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I due papà

Sono due amici dai tempi delle Scuole Medie, hanno condiviso le gioie e le emozioni più svariate, affrontando difficoltà di ogni genere aiutandosi a vicenda. L’uno gioisce dei successi dell’altro, l’uno sostiene l’altro nelle avversità, insomma due veri e propri “Grandi Amici”.

“Un amico se lo svegli di notte, è capitato già, esce in pigiama e prende anche le botte… e poi te le ridà”, affermano  Mogol e Cocciante nel brano “Un Nuovo amico” del 1982, ed è così per Cristiano e Anselmo, i due protagonisti di questo divertente racconto tratto da una storia vera o, forse, più di una.

Passano gli anni, i due si laureano e intraprendono percorsi lavorativi diversi, poi si sposano e diventano papà.  Ciò non impedisce loro di frequentarsi, anche con le rispettive famiglie, continuando a condividere e coltivare interessi comuni: sport e svago.

I due nel tempo maturano una coscienza diversa; l’epoca moderna velocizzata e condizionata dai media mette a dura prova la loro capacità di giudizio critico e distaccato, specialmente da quando hanno iniziato ognuno il proprio ruolo di padre. Cristiano è papà di un bel bimbo,  Salvatore, mentre Anselmo ha una docile femminuccia di nome Marisa.

I figli crescono velocemente, diventano adolescenti. Un bel giorno i due amici s’incontrano per un caffè, discutono e dibattono temi diversi, sui quali difficilmente si trovano d’accordo. La conversazione, a un certo momento, verte sul tema dell’omosessualità.

  • Anselmo, cosa ne pensi dell’omosessualità?
  • Cosa ne penso? Mah! – risponde Anselmo, titubante – Un tempo era tutto più semplice. Si nascondevano e non facevano il chiasso che fanno adesso, che si credono di avere tutti i diritti del mondo. Personalmente inorridisco in presenza di uno di loro, sono errori della Natura e andrebbero eliminati!
  • Ma che vai a pensare, Anselmo – ribatte stupito Cristiano, ravvisando nell’amico un essere troglodita che mai si sarebbe aspettato – La Natura fa il suo corso e impone delle riflessioni sul tema, non puoi essere così  ristretto nelle tue vedute! I gay sono esseri umani come te e me e vanno rispettati, non fanno male a nessuno!
  • Ma dai Cristiano! Addirittura sposarsi! Adottare figli? Peggio che mai! Te lo immagini tuo figlio che si rivolge a te senza sapere se chiamarti papà o mamma? E poi? Quando ti chiede  chi è la madre biologica cosa gli rispondi? Una provetta? O una mignotta? Ma per favore!
  • Anselmo, la tua mente è chiusa, come la mente di molti bigotti. I gay sono innocui o, perlomeno, non sono diversi dagli etero dal punto di vista della civiltà. Hanno i nostri stessi diritti e, soprattutto il diritto alla felicità. Ben venga che possano sposarsi, che adottino bambini che altrimenti finirebbero in orfanotrofi  tutt’altro che vivibili ancorché educativi. Bisogna adeguarsi al progresso, essere di vedute aperte e non razzisti, altrimenti anneghiamo nei nostri stessi pregiudizi!

E il dibattito continua fino a sera, si conclude senza vincitori né vinti, dopo la telefonata della moglie di Cristiano, richiamato all’ordine familiare.

Passano gli anni, continuano i dibattiti fra i due amici, la vita familiare va avanti con i problemi di tutti i giorni, i figli crescono e adesso frequentano entrambi l’Università, stesso corso, stesso luogo.  Un giorno come un altro, i due papà s’incontrano, solito bar, e la conversazione verte sui figli.

  • Sai Anselmo, i nostri figli sono grandi, ci pensi? Erano due ragazzini compagni di giochi! Adesso sono due bei giovanotti e vanno insieme all’Università, ti rendi conto come volano gli anni?
  • Hai ragione Cristiano! Loro crescono, diventano adulti e noi invecchiamo! Sono proprio belli i nostri  ragazzi, studiosi e amici, proprio come noi!
  • Eh sì, Anselmo sempre insieme, studiano insieme, escono insieme, hanno gli stessi amici…
  • Cristiano… tu vuoi dirmi qualcosa, vero? Dài, sii esplicito, forse pensiamo la stessa cosa…
  • Che potremmo diventare suoceri? Oh per carità! Pure parenti! Sai che sventura! – ribatte l’amico sorridendo scherzosamente, pacca sulla spalla.
  • Un vero e proprio incubo! – ribadisce serenamente Cristiano, ridendo energicamente sferrando un finto cazzotto sulla guancia dell’amico.

