Dopo le macchinine cibernetiche semoventi di vent’anni fa, dotate di quattro ruote trazione 4×4 e guidate da un cervello di topo, arrivano i “Robot Viventi”, ovvero in grado di effettuare ragionamenti non pre-programmati, ma in completa autonomia e sono perfino in grado di riprodursi. Orrore? Alieni? No, tecnologia biologica ovvero Bioingegneria. Ma vediamo cosa sono e a cosa possono essere utili, o se dovremo preoccuparci di un’invasione aliena.
Si chiamano Xenobot, sono fatti di cellule viventi e sono “una nuova classe di artefatti: un organismo vivente, programmabile”, come spiega Josh Bongard, l’informatico ed esperto di robotica della University of Vermont (Usa) che ha co-guidato assieme a Michael Levin la ricerca pubblicata su Pnas che a gennaio 2020 presentava i loro “robot viventi”.
Un anno più tardi una scoperta straordinaria, nata da un esperimento effettuato “per gioco”: questi minuscoli robot – grandi non più di un millimetro – sono stati disegnati dall’Intelligenza artificiale in modo da potersi riprodurre autonomamente. Il loro aspetto, afferma Bongard, ora è simile a quello di Pac-Man, il simpatico protagonista dell’omonimo, popolarissimo e intramontabile videogame.
Il nome Xenobot si ispira a quello di una rana africana, la “xenopus laevis”, meglio nota come xenopo liscio, da cui provengono le cellule staminali usate per la ricerca. Gli Xenobot possono camminare o nuotare, sopravvivere per settimane senza nutrirsi e organizzarsi per lavorare in gruppo.
Lo scienziato Bongard afferma: “Non sono robot tradizionali né una nuova specie animale. È un nuovo tipo di artefatto: un organismo vivente programmabile”.
Gli Xenobot sono, insomma, delle “macchine biologiche” che hanno caratteristiche tali da renderli adatti a compiti in cui i robot fatti di plastica e metallo non riuscirebbero. Gli studiosi che li hanno creati sostengono, inoltre, che gli Xenobot sono estremamente più ecosostenibili, rispetto ai robot tradizionali, e più sicuri per l’uomo. Anche se, in realtà, il loro studio è stato finanziato dalla Darpa, l’agenzia statunitense che si occupa di sviluppare nuove tecnologie di utilizzo militare.
Proprietà
Gli Xenobot sono larghi meno di un millimetro e sono composti esclusivamente da due elementi: cellule ectodermiche e miocardiociti, questi ultimi derivati da cellule staminali ricavate da embrioni di rospo (il sopraccitato xenopo) allo stadio di blastula. Nello specifico, le cellule ectodermiche forniscono il supporto rigido, mentre i miocardiociti fungono come piccoli motori, contraendosi ed espandendosi in volume, in modo da fornire una propulsione in avanti allo xenobot. La forma dello xenobot e la distribuzione in esso dei due tipi di cellule sopraccitati sono progettati automaticamente da un software che utilizza un algoritmo evolutivo al fine di poter portare a termine un compito preciso. Grazie a tali software sono quindi stati progettati xenobot in grado di camminare, nuotare, trasportare carichi e lavorare assieme in gruppo allo scopo, ad esempio, di radunare detriti sparsi sulla superficie di una piastrina in modo da formare delle pile ordinate. Gli xenobot non solo possono sopravvivere per settimane senza un apporto nutritivo esterno, ma possono persino curare se stessi dopo aver subito una lieve lacerazione.
Potenziali applicazioni
La realizzazione degli xenobot è stata annunciata nel gennaio 2020 da un gruppo di ricercatori statunitensi dell’Università Tufts; da allora, essi sono stati utilizzati soprattutto come strumento scientifico utile a comprendere come le cellule cooperino tra loro per costruire corpi complessi durante la morfogenesi.
Tuttavia, il comportamento e la biocompatibilità degli xenobot hanno fatto immaginare per loro una serie di potenziali applicazioni in cui potrebbero risultare fondamentali. Dato che gli xenobot sono composti esclusivamente da cellulare di rospo, essi sono biodegradabili e ciò, unitamente alla dimostrata capacità di poter radunare carichi microscopici in pile ordinate, ha fatto pensare a un loro utilizzo nella rimozione delle microplastiche dagli oceani: gli xenobot potrebbero infatti realizzare, a partire da minuscoli pezzi di plastica, delle palle sufficientemente grandi da poter essere raccolte da una barca o da un drone e quindi trasportate in un centro di riciclaggio.
Contrariamente alle tecnologie tradizionali, inoltre, gli xenobot non inquinano né durante il loro lavoro né durante la loro degradazione, essi infatti ricavano energia dal grasso e dalle proteine naturalmente localizzati nei loro tessuti, che durano circa una settimana e finiti i quali gli xenobot si trasformano semplicemente in piccoli ammassi di cellule morte.
In future applicazioni mediche, come la consegna mirata di medicinali, gli xenobot potrebbero essere stati precedentemente realizzati con cellule del paziente stesso, in modo tale da evitare tutti i problemi di risposta immunologica scatenati invece da sistemi simili basati sull’uso di micro-robot. Simili xenobot troverebbero inoltre molte altre applicazioni, tra cui ad esempio la rimozione di placche dalle arterie, e, con l’aggiunta di altri tipi di cellule e di ulteriore bioingegnerizzazione, essi potrebbero essere utilizzati per localizzare e curare tumori.
Etica dell’uso dei Xenobot
Per quanto riguarda l’etica dell’uso dell’intelligenza artificiale, bisogna tenere in considerazione che si tratta di robot multicellulare ma non hanno alcun sistema nervoso, Non c’è da meravigliarsi che gli Xenobot possano sollevare una serie di dubbi etici. Forse, un giorno, l’uomo potrà trarre beneficio dall’aiuto da forme di vita artificiale.
Fino ad allora, creare la vita in maniera artificiale è un’idea che non si sa in futuro in quale direzione andrà. Sono stati condotti degli studi sulle implicazioni etiche di queste tecnologie e in alcuni risultati, non si può nascondere che le cose possano finire male. In questi risultati però, ci sono anche buone conclusioni ma non bisogna comunque sottovalutare gli eventuali rischi.
In questi studi non si tiene solo in considerazione l’etica che riguarda il creare una nuova forma di vita con tutto quello che ne concerne, ma anche che possa diventare una tecnologia che può finire nelle mani sbagliate. Gli Xenobot ad esempio, possono essere utilizzati per scopi militari come armi biologiche. Nel corpo, potrebbero fare danni molto seri anziché aiutare.
Che dire? A primo acchito, questo genere di notizia spaventa non poco, grazie anche alla fantascienza estrema che ci ha propinato modelli alieni o inverosimili esperimenti genetici che generano mostri vegetali o animali che si rivoltano contro di noi. Questi bio-robot non sembrano niente di tutto ciò, anzi, appaiono essere innocui ancorché utili e, per fortuna, non si tratta di virus. Di sicuro sono più utili delle macchinine col cervello di topo e non sono abbastanza piccoli né troppo grandi per ribellarsi all’uomo, perlomeno nell’immediato. E in futuro? Come disse un grande Manzoni: “Ai posteri l’ardua sentenza”.
Vincent
Scrittore, Musicista, Informatico
Fonti: Quotidiano “La Repubblica” https://video.repubblica.it/tecnologia/dossier/robot/assomigliano-a-pac-man-i-primi-robot-viventi-in-grado-di-riprodursi/402713/403423. Wikipedia, Cesare Zumpato, https://www.techuniverse.it/xenobot/