Cantiamo col Sior Pare

Il più grande amore del Sior Pare è sempre stata la musica, soprattutto Lirica e Sinfonica, da questo è venuto da sè l’iniziare a cantare le varie Arie e imitare i Tenori più bravi. Ha sempre adorato cantare, ma non le canzoni “moderne”, anzi, se gli chiedi qualche canzone degli anni ’60 ti guarda stralunato.

  • Oh, Keith Richards e Mick Jagger se continuano così ci seppelliscono tutti!

Sbotto io un giorno, sentendo l’ennesima notizia che li riguarda. Il Sior Pare mi guarda perplesso:

  • E chi ca… xei?!? (E chi cavolo sono?!?)”

Io lo guardo sconvolta:

  • Ma come! Non conosci i Rolling Stones?!?
  • So che i ghe gera, co i Bitols e po’ e fotocopie italiane… ma boh! (So che c’erano, con i Beatles e poi le fotocopie italiane… ma boh!)”
  • Ma scusa, te negli anni’60 che facevi?!?
  • Scoltavo opere!

Da lì ci ho rinunciato a parlargli di musica rock, pop e simili. Già è tanto che si ascolti a malincuore “Virgin Radio” quando sale in macchina con me. L’unico gruppo che ogni tanto riconosce sono i Queen:

  • Sto qua xe el baffon che ghe piazeva a to mare, vero? No xe queo che canta “Radio che caga”? (Questo qua è il baffone che piaceva a tua madre, vero? Non è quello che canta “Radio Gaga”?)

È sempre stato normale per me tornare a casa e trovarlo intento a guardarsi qualche opera e cantarla a squarcia gola. Normale anche sentirlo provare prima per il coro della Chiesa Parrocchiale e poi per il Coro Alpino Veneziano .

Con gli anni i cori si sono sciolti, con la pandemia non va più nemmeno a Messa a cantare, per cui gli rimane intonare qualche pezzo ascoltandolo su Alexa. Ma la passione rimane e ogni occasione è sempre buona per dilettarsi in qualche pezzo d’opera o canzone veneziana.

Una sera è particolarmente triste ma allo stesso tempo in vena di cantare, Ferragosto si avvicina e sente di più la mancanza di Siora Mare. Caso vuole che nel parco di fronte a casa facciano serata Karaoke.

  • “Dove xe che ti vol portarme? A cantar e Oche? Bah… ‘ndemo a far un giro va. (Dov’è che vuoi portarmi? A cantare le oche? Bah… andiamo a far un giro va.)”

Lo faccio sedere in un tavolino, gli prendo una bella birra fresca e gli chiedo cosa vuole cantare.

  • Mi?!? No… ti ga da essar tuta mata! No canto cussì… (Io?!? No… devi essere tutta matta! Non canto così…)”
  • Non hanno le “40 canzonette”, ti ho prenotato “El Gondolier” e il “Nessun dorma”, te va ben?
  • Dighe però de sbassarmea de un tono! So pur sempre un basso! (Digli però di abbassarmela di un tono! Sono pur sempre un basso!)”

La cosa si rivela molto più difficoltosa di quanto l’avessi pensata. Non ha mai usato un microfono, non riesce a leggere i testi e senza Maestro non capisce quando prendere gli attacchi. Mi metto al suo fianco e gli faccio da “Gobbo” per i testi, gli batto sulla spalla quando deve cantare. Alla fine, per fortuna, ci aiuta il bravissimo conduttore della serata.

  • Uff… so completamente sensa voze… no me capivo… xe diffisie cussì cantar! (Uff… sono completamente senza voce… non mi capivo… è difficile cantare così!)”
  • “Eh Papà, se non sei abituato è tutto diverso, l’acustica, la base, tenere il microfono giusto… poi si vedeva che ti eri emozionato un sacco…”
  • “Ciò, cossa ti vol, xe ani che no canto più, no me ricordavo e paroe… però almanco ve go fato ridar, dai! (Eh, cosa vuoi sono anni che non canto più, non mi ricordavo le parole… però almeno vi ho fatto ridere, dai!)”

Si ferma un attimo, sorseggia la sua birra fresca, mi guarda:

  • Quindi, quando xe che tornemo a cantar? (Quindi, quando è che torniamo a cantare?)”

Anna