La conversazione stavolta prosegue allegramente, i due fantasticano su un ipotetico futuro scaturente dall’eventualità di un non impossibile matrimonio, pianificando tempi e luoghi ipotetici per il culto, il pranzo e il nido. Per una volta si trovano finalmente d’accordo su tutto.

Un bel giorno a casa di Cristiano, al termine del pranzo, al quale è stato invitato Vittorio, compagno di giochi e di studi del figlio Salvatore, questi esordisce con un annuncio:

  • Papà, mamma, io e Vittorio dobbiamo dirvi una cosa importante!

I genitori, curiosi, che si aspettano una richiesta di permesso per partecipare a una gita fuoriporta o qualche bella notizia. Silenzio in tavola, si guardano prima fra loro, poi rivolgono l’attenzione ai ragazzi, sguardo sorridente e invitano Salvatore a parlare.

  • Sarò breve: volevo dirvi che… stiamo insieme, ci vogliamo bene!

Per cinque secondi il sorriso rimane stampato sulle bocche dei genitori, attoniti e increduli, gli occhi rivolti a turno verso il figlio e verso l’amico, la bocca ancora aperta, incapaci di proferir parola. Poi si guardano l’un l’altro cercando l’uno il conforto dell’altra nella speranza di aver capito male. La mamma si fa coraggio, si rivolge al figlio incerta:

  • Salvatore… intendi dire che voi due… si insomma…  sì… che siete…
  • Una coppia, mamma, si dice una coppia omosessuale! – risponde Salvatore, con nonchalance, consapevole del fulmine a ciel sereno scagliato sui genitori ignari.

Il bicchiere colmo di birra spumeggiante cade dalla mano di papà Cristiano, che tuttavia rimane immobile, pietrificato. Segue qualche momento di rigoroso silenzio, mentre il sorriso di mamma sfuma in una smorfia di stupore che ricade verso il basso, mentre il suo sguardo ancora incredulo punta il figlio. Il volto di papà scompare fra le mani richiuse a ogiva sul suo volto per nascondere la vergogna.

  • Beh, noi andiamo – si congeda sbrigativo Salvatore, prendendo Vittorio per mano fino a varcare l’uscio verso la libertà, una libertà non solo di spazio, ma anche lo sgravio di un peso che l’ha oppresso da anni, mascherato da scuse, finzioni e alibi.

Papà Cristiano non è in sé. Dopo il fulmine a ciel sereno, una doccia gelata congela il suo nobile io, non riesce a raccapezzarsi sugli ultimi eventi che si son susseguiti troppo in fretta.

  • Cristiano, marito mio, non devi affliggerti, è così che va il mondo, specialmente in questi tempi moderni, lo dici sempre tu… – cerca di consolarlo la brava moglie mentre asciuga il pavimento inondato dalla birra, raccogliendo i cocci di vetro.

Ma è inutile. Cristiano è affranto da un cocktail di dolore, vergogna e interrogativi, e non riuscirà a superare la crisi. Inevitabile l’autocommiserazione:

  • Perché proprio a me? Che ho fatto di male? Perché un figlio culattone? Perché proprio mio figlio? Non avrò il coraggio di guardare in faccia più nessuno! Gli amici… i colleghi… sarò lo zimbello di tutti… sono rovinato! Già vedo la faccia di Anselmo, il mio migliore amico che mi deride…  ohhhh mio Dio!!!!!
  • Ma… Cristiano cosa ti prende? – si avvicina a lui la dolce e comprensiva moglie – Hai sempre sostenuto non solo l’eguaglianza dei sessi, ma sei sempre stato contro l’omofobia, è sempre stato l’argomento di scontro con Anselmo… o te ne sei scordato?

Cristiano si zittisce, rivolge un mesto sguardo alla moglie e balbetta…

  • Sì, amore… ma è diverso… si tratta di mio… nostro figlio. Ancora non ci credo…

Cristiano si dirige verso la porta, indossa la giacca, cerca nervosamente le sigarette in tutte le tasche, ma invano. Ancora agitato si guarda intorno finché non incontra la mano tesa della moglie che le porge gentilmente il pacchetto con una mano, ponendogli l’altra sulla spalla:

  • Si, esci, marito mio, prendi una boccata d’aria per schiarirti le idee, torna quando vuoi e, se vuoi, più tardi ne parliamo.

