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Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, hotspot di biodiversità lichenica

Un nuovo studio guidato dall’Università di Bologna mostra che nell’area del parco, che copre lo 0,06% dell’intero arco alpino, si può trovare quasi un terzo (il 31%) di tutte le specie di licheni presenti sulle Alpi

Nel Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, su una superficie che copre lo 0,06% dell’intero arco alpino, si può ritrovare quasi un terzo (il 31%) di tutte le specie di licheni presenti sulle Alpi: un grande patrimonio di biodiversità che è stato ora mappato da un gruppo di ricerca coordinato da studiosi dell’Università di Bologna.

I risultati – pubblicati sulla rivista MycoKeys– nascono a partire da un’ampia serie di studi floristici e tassonomici realizzati nell’area del parco a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e proseguiti fino ai giorni nostri, grazie al sostegno e all’interesse lungimirante dell’Ente Parco.

Spesso trascurati, i licheni sono organismi molto importanti per la biodiversità e il funzionamento degli ecosistemi alpini. E sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici. La nuova ricerca permette di capire quali specie e quali località sono prioritarie per le azioni di conservazione all’interno del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, e permetterà di sviluppare revisioni tassonomiche per avviare nuove esplorazioni e per fare luce su specie ancora poco note.

Ispezione di una grande rupe porfirica ricca di licheni nella zona del Colbricon, località storica per l’esplorazione lichenologica del Parco. (foto M. Salvadori)

“A partire da 7.351 singole segnalazioni raccolte setacciando 72 articoli scientifici pubblicati tra il 1864 e il 2021, 8 erbari e numerose osservazioni di campo effettuate soprattutto negli ultimi decenni, siamo riusciti a individuare la presenza di 916 specie diverse“, spiega Juri Nascimbene, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. “Si tratta di numeri eccezionali rispetto alla superficie ridotta dell’area protetta del parco”.

Il Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, con i suoi 19.726 ettari di foreste, aree umide e ambienti d’alta quota tra la Val di Fiemme, la Val di Fassa e il Primiero, racchiude al suo interno una serie di gradienti – altitudinali, climatici, geologici, vegetazionali – che sono gli indispensabili ed efficaci promotori della sua ricchissima biodiversità.

Salendo verso la cima di Valcigolera. Tipico paesaggio alpino del Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino in cui si vedono i massicci calcareo-dolomitici delle Pale di San Martino e le rocce porfiriche e metamorfiche del settore occidentale. (foto M. Salvadori)

La grande quantità e varietà di licheni presenti nell’area nasce infatti da una combinazione unica di fattori. C’è prima di tutto l’aspetto geologico: nel punto d’incontro tra le Dolomiti e il gruppo montuoso del Lagorai affiorano rocce sedimentarie carbonatiche, ma anche rocce silicee magmatiche e metamorfiche. C’è poi una forte eterogeneità climatica: la barriera formata dalle due dorsali montuose blocca i flussi d’aria umida che risalgono dall’Adriatico, creando un confine tra l’area a sud, dove le precipitazioni ristagnano, e quella a nord, con un clima più continentale. Infine, c’è la grande varietà altitudinale: il territorio del Parco spazia infatti dalla fascia montana fino alle vette più alte, che superano i 3.000 metri. L’insieme di questi elementi si ripercuote sulla vegetazione, che a sua volta origina una varietà di micro-habitat ben differenziati i quali favoriscono la diversità lichenica.

Cresta porfirica densamente colonizzata da licheni del genere Umbilicaria (foto J. Nascimbene)

La grande ricchezza di specie di licheni nell’area del parco, del resto, è nota e studiata da tempo. Le prime ricerche lichenologiche risalgono infatti allo studioso bavarese Ferdinand Arnold (1828-1901), che esplorò dettagliatamente l’area nella seconda metà dell’Ottocento, rendendo note le sue scoperte con numerose pubblicazioni scientifiche e la distribuzione di esemplari essiccati ai principali erbari europei.

Le esplorazioni sono continuate poi nella prima e nella seconda metà del Novecento, più localizzate sia nel tempo sia nello spazio, grazie all’attività di Maria Cengia Sambo (1888-1939) e dei lichenologi dellʼUniversità di Graz, sotto la guida di Josef Poelt (1924-1995). Negli ultimi decenni, infine, i principali contributi sono stati portati avanti dall’Università di Bologna, con l’attività di ricerca di Juri Nascimbene, che si occupa di licheni nel Parco di Paneveggio ormai da un quarto di secolo.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista MycoKeyscon il titolo “A hotspot of lichen diversity and lichenological research in the Alps: the Paneveggio-Pale di San Martino Natural Park (Italy)”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Juri Nascimbene, Gabriele Gheza, Luana Francesconi e Chiara Vallese del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali. Hanno partecipato inoltre studiosi dell’Università di Trieste e dell’Università di Graz (Austria) e personale del Parco.

In copertina, Thamnolia vermicularis, un lichene terricolo tipico delle zone ventose d’alta quota. Ha forma e colore inconfondibili. (foto J. Nascimbene).