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Quando il calcio tocca il cuore

Difficile parlare di Gianluca Vialli. Persone mancano ogni giorno, e spesso sono familiari, amici, docenti, giovani vite spezzate a causa di uno stage. Uomini e donne che ci hanno toccato il cuore, in qualche modo.

Poi c’è lui, l’uomo per cui tutti, sportivi e non, hanno tifato fino alla fine, sperando nel miracolo. Perché Gianluca travalicava il concetto di calciatore e si è presentato al mondo, ogni giorno, con qualcosa in più: gentilezza, empatia, coraggio.

Inutile inanellare i suoi successi, così come sarebbe inutile riportare tutte le manifestazioni d’affetto che hanno seguito il suo “andare oltre“. È uno dei più grandi centravanti nella storia azzurra, uno dei pochissimi calciatori ad aver vinto tutte e tre le principali competizioni Uefa per club, l’unico tra gli attaccanti.

Ci sentiamo un po’ tutti come se avessimo perso un amico fraterno, negli occhi quell’abbraccio col gemello di sempre, il Mancio, pochi secondi dopo l’inaspettata vittoria della nazionale azzurra ai rigori.

Commuovono le attestazioni che non t’aspetti, come il “coriaceo” Mourinho che invita i giocatori della Roma a ricordare Vialli prima dell’allenamento, in forma privata, ma soprattutto prima del minuto di silenzio che sia oggi sia domani, domenica 8 gennaio, si terrà in ogni campo di calcio.

O i bigliettini, i mazzi di fiori e le sciarpe portate silenziosamente a Stamford Bridge, casa del Chelsea, da inglesi, stranieri e italiani.

Giovanni Malagò, presidente del CONI, ricorda Vialli quale unico calciatore a portare la bandiera olimpica: “Lo sport italiano e il calcio in particolare oggi hanno perso un campione ma soprattutto un uomo tutto di un pezzo. Non ci sono parole per descrivere la tristezza che in questo momento ha assalito tutti noi. Quel suo abbraccio a Wembley con Mancini agli Europei dello scorso anno resta un’immagine indelebile dei valori dello sport ispirati dall’olimpismo. Ma proprio per questo c’è un’altra immagine che vorrei ricordare. Quella del 26 febbraio 2006, quando Vialli, assieme ad altri illustri campioni, portò la bandiera olimpica nel corso della cerimonia di chiusura dei Giochi Invernali di Torino 2006, unico calciatore ad aver avuto questo onore. A nome dello sport italiano e mio personale sono vicino alla famiglia ricordando le infinite emozioni che ci ha regalato Vialli. Ciao Gianluca!“.

Se c’è un calcio che unisce, al di là del pallone e dell’area di rigore, è il calcio dei valori umani, che hanno un nome e un cognome. Gianluca Vialli. Il tumore al pancreas, che lui sperava scendesse dal treno di sua spontanea volontà, non gli ha dato proprio ascolto.

Tutti hanno una data di scadenza. Alla sua, malgrado negli ultimi tempi ci si fosse un pochino rassegnati (ma non troppo) dopo il messaggio con cui ha annunciato il ritiro dalla Nazionale solamente il 14 dicembre scorso, non eravamo pronti.

E l’immagine che abbiamo tutti nel cuore, senza dirlo, è un campo stile “Fuga per la vittoria” dove Paolo Rossi, Sinisa Mihajlovic, Pelè, Papa Bouba Diop, Diego Armando Maradona e i grandi del passato come Johan Cruijff accolgono Gianluca tra un dribbling e una rovesciata tra le nuvole.

Ciao Gianluca, grazie di averci fatto vedere il mondo attraverso i tuoi occhi. Hai davvero segnato la rete imparabile, perché si è infilata nell’angolino più profondo di ogni anima che hai lasciato qui.

cricol