Cristiano raccoglie il pacchetto, accende una sigaretta va verso la porta, l’apre, ma prima di uscire rivolge un triste sorriso alla moglie, in segno di ringraziamento per la comprensione. Esce richiudendo dolcemente la porta.

Vuole il caso che mentre in casa di Cristiano si sta consumando una tragedia familiare, in casa di Anselmo si sta consumando un lauto pranzo, padre, madre, figlia Marisa e ospite una sua cara amica coetanea: Cecilia.  Giunti al dessert Marisa si alza da tavola per dare un annuncio:

  • Papà, mamma, ascoltate! – esclama sorridente di grande entusiasmo
  • Certo, Marisa, dì pure – fa il padre, bicchiere di Cherry in mano che ben accompagna il dessert
  • Voglio solo dire che io e Cecilia stiamo insieme!

La mamma trasale, si alza di scatto rovesciando la sedia all’indietro, urtando il tavolo con una tale energia da far cadere i calici di vino ancora colmi sulla candida tovaglia. Anselmo fa per scansarsi all’indietro per evitare la caduta del vino sui propri pantaloni, ma così facendo rovescia lo Cherry direttamente sulla camicia.

  • Cooosaaaaaaaaaaaaa? – urla la donna, incurante del terremoto prodotto in tavola, mentre il marito cerca di ricomporsi, passando un fazzoletto sulla macchia e risollevando i bicchieri sul tavolo
  • Hai sentito benissimo mamma! Io e Cecilia siamo una coppia!
  • Ma non dire idiozie, Marisa – continua la mamma urlando e scoppiando in lacrime – ti rendi conto che sei una bambina e non sai quello che dici? E poi… e poi… mi racconti sempre di ragazzi che ti piacciono… hai deciso di cambiare sesso anche tu, dato che oggi è una moda dilagante?
  • Mamma! Ho vent’anni! Sono stata sempre così! Cosa dovevo dirti? Siete entrambi così bigotti! Noi due ci amiamo, come succede a tante altre persone come noi, che finalmente si sentono libere di vivere i propri sentimenti. Svegliatevi. Beh, noi usciamo, torno stasera. A più tardi, baci baci.

Marisa, con un sorriso stizzoso di rivincita prende per mano Vittoria ed esce di casa sbattendo la porta, lasciando la mamma ad arrovellarsi nel suo dramma. La donna con stizza e rabbia si rivolge al marito, per nulla turbato, che nel frattempo ha pulito il pavimento imbrattato di Cherry con un tovagliolo di carta e sta verificando la presenza di altre macchie sulla camicia.

  • E tu Anselmo? Non dici niente? Devo decidere tutto io in questa casa? Che ne facciamo di questa figlia pervertita? Io la caccio di casa! Io non… no! No! Non lo posso accettare. Perché a me? Che ho fatto di male? Ma l’hai sentita? Dice che siamo bigotti! Noi che l’abbiamo educata  insegnandole i nostri sani principi… – e fa una pausa breve per riprendere fiato. Poi riprende – Ma insomma! Dì qualcosa! E piantala di strofinare per terra una buona volta! Anselmo!!!
  • Dico che ha ragione, cara! – la fredda lapidario il marito senza aggiungere altro.

Colpo di scena. La moglie non crede alle sue orecchie. È sull’orlo di una crisi di nervi. Sente venir meno l’appoggio del marito e trova appoggio sul comodo divano all’ingresso, evitando così di accasciarsi sul pavimento svenendo. Fatica per non perdere i sensi, sudando freddo. Cerca di capire cosa sia successo al marito interrogandolo con un tono più mite. Si rivolge a lui balbettando:

  • Non ho p… parole Anselmo! Ma tu… tu… tuuu…
  • Telefono occupato cara. C’est la vie. Che dirti? Guarda il lato buono: non rimarrà incinta di qualche scellerato. Beh, esco anch’io a prendere una boccata d’aria. Qui è diventata pesante. Ne riparliamo stasera. A presto cara.

Come Giuda le dà un casto bacio sulla guancia, prende la giacca, la indossa, accende una sigaretta ed esce, richiudendo dolcemente la porta sotto lo sguardo impietrito della consorte ancora incredula.

Caso vuole che i due uomini s’incontrino al parco, mentre passeggiano, ognuno con i propri pensieri.

