… non aveva più un lavoro. Sì, avrebbe potuto svenderla in tempi rapidi e comprarne una piccola piccola, ma comunque integra e nuova, in periferia, per poter vivere e rimettersi in carreggiata con il lavoro, quello di prima, mentre la moglie avrebbe cresciuto il pargolo. E poi? Mentre le tenebre dell’incertezza nel futuro calavano nella sua mente, un barlume sembrò affacciarsi in fondo al tunnel, e pensò fra sé e sé: “Se avessi seguito il consiglio della colomba, accidenti, aveva ragione in tutto: il terremoto. Questo ha fatto crollare le mie speranze, i miei piani e i miei sogni. Se conosceva i numeri vincenti conosceva dunque il mio futuro e cercava di mettermi in guardia ed io… presuntuosamente mi son lasciato trascinare dall’ingordigia, una caratteristica che non credevo di avere, che criticavo ai ricchi, quando ero povero”

Il gabbiano continuava a librarsi nell’aria, con eleganza, si avvicinava, il puntino diventava sempre più grande e, guardandolo meglio, la ragazza urlò: “Ma non è un gabbiano! È una colomba …”. Il ragazzo, destatosi di colpo dall’assopimento dei suoi stessi pensieri, la osservò meglio. Il barlume in fondo al tunnel divenne come una luce abbagliante improvvisa.

“Adesso è tutto chiaro!” – urlò guardando il gabbiano-colomba. Prese la moglie fra le braccia stringendola a sé con gioia – “Colomba! Ho capito. Vieni, ti prego! Dammi un’altra occasione”

La colomba, non più gabbiano, dopo ripetute suppliche, discese come in picchiata verso la coppia di naufraghi e si posò sul bordo della prua ove i due giovani sostavano e, rivolgendosi al giovane, con voce dolce e suadente.

“Mi hai chiamato, come prevedevo, giovane sprovveduto, neo-ricco esploratore del mondo. Qualche giorno fa mi schernivi, un’ora fa mi mandavi a quel paese, adesso hai deciso che posso essere la tua salvezza. Lo sai cosa dovrei fare? Ignorarti. Come tu hai ignorato me e i miei consigli. Come tu hai ignorato le preoccupazioni e i consigli della tua saggia compagna. Come tu hai ignorato i consigli del capitano. Ma c’è del buono in te. Non pensavi solo a te stesso, ma eri spinto dall’amore verso questa meravigliosa creatura che ti affianca e verso questo piccolo fiore che sta per sbocciare. Sei solo immaturo, ma l’hai riconosciuto. E adesso …” – con la testolina fece cenno al giovane di avvicinarsi e d’improvviso gli urlò in faccia: “SVEGLIATI!”

Il giovane si destò di colpo e… si trovava nel suo letto, con la moglie che dormiva beatamente. Guardò il calendario: era la data della partenza. La sua nave li aspettava nel porto. Prese il cellulare, telefonò al capitano per disdire con un pretesto: non ci sarebbe stata alcuna crociera. Svegliò la moglie, invitandola a vestirsi più velocemente possibile, spiegandole la sua nuova idea di mollare tutto.

“Che è successo amore mio? Come mai all’improvviso hai deciso di smontare il tuo castello di ambiziosi progetti?” – disse la ragazza fra uno sbadiglio e un occhio dischiuso

“Non hai fatto il mio stesso sogno amore? Il viaggio… il naufragio …” – le domandò il ragazzo

“No amore mio, niente di tutto ciò. Ho sognato di essere una colomba con due ali grandi da gabbiano, che volava così velocemente intorno al mondo che vedevo il mondo girare sotto di me” – rispose la moglie

Bene, voglio che vieni con me. Strada facendo ti spiegherò le mie nuove decisioni che voglio prima condividere con te”.

Sapeva che non poteva permettersi di sbagliare e stavolta le scelte sarebbero state quelle giuste, se avallate dal buon senso e dalla oculatezza della saggia moglie.

E così prima si recarono presso la finanziaria dove lui aveva versato l’acconto per l’acquisto della nave: Esercitò il diritto di recesso e poté riprendersi quasi per intero il milione di dollari anticipato. Poi, insieme, dopo una breve sosta in banca, si recarono presso l’ente di beneficenza, il cui indirizzo aveva letto e memorizzato dalla busta cestinata, ente no profit che raccoglieva soldi per i terremotati nel mondo. Versò un assegno circolare da 13 milioni di euro, che avrebbe così favorito i primi soccorsi alle popolazioni decimate dai sismi devastanti.

Dopodiché si recarono presso un’agenzia di avviamento alle arti e alle professioni per iscriversi entrambi a dei corsi di specializzazione, con il proposito di mettere in piedi un’azienda a conduzione familiare, che avrebbe anche dato lavoro a tanti giovani disoccupati. Infine si soffermarono presso una bottega d’arte e antiquariato e il nostro protagonista chiese alla moglie di scegliere un quadro.

La donna fece la sua scelta. La sera, i coniugi si soffermarono a rimirare il bellissimo quadro sulla parete di fronte al talamo nuziale: una grande colomba bianca sullo sfondo di un cielo blu, limpido e un’iscrizione in alto che recitava: “Una colomba scende dal cielo, un angelo mi mostra la direzione”, finché il sonno non prese il sopravvento e finalmente tre nuove vite avrebbero solcato un terreno non più in ripida salita e denso di ostacoli insormontabili, ma con i problemi di vita quotidiana, confortati dal sostegno economico solido e rassicurante miracolosamente ottenuto.

La conclusione della frase iniziata dal titolo, ma non scontata nel luogo comune che conosciamo sotto forma di proverbio “Chi troppo vuole…“, può stringere molto, ma solo se sa accontentarsi. Ottiene tutto se non tiene tutto per sé: nulla ci appartiene veramente, se non l’amore.

Vincent

Scrittore, Musicista, Informatico

Racconto n. 3 tratto dal mio 1^ libro “Le Favole di Vincent”