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Mauro Numa, principe del fioretto

C’è più di una generazione di fenomeni nello sport italiano. Se l’appellativo, coniato per il dream team del volley guidato da Julio Velasco ha fatto ormai il giro del mondo, è altrettanto vero che può essere indossato come un abito fatto su misura dall’universo della scherma nazionale.

Borella, Cipressa, Dal Zotto, Vaccaroni, Bortolozzi, Mauro Numa: a loro si deve l’esplosione dell’amore di un intero popolo per la scherma. A loro e al “capitano coraggioso” capace di rivoluzionare canoni ancestrali, concentrandosi sulle qualità di ogni schermidore arrivando a creare un modo di tirare cucito letteralmente sul carattere degli atleti.

I risultati sono storia: l’Italia è sul tetto del mondo.

Una generazione di fenomeni, appunto, nata nel Circolo Scherma Mestre di via Olimpia e cresciuta grazie al coraggio, la determinazione e le grandi idee del Maestro Livio di Rosa e che è, a tutti gli effetti, il locus amoenus genesi di una tradizione che ci vede ancora primeggiare in ogni competizione.

Mauro Numa ha un palmares che lo colloca tra i grandi del fioretto. Da quando, a sette anni, ha messo piede in pedana ha vinto tutto, fino al titolo di Campione olimpico a Los Angeles 1984, oro a squadre e individuale.  Terminata la carriera di schermidore, maestro federale,  ha lavorato per la FIS (federazione italiana scherma), prima come consigliere e poi come vicepresidente.

È un’icona di questa disciplina, a pieno titolo nella Hall of Fame della Federazione internazionale di scherma.

Oro individuale. Mauro Numa e Matthias Behr non si risparmiano, il tedesco è avanti di quattro stoccate. Mai domo, Numa recupera stoccata dopo stoccata e agguanta i supplementari. Il resto è Storia, con la vittoria sul filo di lana per 12 stoccate a 11. Un finale di gara da vedere e rivedere per continuare a gioire nel Sogno Olimpico

Nel 2017 ha fondato una scuola di successo, perché la scherma è un movimento che non si ferma mai, sport completo come pochi altri, fatto di concentrazione, intelligenza e coordinazione.

Mauro, vogliamo fare due chiacchiere sulle prossime Olimpiadi? Come la vedi, quest’anno, la spedizione azzurra?

Intanto spero si facciano queste Olimpiadi, perché il Comitato organizzatore sembra ancora indeciso sul da farsi, anche se spero proprio di sì, pur se in forma minore dal punto di vista dello spettacolo per l’emergenza sanitaria. Il fatto che non ci sia pubblico, che non ci siano spettatori, toglie parecchia della poesia ed empatia di un’Olimpiade normale. L’Italia come sempre si gioca al meglio le possibilità di vittoria, è una delle nazioni che nella scherma parte come favorita. Siamo competitivi in tutte e tre le armi, spada, sciabola e fioretto. Di più direi nel fioretto. Penso che qualche medaglia dovrebbe arrivare, anche d’oro, le prospettive ci sono tutte, sia a livello individuale sia a squadre. Nel fioretto individuale femminile con l’Arrigo e la Volpi e sicuramente con la squadra, dove l’avversaria più dura da battere è la Russia della Deriglazova che parte come favorita anche nella competizione individuale. Nel fioretto maschile individuale ci giochiamo il trio Cassarà,  Foconi e Garozzo, che sono tre elementi di spicco. Garozzo è campione olimpico in carica, Cassarà e Foconi sono stati campioni del mondo quindi le possibilità di portare a casa una medaglia d’oro ci sono tutte. Nella gara a squadre, vedo gli Stati Uniti  favoriti insieme all’Italia. Nella sciabola, potrebbero portare una medaglia nel torneo a squadre”.

Chi vedi tra i favoriti in spada e sciabola?

“La Francia, sicuramente l’Ungheria nella spada e nella sciabola la Corea e l’Ungheria sono forti, oltre ovviamente all’Italia. Potremmo puntare a una medaglia nella sciabola a squadre. Però l’Olimpiade è una storia a parte, non sempre i pronostici vengono rispettati, perché magari ci sono tanti fattori: uno sente troppo la gara, un altro la responsabilità di far bene a tutti i costi, uno magari non è in forma. È la classica gara dove tutto può succedere”.

Com’è salire in pedana?

“In un’Olimpiade? È una gara particolare. Salire in pedana significa giocarsi quattro anni di allenamento, sacrifici. È la gara delle gare, soprattutto in uno sport che non mi piace definire minore, ma certamente non di massa come la scherma. L’Olimpiade è il massimo per un atleta, quindi la preparazione è sempre improntata in tal senso. È chiaro che quando uno sale in pedana cerca di giocarsi tutte le carte al meglio. C’è chi è nervosissimo perché vuole fare risultato a tutti i costi, chi riesce a tirare con tranquillità. Però, ripeto, è una gara davvero particolare, i fattori sono tanti”.

E quanto conta il clima della squadra, anche a livello individuale?

“Conta molto soprattutto nella gara a squadre. Sicuramente l’entusiasmo di partecipare ha un grande valore, poi c’è l’atleta che è a fine carriera e non ha mai vinto una gara e ovviamente sale in pedana a giocarsi il tutto per tutto, sperando di fare il colpaccio. Magari ha vinto tutto il resto e gli manca l’Olimpiade. Qui le dinamiche sono importanti. Esattamente come l’atleta che invece deve riconfermare la prestazione dell’Olimpiade precedente, quindi sente una grande responsabilità”.

Ci sono dei riti particolari che fate e facevate prima di salire in pedana?

“Mah, ognuno ha il suo personalissimo modo di affrontare la competizione, di concentrarsi. C’è chi ascolta musica, chi si isola da tutti gli altri, chi invece vuole stare in compagnia per smorzare la tensione della gara. C’è chi si allaccia le scarpe sempre allo stesso modo per scaramanzia, son tutti atteggiamenti che ogni schermidore ha. Poi c’è chi non fa niente, come me, e affronta tranquillo il momento più importante “come va va”. Io non ho mai creduto in queste cose, non sono scaramantico, andavo in pedana e cercavo di fare il meglio possibile, di essere il più tranquillo possibile. Ecco, questa era una mia dote: sentivo poco la tensione della gara”.

Questo viene anche da un grande training fatto su te stesso…

“Sì, e anche dall’esperienza e da un grande allenamento. È chiaro che poi non è sempre stato così. All’inizio, quando fai le prime gare e devi dimostrare che meriti di stare lì, è tutto un altro discorso. Quando poi accumuli esperienza affronti la pedana in maniera diversa. Anche se ti devo dire che ci sono campioni che nonostante abbiano un signor palmares di vittorie, salgono in pedana come fosse la prima gara internazionale, sempre nervosi. Dipende dal carattere delle persone”.

Tu guarderai queste Olimpiadi?

“Certo che le guarderò, anche se l’orario non è proprio dei migliori, perché i collegamenti iniziano alle due del mattino in Italia ma non mancherò di gustarmi le finali tifando Italia”.

cricol