  • Ehi! Cristiano! Che piacere…
  • Non è giornata Anselmo, scusami… – risponde prontamente Cristiano frustrando la voglia di conversazione dell’amico
  • Sei bianco come un cadavere, amico… cos’è successo? Ne vuoi parlare? Lo sai, siamo amici. Anch’io, in verità non sono dell’umore giusto, ma vederti mi ridà fiducia. Ma se non vuoi, scusami…
  • No scusami tu, Anselmo, non immagini minimamente cosa mi sia successo… ancora non posso crederci e… perdonami, l’ultima persona che speravo di incontrare sei proprio tu.

Così Cristiano si scioglie e, con il cuore in mano, racconta la propria disavventura con il figlio.

  • Ti rendi conto Anselmo, io criticavo la tua omofobia e invece mi rendo conto di pensarla esattamente come te, anzi, forse sono ancora più bigotto. Che dire… adesso mi prenderai in giro a raffica, dopo tutti questi anni…
  • No Cristiano. Sei solo umano e, senza volere, le tue parole in questi anni mi sono state d’insegnamento. Ho vissuto la tua stessa disavventura proprio oggi, con mia figlia Marisa: ha fatto outing e mi ha presentato la sua fidanzata. Inspiegabilmente , dopo la sorpresa iniziale, mi accorgo che la cosa non mi turba affatto. Forse perché, grazie a te in qualche modo ero preparato. Ho avuto modo di constatare però la ristrettezza mentale di mia moglie: avrebbe ripudiato nostra figlia, come un rifiuto tossico. Allora ho riflettuto: i tempi cambiano e la Natura fa il suo corso, come hai sempre detto, noi  dobbiamo accettarla e saperci adattare, ed eccomi qui a riflettere insieme a te, come non ho mai riflettuto in vita mia. Ricordi il film “Victim” del 1961? Me ne  parlasti proprio tu, Cristiano: in Inghilterra, fino agli anni ’60, essere gay era un reato. Un eroico avvocato dichiarò pubblicamente la propria omosessualità, mettendo a repentaglio il matrimonio e la carriera per smascherare una banda di ricattatori, responsabili della morte di un suo ex amante. Il suo outing pose fine al mercato dei ricattatori e il reato di omosessualità fu abolito proprio in quegli anni. E noi, Cristiano, c’eravamo, eravamo bambini. Ed è proprio l’Inghilterra la nazione dove nel 2014 è avvenuto il primo matrimonio gay. Allora mi chiedo: ha senso perseverare nella mia repulsione nei confronti dei gay? No, come non ha senso qualunque forma di razzismo dettata dalla paura del diverso. Accetta la situazione, Cristiano, come la sto accettando io, rileggi i tuoi stessi ideali e calzali su te stesso.
  • Hai ragione Anselmo, riesci sempre a stupirmi e mi hai ricordato un proverbio: “Fa quel che il prete dice, ma non far quello che il prete fa”. Ebbene, Anselmo, reagirò a questa situazione e, grazie a te, sto traendo insegnamento dalle mie stesse parole: cercherò di non essere  quel prete, ma quell’uomo che è quel che ho sempre sostenuto di essere.

I due ragazzi, figli dei due protagonisti di questa storiella, si erano messi d’accordo per annunciare il proprio stato ai propri genitori, lo stesso giorno, durante il pranzo, contando sulla loro intelligenza e sulla loro amicizia. Confrontandosi i due papà hanno illuminato le loro menti  epurandole da quei preconcetti consci e inconsci che avrebbero inquinato il rapporto con i loro stessi figli. Non va sempre così, il cammino verso l’uguaglianza è in salita e c’è molta strada da fare, molti muri da abbattere e tanta terra da coltivare con il concime della cultura. La vetta è lontana, ma non irraggiungibile, è solo questione di tempo: la Terra ha quattro miliardi e mezzo anni d’età, l’uomo “solo” cinquantamila, millennio più, millennio meno: se non ci siamo estinti fino adesso e se tanti pregiudizi  sono stati sepolti, abbiamo dei buoni motivi per essere fiduciosi in un futuro di un’umanità sempre più civile e meno paurosa.  Il dolore passa e la vita continua. I due amici si abbracciano e ritornano alle rispettive famiglie, abbracceranno le proprie mogli e i propri figli. La cena si svolgerà normalmente, la notte porterà consiglio, domani sarà un nuovo giorno e si aprirà un nuovo capitolo di vita per entrambi i papà e rispettive consorti.

Vincent

Scrittore, Musicista, Informatico