Alta velocità + Grande Comodità = viaggio confortevole e arrivo a destinazione in tempi fulminei. Il treno batte l’aereo nelle percorrenze nazionali. Così la pubblicità e l’esperienza dell’amico manager convincono il Viaggiatore a optare per la soluzione di terra. Ma cosa succederà a questo Viaggiatore scrittore giornalista che vuole raggiungere Roma in tempi rapidi con il massimo comfort?
Salire a Torino alle 17 per arrivare a Roma prima di cena è un traguardo notevole, pensa il Viaggiatore protagonista di quest’avventura. E vuoi mettere il comfort? Mentre il convoglio Freccia Rossa è lanciato in direzione sud, puoi leggere, guardare un film al computer, connetterti a Internet e navigare con la connessione wireless, inviare email e perfino telefonare col cellulare in galleria!
“Chi sta meglio di me?” – pensa il Viaggiatore, sventolando la bandiera dell’ottimismo
Il viaggio inizia, partenza da Porta Nuova, accompagnati dal messaggio di benvenuto: silenziosamente il convoglio s’invola sul soffice binario raggiungendo i 140 orari in pochi secondi, che ancora par d’esser fermi. Una carezzevole voce femminile all’altoparlante intona un messaggio di cortesia che invita a rilassarsi, ad abbassare la suoneria e il tono della voce, per favorire il comfort altrui, quindi a godersi il viaggio come un film al cinema.
Ma una voce umana maschile rugosa uscente dal medesimo altoparlante, intonazione dialettale nordica, a sorpresa irrompe nel silenzio annunciando la fermata straordinaria a RHO, in occasione della Fiera di Milano.
“Poco male” – pensa il Viaggiatore – “due o tre minuti di ritardo sulla tabella di marcia verranno sicuramente recuperati. Ma chi vuoi che salga a RHO? Tre, quattro, dieci persone al massimo, trattandosi di fermata straordinaria!” – conclude il pensiero ancora all’insegna dell’ottimismo.
Le cuffie tornano alle orecchie del Viaggiatore, lambite dalle onde musicali del lettore MP3, il portatile torna a comporre quella e-mail, mentre il treno rallenta fino a fermarsi, a RHO.
Un’orda selvaggia invade i corridoi della carrozza, con la seguente composizione iniziale:
Grassone che passa a malapena nello stretto corridoio, pantalone sgualcito e maglione mal coprente la stazza addominale carenata a poppa di transatlantico, una valigia avanti, un trolley dietro, un tramezzino a mezza bocca. Guarda a destra e a sinistra gli indecifrabili numeri e lettere che identificano i posti, mentre continua a masticare lo stremato tramezzino. Si gira per verificare che il suo seguito familiare non si sia perso nel tragitto. La rotazione della testa, tramezzino compreso, viene accompagnata dalla rotazione del corpo, valigia compresa, che va a urtare il malcapitato elegante e comodamente seduto signore anziano, sul braccio destro, gomito alto per completare la degustazione della bevanda testé offerta dal personale di bordo, le cui ultime gocce innaffiano l’azzurra cravatta al confine con la bianca camicia. Fila di 4 bambini, in ordine d’altezza e d’età che saltellano felici insieme a gelato e bibita con cannuccia strillando per la gioia.
Madre di stazza in perfetta sintonia con il consorte, quattro teste più avanti, urlante
“Accà sunnu li posti! Quattro pì li picciriddi e due ppi nnui accà a latu”
fermandosi al contempo e fermando così la fila che si accalca a fisarmonica.
La “silenziosa” famigliola invade così 6 posti contigui, quattro da un lato, due dall’altro del corridoio divisorio, previa disposizione dei bagagli parte sopra e uno… direttamente in corridoio.
Il resto della fila può finalmente introdursi, filtrando come può, nel corridoio già stretto ostruito dal bagaglio ivi abusivamente parcheggiato.
Così, a seguire, un altro figuro trova il suo posto e vorrebbe depositare il suo bagaglio. Ma ci vorrebbe troppo tempo per scegliere il posto migliore in cappelliera, decide così di sostare insieme al suo trolley per lasciar passare la fiumana passeggera che brama la propria sistemazione nel vagone. Appiattisce il profilo per liberare la corsia, ma non basta: deve far ancora spazio, altrimenti nessuno passa. Indietreggia con il corpo fino a poggiare il deretano sul viso del comodo passeggero di corridoio intrappolato fra il posteriore del suddetto e il vicino di finestrino, mentre ostenta indifferenza e tranquillità.
Finalmente la fila sembra defluire e il pedone trova alloggio per il suo bagaglio, nonché il posto a sedere. Ma la permanenza della sua “assise” dura poco: un altro passeggero reclama il posto, la fila è nuovamente ferma e nuovamente si stringe a fisarmonica.
