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Valentina Petrillo, il sogno olimpico di una donna trans

Valentina Petrillo è la prima atleta transgender italiana a correre per qualificarsi nelle Paralimpiadi di Tokyo 2021. L’11 e 12 settembre, ai Campionati italiani paralimpici di atletica leggera di Jesolo, gareggia per la prima volta nella categoria femminile. La sua storia verrà raccontata nel film documentario “5 nanomoli – Il sogno olimpico di una donna trans”.

Il film, attualmente in lavorazione, è prodotto da Ethnos e da Gruppo Trans, con il sostegno di Uisp-Unione Italiana Sport Per tutti e Arcigay-Associazione Lgbti italiana. Il film viene sviluppato con la consulenza di Joanna Harper, studiosa canadese, autrice di numerosi studi sugli atleti transgender, e con il coinvolgimento di organizzazioni statunitensi, tra le quali la rivista Outsports, che si occupano della corretta rappresentazione delle persone trans nei media.

“5 nanomoli-Il sogno olimpico di una donna trans” racconterà la vicenda sportiva di Valentina Petrillo, atleta ipovedente che da poco più di un anno ha iniziato la sua transizione, anche farmacologica, verso il genere femminile. Forte dei titoli italiani conseguiti in passato nella categoria maschile, ha intenzione di coronare la sua carriera sportiva tentando di centrare la qualificazione alle Paralimpiadi di Tokyo. Se ci riuscisse, sarebbe la prima atleta trans* a rappresentare l’Italia in una competizione internazionale.

“L’idea di raccontare attraverso un documentario la mia vicenda di persona e di sportiva mi ha incuriosita sin da quando mi fu proposta – dice Valentina Petrillo – Ho consentito alla telecamera di entrare nella mia vita e di raccontare quello che mi succedeva. Attraverso questa esperienza mi sono trovata a specchiarmi nel mio mondo e a riguardarmi dall’esterno. Vorrei trasmettere quello che provo ogni giorno nella mia vita, quando corro e quando affronto le mie difficoltà ad esprimere quella che sono, in una società che per forza vuole darti un nome, una collocazione e definirti attraverso un genere sessuale. Vorrei arrivare soprattutto a chi, ancora oggi, crede che essere trans* sia un peccato, a chi crede che esistano solo due colori. Vorrei trasmettere la mia esperienza a tanti ragazzi smarriti che sentono dentro ‘qualcosa’ ma sono costretti a nascondersi e si chiudono in se stessi. Vorrei non sentire mai più dire avevo paura”.

Il film seguirà il percorso sportivo e umano di Valentina fino a Tokyo 2021, e le sue battaglie contro il pregiudizio e contro la burocrazia. Particolarmente importante è il coinvolgimento dell’Uisp, l’unico Ente di promozione sportiva italiano che contempli la presenza di persone trans* fra i suoi iscritti, tutelandoli con lo strumento del tesseramento Alias.

“Da tempo siamo impegnati per i diritti delle persone Lgbti nello sport – dice Manuela Claysset, responsabile nazionale Uisp per le politiche di genere e i diritti –  Insieme al Gruppo Trans abbiamo avviato un lavoro comune per far sì che Valentina potesse gareggiare come chiedeva: per questo abbiamo contattato Fispes e Cip presentando loro i nostri progetti sui diritti Lgbti, in particolare il tesseramento Alias per le persone transgender. Come Uisp diamo la possibilità alle persone che lo richiedono di acquisire una identità Alias, cioè essere riconosciute con un nome allineato al genere a cui si sentono di appartenere e differente dal sesso attribuito loro all’anagrafe, superando così una delle difficoltà che atleti trans possono riscontrare nello svolgimento dell’attività sportiva. Questa scelta è stata possibile grazie alla collaborazione di Rete Lenford Avvocatura Lgbt e la disponibilità di Marsh, broker assicurativo. Crediamo che questi impegni vadano assunti anche da altre associazioni e federazioni, per uno sport sempre più inclusivo e sensibile ai diritti di tutte le persone”.

“La tematica delle persone trans e del loro diritto allo sport è da anni oggetto di progetti e iniziative sia a livello nazionale che territoriale nella nostra associazione – dice Marco Arlati della segreteria nazionale Arcigay con delega allo sport – Questo film può essere uno strumento funzionale nel dare rilievo all’argomento e iniziare un dibattito approfondito su quali azioni mettere in atto per garantire a tutte le persone trans l’accesso allo sport, a tutti i suoi livelli, in tutta Italia. Arcigay vuole nei prossimi anni abbattere al minimo il tasso di abbandono delle attività sportive da parte delle nuove generazioni di persone trans”.

“Raccontare la storia di Valentina in un film documentario è una grande sfida – dice Elisa Mereghetti di Ethnos – Troppo spesso l’approccio alle storie di transizione scade nello stereotipo, nello sguardo morboso, nella condiscendenza. Per evitare queste trappole, questi luoghi comuni, abbiamo scelto un approccio condiviso. Ci relazioniamo quasi quotidianamente con Valentina e con il Gruppo Trans, cerchiamo il giusto modo di inquadrare questa storia, le giuste sfumature. Sarà un film che mostra come lo sport e l’agonismo siano un possibile terreno di crescita sociale e di confronto sui diritti delle persone. Sarà anche uno dei primi casi in Italia in cui un’associazione di attivisti trans e una persona trans sono responsabili in prima persona della scrittura di una narrazione documentaristica. Noi, in quanto osservatori e interpreti della realtà, metteremo a disposizione immaginazione ed esperienza professionale, ma la storia di Valentina è veramente una storia unica. Lavorare così, attraverso il confronto creativo continuo, rappresenta una grandissima opportunità di crescita per tutti noi”.

“In questi anni abbiamo lavorato molto per rivendicare l’esistenza di persone trans anche nel mondo dello sport – dice Milena Bargiacchi, del Gruppo Trans – l’incontro con Valentina ha alzato l’asticella dei nostri obiettivi. Quando l’ho incontrata per la prima volta era combattuta fra la necessità di essere se stessa e la consapevolezza delle sue doti atletiche. Non si dava pace all’idea di dover abbandonare la pista. Correre con le donne le era impedito perché legalmente non è riconosciuta come tale; continuare a farlo con gli uomini avrebbe significato tradire se stessa e il suo percorso. Ci chiese di restarle vicin*. È nata così l’idea di documentare la sua storia, anche per provare ad offrire a Valentina il supporto di cui avrebbe avuto bisogno per poter continuare a lottare. Le sue vicende, infatti, restituiscono un quadro di transfobia diffusa, ma sono anche un bellissimo esempio di quei valori di impegno e tenacia che lo sport, ad ogni livello, dovrebbe valorizzare e difendere. Grazie all’introduzione di norme internazionali che regolano la partecipazione di persone trans alle competizioni sportive, e all’iniziativa dell’Uisp di introdurre il tesseramento Alias, che rappresenta un primato a livello italiano, la storia di Valentina è già diventata il racconto di una grande vittoria, indipendentemente dai risultati in gara”.