Note sull’autrice
Chiara Rassu, in arte Claire Bennet, vive e lavora in un paese nel cuore della Sardegna. Nonostante abbia iniziato a leggere a sette anni con le avventure di Geronimo Stilton, oggi in tutte le storie che scrive muore sempre qualcuno.
Sei riuscita a far leggere un thriller a una lettrice come me, che odia i misteri e non sopporta i gialli canonici. Mi hai intrigata per il doppio narratore e la trama contorta, ma dimmi, com’è nata l’idea del romanzo?
Prima di tutto ti ringrazio per aver letto e apprezzato il romanzo. L’idea è nata quando intorno a un’immagine, che ho banalmente sognato, sono cresciuti i personaggi. Dieci anni fa c’erano solo un tetto e il panorama di una città che calava nel silenzio della notte. Sembrerà una cosa scema, ma piano piano due persone hanno iniziato a parlare tra di loro su quel tetto. Non sapevo che faccia avessero o quale fosse il loro ruolo lassù, ma riuscivo a distinguerne le voci. Allora, visto che studiavo sceneggiatura, ho messo giù quella scena e da lì non mi sono più fermata. Si potrebbe dire che Bugie a fin di male sia nato da un mero esercizio.
Come si conciliano due voci opposte come quella di Chris e Jessee?
Credo che sia un semplice equilibrio tra bene e male, il difficile è stato far dubitare il lettore su quale fosse la parte buona e la parte cattiva. Le voci di Chris e Jessee si conciliano nel momento in cui le sfumature del pensiero, quelle più nascoste, si avvicinano e diventano simili; insomma, quando non la pensano più così diversamente.
Hai altre storie nel cassetto?
Il mio cassetto sta scoppiando! Ma non sono una che lo apre spesso per ragionarci su, piuttosto inseguo tutte le storie e aspetto per vedere quale si fa più insistente e non mi lascia in pace. Adesso però più che una storia c’è una voce ad assillarmi. Io ascolto e scrivo quello che ha da dire, il suo ruolo e quello che la circonda si disegnano da soli.
Dunque, un’ambientazione americana per Bugie a fin di male e una nostrana per le altre, ci piaci. Questo dualismo mi porta a chiederti quali sono i tuoi autori di riferimento nel panorama italiano e quali in quello americano.
Sicuramente Micheal Connelly è il primo dei colpevoli, ma anche John Grisham e Raymond Chandler hanno giocato bene. Donato Carrisi e Ilaria Tuti invece sono quelli che mi riportano nel nostro paese, poi da amante del noir non mi lascio sfuggire i nuovi autori che scrivono capolavori del mio genere preferito. Lo pseudonimo di Claire J. Bennett, infatti, nasce dal desiderio di lasciare il vero nome “pulito” per le future ambientazioni italiane.
Parlaci del tuo metodo di scrittura: sei una che va di pancia o progetti minuziosamente?
Si può dire entrambi? Non ho mai scritto una scaletta, ma nella testa progetto tutto minuziosamente. Bugie a fin di male, per esempio, l’ho disegnato per un anno senza mai scrivere una parola su carta. Quando ho capito che nella mente la storia era pronta, ho aperto un bel foglio word e non mi sono alzata dalla sedia per quattro mesi. Ora sta ricominciando tutto dal principio, ma il processo pare molto più veloce.
A cura di Laura Bambini di Libri di Mare