“Sbagliato CARROZZA, mi scusi” – si rialza sorridendo il passeggero di cui sopra, riprende il suo bagaglio e pretende di affrontare la fila… contromano, per recuperare la carrozza precedente.
“Permesso, scusi… oops… sbagliato carrozza, grazie, scusi, ecco sì, scusi…”
Inizia così lo slalom dello sbadato passeggero nello stesso corridoio, affrontando uno a uno i membri del flusso controcorrente, urtando spalle e teste dei passeggeri seduti lato corridoio, strappando la cuffia sinistra dell’iPhone di un passeggero, chiudendo il video-coperchio del portatile di qualcun altro.
Sette minuti da incubo, finché tutti sono seduti, qualcuno rimane in piedi, sicuramente per poco: scenderà a Milano (si spera).
Il viaggio prosegue. Tranquillo? Magari! La famigliola 4+2 divisa da un corridoio non conosce il vocabolo relax. I piccoli scalpitano, non ne vogliono sapere di star fermi, la piccola vuole montare sul tavolino, l’altro ha finito l’aranciata, un’altra vuole l’attenzione della mamma, un altro ancora l’attenzione del papà. I due genitori? Chiacchierano fra loro, dispensando sorrisi ai piccoli e intimando qualche tenero “State buoni ragazzi, tra poco andiamo!” , alzando il tono della voce per coprire le urla dei bambini, i quali a loro volta alzano il tono della voce per catturare la loro attenzione.
Una luce in fondo al tunnel accende la speranza del Viaggiatore, soffermandosi sul verbo “andiamo” pronunciato dalla mamma:
“Scendono! Sicuramente a Milano! Meno male!” – pensa fra sé e sé, pregustando l’imminente relax .
Il treno rallenta:
“Siamo in arrivo alla stazione di Milano Porta Garibaldi”
recita la voce, adesso più piacevole che mai, all’altoparlante. I sei abbandonano le proprie postazioni, svuotando lo scompartimento e creando un’atmosfera di tanto atteso silenzio. Il mio vicino di corridoio abbandona anche lui, prende il bagaglio e si avvia all’uscita.
“Oh gaudio” – pensa il Viaggiatore – “finalmente posso andare in bagno! No, non è urgente. Meglio aspettare che il treno riparta, non è carino andare in bagno mentre il treno è in stazione”.
Ma ecco in fondo alla carrozza si delinea una figura mezzo uomo mezzo robot, che scinde le porte scorrevoli automatiche trasparenti d’ingresso allo scompartimento: un robusto ed elegante signore circondato di tecnologia dalla testa ai piedi: portatile in una mano, palmare nell’altra, cuffiette, zainetto a tracolla, valigia a quattro ruote trascinata a spinta. Parla concitato al telefono e cammina cercando il numero corrispondente alla prenotazione. Intorno a lui fili e fili, cordoni ombelicali che avvolgono lui e i suoi gingilli tecnologici: mancano solo gli occhi fosforescenti, le orecchie a punta e l’antenna sulla nuca, e il profilo cibernetico-marziano è completo.
“Speriamo non debba sedersi proooprio accanto a me!” – pensa ancora il Viaggiatore fra sé e sé, trepidante, vedendolo avvicinarsi, sperando vivamente che prosegua il suo percorso doppiando la propria postazione. Ma… ahimè: il marziano guarda il numero della “poltrona” a fianco del Viaggiatore, guarda la lettera della fila, controlla la prenotazione sul palmare e… siede alla destra del Viaggiatore, occupando l’unica via di fuga verso il corridoio.
Ma non è così semplice: mentre parla al cellulare deve sistemare il portatile sul tavolino mentre si sfila lo zainetto, sgusciando magicamente attraverso i fili, poggiandolo sul sedile, come un sacco di patate. Da qui preleva un alimentatore il cui cordone collega alla presa di corrente, poi l’altro capo al suo Apple, e, con la mano finalmente libera, innalza lo zainetto verso la cappelliera, liberando la poltrona per potersi sedere. Tutto senza interrompere la sua conversazione, che declina verso una probabile conclusione causa forza maggiore:
“Luigi, da un momento all’altro la linea può cadere perché ho il cellulare scarico…”
“Evviva!” – un altro pensiero subliminale assale il nostro Viaggiatore dal profondo, finché il nuovo compagno di posto non prosegue avanzando il colpo di genio:
“Però se faccio in tempo a collegare l’alimentatore possiamo continuare”
“E te pareva!” – muore un’altra speranza di pace nel Viaggiatore.
Ma dove andrà a prendere l’alimentatore? Chiaro: nello zainetto! Si rialza dunque insieme alla massa di fili che lo collegano al computer, al cellulare, alle cuffie e a quant’altro, infila una mano nello zainetto ed estrae un cubetto con tanto di filo che da una parte collega al palmare e dall’altra? Le prese di corrente sono finite!
