Gino Gerosa, il cardiochirurgo dei primati mondiali: “Questo risultato è il successo di una squadra”
L’équipe di cardiochirurghi guidato dal Professor Gino Gerosa, direttore della Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedale Università di Padova, nei giorni scorsi ha effettuato un intervento di altissima complessità su un uomo di 62 anni che, a raccontarlo, rasenta la fantascienza. Il paziente, affetto da insufficienza mitralica severa e fibrillazione atriale che gli causavano dispnea da sforzo e difficoltà a respirare, dopo pochi giorni è tornato a casa.
PADOVA – È la prima volta al mondo ed è successo a Padova.Un intervento al cuore studiato e pianificato, realizzando anche un modello in 3D in resina trasparente con le stesse caratteristiche del cuore del paziente. Operazione realizzata a cuore battente, ovvero senza l’uso della circolazione extracorporea e senza fermare il cuore, attraverso una minitoracotomia in uno spazio intercostale di appena 5 centimetri.
Una volta entrati dalla punta del cuore, l’insufficienza mitralica è stata corretta applicando alcune neocorde artificiali in gore-tex. Poi, sotto la guida toracoscopica, è stata chiusa l’auricola con il sistema Lariat. Infine, grazie al toracoscopio che permette una visione perfetta del campo, è stato eseguito l’isolamento epicardico delle vene polmonari, cioè l’ablazione della parete posteriore dell’atrio sinistro.
Messa così, sembra quasi semplice, ma è frutto di uno studio complesso effettuato in precedenza e soprattutto di un grande lavoro di squadra.
Ne abbiamo parlato con il Professor Gino Gerosa, cardiochirurgo che non è nuovo ai primati mondiali e nazionali nel suo campo, grazie ai quali ha restituito alla vita tante persone sofferenti di patologie cardiache.
Professore, partiamo dall’eccezionalità di questo intervento, da primato mondiale
“Non è mai stato effettuato precedentemente nello stesso paziente un intervento combinato di plastica valvolare mitralica, di ablazione epicardica e di chiusura dell’auricola per la fibrillazione atriale in contemporanea, attraverso una piccola incisione senza usare la circolazione extracorporea e senza fermare il cuore”.
Un’incisione di 5 centimetri per un’operazione al cuore sembra quasi fantascienza
“Esatto. È una tecnica cardiochirurgica microinvasiva – abbiamo coniato il nome noi a Padova – che significa correggere un’alterazione strutturale cardiaca senza aprire il torace, con una piccola incisione ma soprattutto senza usare la circolazione extracorporea e senza fermare il cuore”.
Quattro ore di intervento: è un record anche la tempistica? Rammento operazioni al cuore lunghissime…
“È molto più veloce anche se è un intervento complesso e chiaramente mai eseguito prima, tant’è che abbiamo dovuto fare un planning dell’intervento, un disegno, utilizzando anche una stampante 3D per riprodurre il cuore del paziente sul quale provare tutti i vari passaggi. Più veloce proprio perché senza circolazione extracorporea, perché non dobbiamo fermare il cuore e quindi si guadagna molto tempo”.
Lei ha dichiarato che un grande ruolo lo ha avuto il cardio anestesista
“Esatto, il dottor Pittarello: perché se noi non fermiamo il cuore, non apriamo il cuore… Il chirurgo è abituato a guardare con i propri occhi dentro al cuore per correggere l’alterazione strutturale, ma se non l’apriamo dobbiamo usare ‘gli occhi virtuali’ che in questo caso erano gli ultrasuoni dell’ecocardiografia transesofagea tridimensionale 3D gestita proprio dal Dott. Demetrio Pittarello. Grazie a questa, noi potevamo guardare all’interno del cuore, usare i nostri strumenti all’interno del cuore. La toracoscopia invece è servita quando eravamo all’interno del torace e lavoravamo sulla superficie esterna del cuore. Il tutto durante due fasi diverse dello stesso intervento”.
Che il paziente sia tornato a casa dopo pochi giorni è da considerarsi un record?
“No, quella è una conseguenza dell’intervento. Senza fermare il cuore, la ripresa del paziente è molto più veloce”.
La chirurgia microinvasiva ha un approccio personalizzato al paziente?
“Abbiamo utilizzato tecnologia e tecnica. Quello che la tecnologia ci mette a disposizione ci ha permesso di disegnare delle nuove tecniche, dei nuovi interventi”.
Quanti professionisti sono stati necessari per quest’intervento?
“Sul tavolo operatorio c’eravamo io, il professor Augusto D’Onofrio, dott. Vincenzo Tarzia, il dottor Luigi Garufi, il cardio anestesista, la strumentista, l’operatore di sala… in tutto una decina di persone.
È un lavoro di team: negli ultimi vent’anni a Padova abbiamo fatto sei primi interventi al mondo, 14 primi interventi in Italia e quindi è una striscia importante di interventi mai fatti precedentemente che sono il risultato naturalmente dello stretto lavoro e collaborazione tra tutti i diversi specialisti: medici, cardiochirurghi, anestesisti, personale tecnico e infermieristico, operatori sociosanitari. Il risultato è il successo di una squadra, questo è importante”.