Uno studio pubblicato sulla rivista Mnras descrive i primi risultati scientifici e ricostruisce con grande precisione gli ultimi secondi del lunghissimo viaggio interplanetario della meteorite di Capodanno, rinvenuta grazie alle osservazioni e ai calcoli della rete Prisma, dal suo ingresso nell’atmosfera terrestre fino all’impatto al suolo. Ma anche la sua possibile origine da un asteroide near-Earth
Esattamente un anno fa, il 4 gennaio del 2020, vennero ritrovati due frammenti di meteorite in zona Disvetro-Rovereto sul Secchia, in provincia di Modena. Fu quello il primo rinvenimento sul territorio italiano di meteoriti in un’area indicata grazie a osservazioni del bolide – apparso tre giorni prima, la sera di capodanno – e ai relativi calcoli della possibile zona di impatto a terra di frammenti meteoritici. Osservazioni e calcoli che sono stati effettuati dalla rete Prisma (Prima rete italiana per la sorveglianza sistematica di meteore e dell’atmosfera), una collaborazione promossa e coordinata dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).
A un anno dal ritrovamento dei due frammenti della meteorite, che nel frattempo è stata ufficialmente denominata “Cavezzo” dal nome del luogo dove sono stati individuati, arrivano i primi risultati scientifici, pubblicati in un articolo sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Lo studio ricostruisce con grande precisione gli ultimi secondi del lunghissimo viaggio interplanetario di quella meteorite, dal suo ingresso nell’atmosfera terrestre fino all’impatto al suolo.
Tutto inizia il pomeriggio del 1° gennaio 2020, alle ore 18:26:54 Utc (le 19:26:54 in Italia), a partire da 76 chilometri di altezza, quando il fortissimo attrito con gli strati alti dell’atmosfera terrestre “accende” il bolide osservato da molti testimoni oculari, comprese otto delle oltre cinquanta camere all-sky di Prisma. La velocità di ingresso è stata calcolata essere di 44mila chilometri all’ora: in appena 5,6 secondi il corpo celeste ha percorso 59 chilometri e raggiunto una quota di 21,5 chilometri.
I ricercatori di Prisma, partendo dai resti recuperati, sono riusciti a calcolare sia la massa del meteoroide prima dell’arrivo sul nostro pianeta, stimata in circa 4 chilogrammi, che quella residua arrivata a terra, stimata in 1,5 kg. Poiché i due frammenti raccolti superano di poco i 50 grammi, potrebbero ancora esserci dei resti di meteorite sparsi nella zona di caduta. Secondo i ricercatori, l’energia rilasciata nell’ingresso in atmosfera è stata equivalente a quella rilasciata dall’esplosione di 70 chili di tritolo.
Lo studio a ritroso della traiettoria della meteorite Cavezzo suggerisce che la sua orbita è tipica di un asteroide near Earth che si spinge fino alla zona interna della fascia degli asteroidi, situata tra Marte e Giove. Il confronto con i dati di oggetti simili già catalogati ha identificato che uno di questi asteroidi, denominato 2013 VC10, potrebbe essere quello da cui si è staccato il pezzo che ha dato origine alla meteorite Cavezzo. “L’importanza di questo ritrovamento è molteplice”, dice Daniele Gardiol dell’Inaf di Torino e coordinatore nazionale della rete Prisma.
“Innanzitutto, oltre a essere il primo di questo tipo in Italia, è ad oggi il più impegnativo in termini di dimensione del meteoroide associato all’evento, molto più piccolo dei 35 casi finora accreditati a livello mondiale. In secondo luogo si tratta di un successo condiviso da astronomi professionisti e amatoriali, oltre che da semplici cittadini: molti infatti hanno partecipato alla caccia alla meteorite lanciata un anno fa anche da Media Inaf. Questo fatto – prosegue Gardiol – è riflesso nell’articolo, che vede la partecipazione di molti autori, sia dell’Inaf che appartenenti a osservatori amatoriali, università, ma anche planetari, associazioni, istituti scolastici. E poi perché, dalle analisi dei frammenti ritrovati, è emerso che Cavezzo è una meteorite particolare, unica finora nel suo genere e per questo ufficialmente catalogata come ‘condrite anomala’. Gli studi sono ancora in corso, un articolo dedicato alle analisi è in via di pubblicazione e altri sono in arrivo. Sicuramente Cavezzo non ci ha ancora svelato tutte le sorprese sulla sua natura e origine”.
Fonte: Ufficio Stampa Inaf