“Mi scusi signore” – dice rivolgendosi al Viaggiatore – “Vedo che non utilizza la sua presa, potrei approfittarne per mettere in carica il cellulare? Grazie lei è molto gentile” – e infila il cubetto terminante a spina nella presa di corrente antistante il Viaggiatore, dando per scontata la risposta positiva ancor prima che il Viaggiatore finisse di respirare.
Così, mentre Eta Beta si aggroviglia con un altro filo che va dalla presa di corrente del paziente compagno di viaggio al suo palmare, una serie di pensieri cattivi aleggiano nella mente del Viaggiatore:
“Ma guarda ‘sto prepotente, infila la sua spina nella mia presa, proprio quando il mio portatile si sta scaricando e AVEVO PENSATO DI PRENDERE IL MIO CARICABATTERIA E COLLEGARLO ALLA MIA CORRENTE!”
Il tempo passa, il viaggio continua. L’invadente compagno di poltrona continua la sua chiacchiera infinita col collega, il suo carica-batteria sempre collegato alla presa del Viaggiatore e a un telefono palmare (che non si ricaricherà MAI se lui continua la sua animata conversazione). Ma non è l’unico problema: lo stimolo incalza e adesso andare al bagno significa districare il vicino dalla sua giungla di fili le cui radici affondano nelle due prese di corrente. La pressione della vescica vince sulla gentilezza e sulla timidezza, canoni di un estinto buon senso mirato al “non voler disturbare” e, approfittando della sua testa girata dalla propria parte, il Viaggiatore fa cenno di alzarsi, manifestando la chiara intenzione di voler uscire dalla “trappola” del proprio posto-finestrino. Un’occhiataccia di disappunto, ancorché stupita fulmina il gentile Viaggiatore, quasi a voler dire “Ma non potevi pensarci prima che mi sedessi?”, lo fulmina e si spegne in un sorriso ipocrita accompagnato da un assenso forzato che si risolve nel tentativo di alzarsi “rimanendo collegato a orpelli, corrente e telefono”. Capisce che è meglio interrompere la telefonata e “deporre” le armi tecnologiche per un attimo, il tempo di far passare il Viaggiatore, per non rischiare che possa “strappargli” qualche cavetto o trascinare il portatile insieme alla sua testa.
“Ti richiamo fra un attimo, poi ti spiego” – conclude la telefonata il cibernetico compagno di viaggio, lasciando immaginare quali siano le “spiegazioni” all’amico e sgombrando malvolentieri il passo.
Il Viaggiatore passa, con un mezzo sorriso di circostanza, rinforzato dalla soddisfazione per la piccola vendetta, pregustando il RITORNO. La sua permanenza in toilette durerà abbastanza per godersi il momento di dover interrompere la centrale elettronica-digitale parlante per la riconquista del posto-finestrino.
All’uscita dalla toilette, il Viaggiatore rientra in carrozza e… con sua triste sorpresa i 6 posti della famigliola chiassosa erano nuovamente occupati, dagli stessi soggetti nello stesso ordine e con le stesse mansioni: erano andati alla carrozza ristorante per rifocillarsi!
Superata anche la stazione di Bologna, ripreso il posto nella “gabbia di Faraday”, seduto nel proprio comodo posto finestrino, portatile scarico, il viaggiatore è oramai rassegnato che la composizione orchestrale quartetto bambini urlanti e mugulanti, con duo genitori chiacchieranti e solista ingegnere logorroico al cellulare l’avrebbero accompagnato per tutto il resto del viaggio fino a Roma.
Ancora una volta la carezzevole voce ripete “Benvenuti a bordo del treno Freccia Rossa… bla… bla… bla… si prega di abbassare la suoneria del cellulare e il tono della voce per non disturbare gli altri passeggeri”.
“Che fai sfotti?” – tuoneggia il pensiero del Viaggiatore, mentre il bon-ton lo invita al silenzio, con l’ultimo lumicino di speranza che brilla in fondo al tunnel: “Questo viaggio ha da finì!”
E ripensa alla pubblicità: “Viaggio comodo e di completo relax”. Poi, mentre il viaggio volge al termine e l’emicrania punge l’emisfero di destra (il più “esposto”), un rimpianto affiora dai meandri del provato cervello del Viaggiatore: “Ma un veloce, comodo e sontuoso AEROPLANO, dove i bambini sono ben legati da una MERAVIGLIOSA cintura di sicurezza, dove è VIETATO usare cellulari e qualsivoglia “arma” tecnologica, ma soprattutto NON FA FERMATE INTERMEDIE… no eh?”
Vincent
Scrittore, Musicista, Informatico