È di pochi giorni fa l’incontro tra il Team Italia dell’atletica leggera e il presidente Mattarella al Quirinale.
Un incontro appassionato e condiviso per onorare tutti i traguardi che questo settore sportivo ha raggiunto quest’anno. Risultati che sono arrivati sia nelle gare individuali mondiali, di Budapest e di Cracovia, che nelle gare di squadra alla Coppa Europa di Silesia 2023.
In quell’occasione, infatti, il team azzurro si è distinto vincendo gli Euro Games come squadra, dove non contavano solo i primi posti ed i podi, ma i migliori 8 piazzamenti in tutte le discipline disputate. Dimostrando ancora una volta non solo di avere dei singoli campioni su cui poter contare, ma di essere un vero corpo unico che si muove in armonia su più fronti.
Team capitanato dal campione di salto in alto Gianmarco Tamberi che quest’anno si è distinto per aver vinto l’ultima medaglia che mancava a ultimare il suo Grande Slam atletico: l’Oro mondiale.
Le parole del capitano Gimbo lasciano il segno, non solo per l’elogio alla Squadra e l’unione che questa ha dimostrato. Ma anche, e soprattutto, per un fendente molto importante che ha lanciato al mondo dello sport, individuale e non.
“Se non rubo troppo tempo vorrei ora invece portare un attimo l’attenzione In quella che alla fine dei conti è l’essenza del nostro sport, la parte individuale. E quello che a mio avviso oggi è il suo limite più grande. In tutti gli sport quando vestiamo d’azzurro ogni atleta porta con sé non solo le speranze e le aspettative personali, ma quelle di un’intera nazione. Ogni volta che entriamo in pista, in campo o in piscina rappresentiamo l’Italia, la sua determinazione, la sua forza e la sua passione.
Questa rappresentanza è per noi un onore immenso, ma per ovvie ragioni porta con sé una grandissima pressione. Questa troppo spesso viene accentuata da critiche personali che rischiano di ledere la parte più intima di noi. Desidero quindi sottolineare l’importanza di riconoscere la nostra umanità. Siamo prima di tutto persone con pregi, difetti e sentimenti. La nostra maniacale ricerca della perfezione nello sport non ci rende immuni dagli errori e dalle difficoltà. Ma è proprio questo che ci rende autentici, è proprio questo che ci aiuta a connetterci con il pubblico e ci rende d’ispirazione per tanti giovani.”
Inizia così la seconda parte del discorso, che va a toccare un punto fondamentale dell’essere rappresentanti, in Italia, non solo di una maglia Azzurra Nazionale, ma anche di sport individuali per cui a volte, e forse troppo spesso, si trovano soli ad affrontare situazioni per cui lo sport non c’entra proprio nulla. Non sono nuovi, purtroppo, i commenti social, e a volte giornalistici, che spingono e fanno pressione su tasti che di sportivo hanno ben poco.
“Vorrei incoraggiare, se posso, ad un cambiamento nel modo in cui gli atleti degli sport individuali vengono percepiti e sono supportati nel nostro meraviglioso Paese. Immaginate se ogni italiano tifasse per noi come tifa per la propria squadra del cuore. Con passione incondizionata. Con un sostegno costante. Senza focalizzarsi sui nostri difetti e sul nostro personalissimo essere. Questo tipo di supporto potrebbe fare la differenza tra un atleta che si perde nel tentativo di piacere a tutti e un atleta che riesce a dare il meglio di sé semplicemente essendo sé stesso.
Molti di noi, quando sono liberi dai giudizi non relativi alle performance, riescono finalmente ad eccellere, a raggiungere nuovi traguardi, a superare i propri limiti. Ma per fare ciò, abbiamo bisogno del vostro sostegno, della vostra comprensione e della fiducia in noi come rappresentante dell’Italia. Per riassumere e concludere, vorrei con grande umiltà chiedere a tutti, dai media ai tifosi, di guardare a noi atleti non solo come degli esecutori di prestazioni, ma come degli ambasciatori di valori. Valori di perseveranza e di dedizione. E soprattutto di guardarci come degli esseri umani che stanno tentando di tutto per portare il più in alto possibile il nome dell’Italia nel mondo. Grazie.”
La percezione dello sport individuale in Italia è, come dice Tamberi, molto diversa da molti altri sport in cui si fa il tifo incondizionatamente e a favore del proprio colore della maglia.
C’è da dire che il tifo in Italia sta cambiando, diventando sempre più tifoseria, aggressivo sull’atleta singolo rispetto al gusto o trend del momento. (Si pensino le vicende appena passate della nazionale di pallavolo femminile, o ai fischi a Donnarumma in Nazionale azzurra, cose che con lo Sport vero hanno ben poco a che fare.)
E sebbene lo sport individuale si allontani molto dall’immaginario collettivo che hanno gli sport di squadra, è forse quello che riesce a preservare le motivazioni Vere di quello che dovrebbe essere lo Spirito sportivo.
Ed è di Sport Vero che qui parliamo. Quello su cui Gimbo ci fa riflettere.
Quello che è portatore sano di principi e valori, quello per cui l’atleta ne incarna i valori diventandone ambasciatore.
Lo Sport, quello che dovrebbe attraversare e superare ogni bandiera, colore e tifoseria.
Quello per cui il fairplay è uno dei valori portanti in cui si guarda l’avversario negli occhi e si percepisce l’essere umano che ha combattuto le stesse battaglie ed è lì insieme a te, e non è il tuo nemico, ma un tuo compagno d’avventura.
Quei valori imprescindibili che ti fanno allenare, fare sacrifici ogni giorno che, se sei fortunato, ti fanno indossare un tricolore a fine gara, o una maglia azzurra e solo per quella scendi in pista sfidando te stesso.
Una maglia, quella nazionale, intrisa di valori di speranze, di significati, ma pur sempre vestita da esseri umani che la indossano.
Una volta tolta quella maglia, resta l’atleta, resta l’essere umano. Ma restano indelebili sul corpo quei valori.
Perché oltre l’Azzurro c’è di più.
Photo Video Credits: Ammendola – Quirinale